Ma che bella questa Colombe!

Alla 70° Settimana musicale senese una sorpresa apprezzata e gradevole: una opéra-comique in due atti di Jules Barbier e Michel Carré, composta da Charles Gounod nella primavera del 1860. La trama si dipana attorno al volatile, pegno d'amore tra un servo e una contessa
La colombe

La 70° Settimana musicale senese riserva anche quest’anno una sorpresa, grazie all’infaticabile direttore artistico Aldo Bennici. Questa volta si tratta di una opéra-comique in due atti – di Jules Barbier e Michel Carré  -, composta da Charles Gounod nella primavera del 1860 ed eseguita con successo a Baden-Baden il 3 agosto di quell’anno.

Un favoletta elegante e briosa che narra del povero giovane Horace innamorato della contessa Sylvie: ha dato il suo nome ad una colomba, che è il suo animale preferito. La contessa si invita a cena e sembra che il povero ragazzo non possa che offrirle la colomba arrostita! Alla fine, però, non sarà  lei ma il pappagallo della rivale di Sylvie. L’amore riscoppia fra i due e vissero tutti felici e contenti!

La musica è godibilissima, sprizzante,  ricorda  certe melodiosità alla Schubert, qualche tocco alla Verdi, ma è Gounod tutto d’un pezzo. Cioè un musicista forbito e formidabile che riesce a estrarre da una trama piccola piccola un’ora e mezzo di divertimento vocale  e strumentale, un clima da commedia operettistica. Si sente  nell’aria Offenbach -, ma con che gusto, che fantasia: aristocrazia musicale, quella che sorride, ride, ma non scende mai di livello, pizzica, stuzzica con l’ironia garbata del sentimento, quasi come La Figlia del reggimento donizettiana.

Ci sono tocchi molto azzeccati: le melodie dolcissime dei violini, i miagolii di un clarinetto innamorato, i ritmi punzecchianti degli archi e le risate dei tromboni, accanto alle serenate dell’arpa. Insomma, l’orchestra è un tessuto di raso e di pizzo.

Il cast? Denis Krief che ha curato l’allestimento ha usato la fantasia e con poche cose – due sedie, un tavolo, due bauli, gigantografie di stampe alle pareti – ha creato una atmosfera garbata, quella giusta, in cui si son mossi i bravissimi cantanti-attori: Laura Giordano, Sylvie graziosa e svettante nelle colorature; Laura Polverelli, maliziosissimo Mazet, il servo di Horace mai contento (né delle donne né degli uomini); Juan Francisco Gatell, Horace vivace e svelto di voce e di gamba, agile nell’acuto, tenero amante;  e il basso Filippo Polonelli, gradevole maitre Jean. Dirigeva l’Orchestra della Toscana – assai puntuale e “cantante” – un convinto Philip von Steinaecker con quel garbo, quell’ilarità musicale che  hanno fatto sorridere e divertire il pubblico, di fronte ad una opera sconosciuta in Italia –  la prima volta da noi – ma che spirito sottile, che arguzia e che bella musica!

Nota bene: i recitativi parlati originali erano sostituiti da quelli  musicati da Poulenc: non male! (anche se si sentiva  lo stile diverso dal dolce e lirico  Gounod). La Settimana continua fino al 18  quando chiuderà con Daniel Harding e la Mahler Chamber Orchestra con musiche di Sibelius e Mozart.

Ma, prima: il 12 il pianista Michele Campanella suona le parafrasi di Liszt ad opere di Verdi e Wagner; il 13 va in scena l’oratorio di Haendel  “Hymen”, in prima esecuzione italiana; il 15 tocca a un dialogo musicale tra  Corelli e Berio. Un gran bel programma che la Chigiana, coraggiosamente  è riuscita ancora un volta a portare avanti, a 70 anni dalla nascita.

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