Madre Teresa, per gli indiani è già santa
Durante un mio recente viaggio in India ho avuto modo di discutere con varie personalità della Chiesa locale sulla imminente notizia ufficiale della canonizzazione di Madre Teresa. Si sapeva che l’annuncio sarebbe arrivato da un giorno all’altro e si speculava anche sul luogo dove sarebbe avvenuta la cerimonia di canonizzazione. La maggioranza dei miei interlocutori prevedeva che la scelta sarebbe caduta su Roma, anche se nessuno nascondeva la speranza di una cerimonia in India. Al centro delle motivazioni in un senso o nell’altro, non mancava una lettura dell’attuale situazione politica del Paese e del governo Modi che lo guida.
Ora la notizia è ufficiale: la cerimonia si svolgerà a Roma, nel cuore della Chiesa universale, il 4 settembre. Il cardinal Oswald Gracias, arcivescovo di Bombay, ha dichiarato di non essere «stupito dalla decisione. (…) La stessa Madre pensava che un indiano dovesse appartenere prima di tutto al mondo intero. La sua opera ha toccato il cuore di tutti, e l’amore nei suoi confronti supera ogni confine». Il prelato indiano, che fa parte del circolo ristretto dei consiglieri di papa Francesco, ha sottolineato che «il governo indiano le ha concesso gli onori più alti, ma cosa più importante è stato l’amore incondizionato di milioni di indiani nei suoi confronti. La Madre era amata, conosciuta e in alcuni casi venerata da tutti. In modo particolare da coloro che amava di più, i poveri e i reietti».
È importante sottolineare come Madre Teresa sia veramente sentita da tutti nel sub-continente indiano come una santa "indiana". Nonostante le forti polemiche che in vari momenti della sua vita si sono accese per la sua missione verso gli ultimi, con accuse anche di conversione prima della loro morte, la suora di origini macedoni-albanesi è ritenuta l’immagine più significativa del cristianesimo, quasi una sua identificazione.
Non pochi indù nel corso degli anni mi hanno parlato di Madre Teresa come santa e, spesso, mi sono trovato a spiegare le motivazioni per cui la Chiesa cattolica proclama la santità di una persona solo dopo la morte e al termine di un processo canonico complesso e articolato. Un tale concetto e una tale procedura risultano misteriosi per culture e religioni dove il santo è visto tale già in vita, "a furor di popolo" potremmo dire usando categorie occidentali. A conferma di questo sta anche il rispetto e gli onori dedicati dal governo indiano a Madre Teresa in occasione della sua morte.
Mons. Henry D’Souza, allora arcivescovo di Calcutta, ha ricordato in una intervista rilasciata in questi giorni ad AsiaNews che «il funerale di Madre Teresa venne onorato dall’esercito. Non fu soltanto un funerale di Stato, ma un evento nazionale: la bandiera nazionale avvolse la bara nella traslazione dalla chiesa di San Tommaso allo stadio, dove venne celebrato il funerale, fino alla Casa madre dove venne seppellita. Suonarono l’inno mentre veniva calata nella tomba. Madre Teresa è passata alla storia, e non appartiene soltanto alla sua nazione. Non appartiene a Calcutta, ma all’India e al mondo. In realtà, appartiene a Gesù».
In un contesto come quello dell’India di oggi, dove spesso i cristiani, come altre minoranze, si sentono minacciate dall’attuale situazione socio-politica, la testimonianza della santa «è stata in grado di trascendere le barriere di razza, lingua, cultura, status sociale. (…) Qualunque barriera. Era l’immagine di Gesù, la sua faccia nel mondo – ha affermato l’arcivescovo emerito di Calcutta –. Chi l’ha incontrata ha riconosciuto di aver davanti una persona di Dio, che ha vissuto una vita dedicata ad aiutarci a comprendere la natura del divino».
I giornali indiani si sono limitati a dare l’annuncio, spesso in modo sobrio e sintetico. Non mancheranno, comunque, servizi e commenti più articolati.