Madri al cinema

Torna il tema della maternità con Io sono con te e The kids are all right, due film per diversi aspetti antitetici.
guido chiesa

Io sono con te è un’opera coraggiosa di Guido Chiesa, regista non nuovo a percorrere sentieri non tracciati, come aveva dimostrato ne Il partigiano Johhny. Chiesa ripercorre la storia dell’infanzia di Gesù dal concepimento alla nascita, dai magi alla “disputa nel tempio”, cioè ai dodici anni, sulla scorta del vangelo di Luca e di qualche suggestione degli apocrifi. L’originalità sta nel fatto che le vicende sono viste attraverso lo sguardo di Maria, perché il film è prima di tutto la storia di una speciale maternità e della formazione di un bambino “particolare” alla vita. Il punto di partenza è l’amore, quello che la piccola Maria riceve dalla madre Anna, che poi instilla nel figlio donandogli un grande senso di libertà e di fiducia.

 

Girato in Tunisia, con attori per la maggior parte non professionisti, a cominciare dalla protagonista Nadia Klifi (una ragazza di un piccolo paese che si esprime solo nel suo dialetto arabo), il film rievoca l’ambiente arcaico della Palestina, con spunti evidenti dalla pittura (Giotto, Raffaello, Angelico, Tintoretto) e da altri film sui vangeli (Pasolini, Zeffirelli, Scorsese…), mantenendo una sua forma sobria, distaccata, dove la facile emotività viene di continuo filtrata attraverso le sequenze scarne che si “sbriciolano” l’una nell’altra come in un discorso continuo. Chiesa di fatto fa un discorso sulla maternità – lui è padre di tre figli – mettendo in luce la funzione del padre (Giuseppe) come di colui che si apre lentamente, ma virilmente, alla comprensione del comportamento della moglie, riuscendo nella sequenza finale col piccolo Gesù che, dopo la disputa, corre dai genitori, a comprendere la dimensione dell’amore che è quella in cui Maria si muove.

 

Lontanissima dalle altre figure di Maria nel cinema – in genere tra oleografia e melodramma – , priva di miracolismi e aperta a credenti e non, questa, di Chiesa, è una donna dolce e decisa: un intenso ritratto della femminilità allo stato puro e della funzione della donna dentro la famiglia, nella crescita dei figli.

 

The kids are all right (I ragazzi stanno bene), diretto dall’americana Lisa Cholodenko, è la vicenda di una coppia lesbica che, grazie ad un anonimo “donatore di seme”, ha avuto due figli, un ragazzo, Laser, ed una diciottenne, Joni. Sembra che in “famiglia” tutto funzioni perfettamente. Il ragazzo quindicenne è timido e sportivo, la figlia sta per andare all’università, le due donne, Nic, più determinata e di fatto “capofamiglia”, e Jules (Julianne Moore) vanno d’accordo come una coppia ormai di mezz’età, accettata da tutti.

 

Solo che Laser vorrebbe conoscere l’anonimo padre biologico ed insieme alla sorellastra lo trovano in Paul (Mark Ruffalo), un bravo ristoratore, ma non propenso ad assumersi responsabilità. L’amicizia che però nasce fa sì che l’uomo inizi a maturare, a desiderare una famiglia. Jules poi, assunta a risistemare il giardino dell’uomo, è presa da lui che se ne innamora, cosa che Nik non accetta. In casa è burrasca. L’uomo vien messo duramente alla porta dalla coppia, vedendosi così ridotto ad anonimo maschio fertilizzatore e frustrando il naturale desiderio dei figli di ritrovare un padre che non sia solo biologico.

 

Il film è diretto molto bene, spesso divertente e recitato alla grande da tutti. Julianne Moore, 50 anni giovanili, premiata col Marco Aurelio, ha dichiarato che ormai a New York le famiglie formate da coppie lesbiche o gay sono normali e anche noi in Europa dobbiamo abitarci a considerarle tali, con tale convinzione che il film in verità non riesce a nascondere il suo forte contenuto ideologico. Preoccupante. L’uomo, infatti, viene ridotto a semplice strumento. Inoltre, siamo davvero sicuri che  “due mamme” possano sostituire un padre? I ragazzi del film non ci credono molto, visto che se lo vanno a cercare…

 

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