Luomo doro
Crocevia di popoli e culture, il Kazahstan custodisce tesori a noi perlopiù sconosciuti. Come il corredo funebre di questo guerriero
Per secoli crocevia di popolazioni nomadi e di culture diverse, il Kazahkstan presenta affascinanti testimonianze di civiltà, storia e tradizioni che solo da poco noi occidentali andiamo scoprendo. Ne sono un saggio i reperti di grande valore storico-artistico che si possono ammirare nel Museo archeologico di Almaty (già Alma Ata), la città più popolosa del Paese: ori, bronzi, ceramiche e sculture del periodo preislamico, rinvenuti in uno spazio geografico tre volte più grande della Francia che da sempre ha fatto da “cuscinetto” tra le culture dell’Asia Centrale.
Entro un arco temporale di circa duemila anni (dal XV secolo a. C. fino al VII secolo d.C.), particolare rilievo è dato alla cultura dei saka e dei sauromati, raggruppamenti tribali nomadi molto vicini agli sciti; illustrati inoltre i rapporti con la Cina nei secoli a cavallo della nostra era, come pure le presenze, di grande interesse culturale, dei sarmati e degli unni. E ciò per far risaltare alcuni elementi fondanti dell’identità culturale di quelle popolazioni nomadi che tra la metà del I millennio a.C. e la seconda del I millennio d.C. si sono affacciate – con propositi non proprio pacifici – all’orizzonte della storia europea, percorrendo la via delle steppe nel nord del Mar Nero. È infatti ad est degli Urali e del mar Caspio, nel vasto territorio sito in gran parte dentro i confini dell’odierno Kazakhstan, che devono essere cercate le radici della cultura materiale e spirituale di molti popoli nomadi o seminomadi che, dopo essersi impadroniti di quei vasti territori, sono entrati in contatto con le più evolute culture europee.
Spettacolari i magnifici corredi funebri dei capi guerrieri saka e in particolare del cosiddetto “Uomo d’oro”, rinvenuto a Issyk a pochi chilometri dalla capitale: il tesoro più prezioso del Museo archeologico di Almaty e il simbolo della storia culturale del giovane Stato del Kazakhstan. Il vestito di questo guerriero (ma c’è chi ipotizza si tratti addirittura di una donna, forse una sciamana) era ricoperto da migliaia di piastre d’oro in parte raffiguranti leopardi, stambecchi, cavalli alati e motivi floreali in oro e pietre, in linea con l’arte animalistica tipica di quei popoli che, per essere in perpetuo movimento, non hanno lasciato di sé – al contrario di altri – vestigia monumentali.
Non sono da meno gli altri preziosi in oro, argento o pietre dure. Ma anche quando si considerano oggetti più semplici e di uso quotidiano, come calderoni, incensieri, armi, bardature di cavallo ed altro, si rimane sorpresi dal raffinato senso estetico con cui sono stati realizzati dagli ignoti artigiani. Tutto poi accompagnava il defunto nell’ultima sua dimora terrena: dalla tenda di pelli di animali al kurgan di pietre e terra. Innumerevoli, i loro tumuli punteggiano ancor oggi le sconfinate steppe asiatiche, quasi pietre miliari di un altro viaggio.