Lutto cittadino
Via XX settembre, piazza Matteotti, poi via san Lorenzo fin giù a Palazzo san Giorgio e ai magazzini del cotone. Gli yatch e gli scafi lussuosi sono ormeggiati di fronte e il personale lava, lucida, spazza queste ricche imbarcazioni, lasciate a galleggiare in mostra, incuranti della tragedia. La fioraia di piazza Banchi scuote il capo, non vuole commentare. Alcuni della sua famiglia lavorano al porto, pochi metri più in là. Questo silenzio non deve far pensare che siamo al cimitero di Staglieno, ma al mercato del pesce a Cavour, anche se la differenza la fa solamente la puzza di pesce fresco. Senza proferir parola si caricano velocemente casse di sarde, di orate, di nervetti. E poi si scompare velocemente. Il campanone di San Lorenzo, quello della chiesa del Gesù, di san Luca, come le campane di tutte le chiese, hanno i rintocchi a lutto.
Pochi parlano, anche la signora che vende i mazzetti del basilico di Prà ha una sola domanda da porre a tutti quelli che passano di lì: «Sa se hanno trovato quei due poveracci?». E la risposta di tutti è la stessa: «No, non ancora».
I due poveracci sono il maresciallo Francesco Cetrola di 38 anni, e il sergente Gianni Jocoviello, che di anni ne ha 33, che a tuttora risultano ancora ufficialmente dispersi, nonostante le ricerche siano proseguite per tutta la notte, con l'ausilio di un minirobot sottomarino. Erano anch’essi nella torre piloti al momento del crollo. E i loro corpi potrebbero trovarsi nel fondo del mare, sepolti dalle lastre di vetro che circondavano la parte più alta dell'edificio crollato nella zona del molo Giano.
Il lutto cittadino, le bandiere a mezz’asta issate su tutti gli edifici pubblici, stanno a testimoniare il cordoglio della comunità genovese e la solidarietà alle vittime, ed esprime la volontà della città di reagire alla disgrazia e superare questo momento di dolore. C’è tristezza ovunque, tanta mestizia. Ognuno vive questi giorni a suo modo, ma in casi come questo il dolore nascosto o manifesto è uguale per tutti. Ci si domanda ad esempio perché ieri sera si è giocato lo stesso al Marassi la partita di campionato di calcio di serie A.
I lavoratori del porto urlano la loro rabbia in piazza leggendo un comunicato contro le istituzioni: «Siamo in sciopero da ieri fino alle tredici di oggi mentre qualcuno avrebbe voluto che riprendessimo il lavoro già ieri, mentre i sommozzatori stavano ancora tirando fuori i cadaveri. E comunque sull'altare della produttività le navi hanno continuato a circolare ed è partita addirittura una nave passeggeri con in turisti che fotografavano il luogo della tragedia. Da troppi anni siamo qui a predicare la solidarietà, ma in banchina ci siamo noi a lavorare, adesso bisogna davvero che si scopra cosa è successo, rompendo il muro dell'omertà, perché questo non sia più il porto dei misteri»commentano alcuni più loquaci.
Sono le 11 del mattino, fa caldo, il vento del mare rinfresca il sudore, e anche i pensieri, che troppi si rincorrono, in questi giorni, da queste parti. Le serrande dei negozi si abbassano per un quarto d'ora. Chiudono pure banche, il tribunale, i supermercati. Mentre si sospendono le lezioni nelle scuole e all'università. È l’ora questa in cui l’intera città manifesta per testimoniare il cordoglio della comunità genovese alle vittime e ai loro familiari.
Schiacciata tra la chiesa del Gesù, Palazzo Ducale e l’arcivescovado, piazza Matteotti si riempie di persone. Inizia qui la manifestazione convocata dal prefetto Balsamo, dal sindaco Doria, dal commissario della Provincia Fossati, dal presidente della Regione Burlando e dal presidente dell'autorità portuale Merlo. Con questa manifestazione le istituzioni intendono esprimere con forza la volontà della città di reagire alla disgrazia e superare questo momento di dolore.