L’utopia di una città sul monte
Ne La Repubblica di Platone rappresenta non un punto di arrivo, ma un punto di partenza smarrito nella storia a cui ritornare. Nell’Utopia di Tommaso Moro si concentrano i valori del mondo umanistico e le istanze sociali di una società inglese del ’500 sempre più ingiusta. La sua fantastica isola Utopia prende il nome, dal lui coniato, dalle parole greche ou «non» e tópos «luogo», per indicare appunto un luogo che non esiste. L’isola che non c’è abitata, per i ragazzi di ogni età, da un Peter Pan eterno adolescente. Una critica alla società presente e un sogno di una città regolata da giustizia e sapienza ricorre anche, nel 1602, ne La Città del sole del frate domenicano Tommaso Campanella. Il sindaco di Firenze, Giorgio La Pira, nel suo discorso del 1955 Per la salvezza delle città di tutto il mondo afferma che «ogni città è una città sul monte, è un candelabro destinato a far luce al cammino della storia» e «per ciascuna di esse è valida la definizione luminosa di Péguy: essere la città dell’uomo abbozzo e prefigurazione della città di Dio». La Città di Dio di Agostino che ‒ scrive Bergoglio in un suo testo del 2002, Parola e amicizia ‒ non si può separare da quella «terrena» perché entrambe «non si possono verificare nella storia» e «non si possono distinguere e separare nettamente».
La visita di papa Francesco a Nomadelfia e Loppiano, due cittadelle poste sul monte, è nell’ottica di un sogno ideale che possa ispirare altre città le quali «non sono ‒ dice La Pira ‒ cumuli occasionali di pietra: sono misteriose abitazioni di uomini e più ancora, in certo modo, misteriose abitazioni di Dio». Chiara Lubich, a proposito delle cittadelle dei Focolari, piccoli bozzetti di mondo unito, di cui Loppiano è la prima, in ordine di tempo, ne parlava come di «città/piano inclinato verso chi soffre per dubbi, incertezze, mancanza di futuro e dà a tutti sicurezza e speranza. Disarma chi è tentato di violenza in tutti i campi perché dimostra, ad esempio, con l’internazionalità dei suoi abitanti, che è con la mitezza, frutto dell’amore, che si può conquistare il mondo».