Ma che bella l’Europa!
Nella settimana che matura, mi ritrovo in poche ore a collegarmi realmente (seppur virtualmente) con terre lontane, Brasile, Benin e Libano. Si parla di convegni e di progetti, ma il discorso cade fatalmente sull’emergenza coronavirus, malgrado noi. Perché ormai il minuscolo Covid è diventato compagno di viaggio ingombrante e onnipresente. Mi dice un amico, storico di professione, docente in Brasile: «Non sapete in quale misura in questa terra la gente invidi l’Europa e il suo Stato sociale, ma anche il dibattito politico rispettoso». Vabbè, effettivamente quello che chiamano welfare era il fiore all’occhiello della democrazia all’europea, diverso da Paese a Paese, ma costruito sulle stesse basi del rispetto per la persona umana (eredità giudeo-cristiana) e per i suoi diritti (eredità invece della Rivoluzione francese). Lo è ancora, un fiore forse un po’ appassito, ma sempre vivo. Anche la politica nostrana, che pur ci pare rissosa e inconcludente, rispetto a quella senza regole di altri continenti, appare un’oasi felice.
Dal Benin, invece, un collega giornalista, che da anni lotta come un Don Chisciotte senza nemmeno il conforto di uno sgarrupato Sancio Panza contro gli abusi dei proprietari dei giornali, mi manda un messaggio netto attraverso il telefono: «Prego per voi che non abbiate troppi danni dal Covid, ma vi chiedo anche di pregare per noi, perché il Covid non infierisca. Sarebbe peggio di ogni possibile immaginazione». Qui ci si ammala e si muore, eppure la stragrande maggioranza dei malati viene salvata da una struttura sanitaria che ha le sue debolezze ma che possiede una potenza di fuoco straordinaria e una qualità degli operatori a dir poco fantastica.
Terza chiamata, mi arriva dall’amato Libano. Mi chiama un’amica dentista in lotta contro tutto, soprattutto contro malgoverno e corruzione: «Qui il Covid è fuori controllo, ma ancor più è fuori controllo la coscienza dei nostri politici, che banchettano sulle macerie della giustizia. Anzi, non c’è più coscienza, la società può esplodere come e peggio dello scorso agosto». Da noi c’è una buona certezza del diritto; sì le inchieste sui giudici lasciano intravvedere connivenze e corruzioni, ma almeno una magistratura degna di questo nome ce l’abbiamo.
Capita spesso che, parlando con qualcuno che sta peggio di noi, si esca rinfrancati dalla conversazione: in fondo le nostre cose non vanno poi così male, siamo fortunati rispetto ad altri. È triste dirlo, ma dalle tre telefonate al di là dei mari e degli oceani esco rassicurato: in fondo, noi europei siamo privilegiati, incredibilmente privilegiati. L’Europa ha un sistema democratico che riesce ancora a coniugare correttamente i tre poteri, esecutivo, legislativo e giudiziario. Abbiamo scuole che comunque portano a termine gli anni scolastici, abbiamo ospedali che non mancano di ossigeno, abbiamo un’economia comunque sostenuta da contributi dello Stato non indifferenti, abbiamo una politica che riesce ancora a generare un governo che lavori.
Ora Joe Biden ha sparigliato le carte, con la sua sorprendente proposta di sospendere i brevetti dei vaccini anti-Covid. Russia e Cina non hanno potuto che accodarsi alla sua proposta. E l’Europa? Saprà non lasciarsi fagocitare dagli interessi di parte e aderire alla proposta del presidente Usa? Saprà il Vecchio continente aver ancora coscienza di quanto essa sia privilegiata e di quanto possa essere di esempio per il mondo intero, continuando a essere generosa e munifica? Il pensiero e la cultura democratici di cui ci fregiamo non vanno svenduti per un piatto di lenticchie.