Ma quale eccellenza?

I risultati del rapporto Anvur sulle università italiane esaminati da docenti di diverse città (ed atenei) e differenti campi di studio. Il commento di un professore associato in Statistica medica presso l'università degli studi di Trieste
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Ogni settimana stiamo approfondendo i risultati del rapporto Anvur (Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca) sulle università italiane. Dopo il contributo di Elena Granata, vi proponiamo un commento di Lucio Torelli, professore associato in Statistica medica presso l'università degli studi di Trieste.

 

In prima battuta penso che sia importante valutare l’attività di ricerca e, in futuro, anche quella didattica, degli atenei. La cosa non è facile e i dati raccolti vanno osservati con grande attenzione.

Ad esempio piace molto ai giornalisti uscire in stampa con le classifiche degli atenei (classifiche che spesso portano a risultati contrastanti o addirittura buffi…) e i lettori amano vedere le graduatorie! Mi sembra però troppo riduttivo riassumere in un unico numero tutta la complessità di informazioni raccolte in una Università.

Ma a cosa può servire una valutazione di tale tipo? La mia impressione è che in primo luogo si vogliano utilizzare questi dati per evidenziare quei settori o quelle persone che in questi anni hanno fatto poco nell’ambito della ricerca (ricordo che i ricercatori e i docenti universitari hanno, in modalità diverse, sia compiti di didattica, sia di ricerca). È stato infatti richiesto ad ogni universitario di portare 3 prodotti della ricerca svolti negli ultimi 7 anni. Attenzione, 3 articoli pubblicati in 7 anni possono essere poca cosa in alcuni ambiti, mentre possono essere un buon risultato per altri settori. Il tutto poi dipende da altri fattori quali ad esempio il tipo di rivista su cui tali lavori sono stati pubblicati.

A questo punto, a cosa può servire l’aver ‘stanato’ chi ha lavorato poco? Mi sembra che l’idea principale sia quella di punire chi ha fatto poca ricerca e di premiare (per modo di dire, dato che i soldi per la ricerca sono sempre meno) chi ha fatto bene. Vedrei invece questa come un’occasione per far crescere anche quelle persone che, per vari motivi, non hanno prodotto di recente risultati significativi di ricerca, migliorando il lavoro di squadra e ricordando che gli ambiti disciplinari sono molti differenti tra loro.

Mi fa sempre sorridere il gran parlare dell’eccellenza. Sì, è importante l’eccellenza (in Italia ci sentiamo tutti ‘eccellenti’!!) ma non basta: secondo me bisogna fare in modo che anche il livello medio diventi più alto… e ricordare che le università non sono delle aziende!

Non vorrei poi che il rapporto Anvur servisse a selezionare nel nostro Paese poche università di serie A (l’eccellenza) lasciando tutte le altre ad un livello inferiore, trasformandole in una sorta di ‘super-licei’. Questa cosa sarebbe molto, molto grave!

Un’ultima cosa, che mi sta molto a cuore. Mi sembra che in questo rapporto sia stato molto penalizzato l’aspetto multi-disciplinare, e invece premiata la ricerca fatta in ambiti specifici ed isolati.

Spero che questo rapporto venga ancora studiato con attenzione nei prossimi mesi e che diventi, insieme ad un’attenta valutazione della didattica, uno strumento per migliorare le il nostro sistema universitario.

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