Luoghi altri per ricominciare
L’insoddisfazione genera l’utopia (etimologicamente, un “non-luogo”). Non ci piace la società che ci sta attorno e cerchiamo l’isola che non c’è.
L’insoddisfazione genera l’utopia (etimologicamente, un “non-luogo”). Non ci piace la società che ci sta attorno e cerchiamo l’isola che non c’è. È il sogno di un mondo meraviglioso perché inesistente. E Dio sa se non siamo insoddisfatti e se non abbiamo bisogno di un sogno!
Ma accanto all’utopia c’è anche l’eterotopia (un luogo – topos – differente – heteros – da quello che abitualmente conosciamo e abitiamo). E di luoghi “diversi”, grazie a Dio, ce ne sono, anche se ancora troppo pochi. Ce ne sono stati nel passato. In una società barbara e violenta i monasteri benedettini hanno creato oasi di civiltà per contadini impauriti, dotti desiderosi di studiare, mistici alla ricerca d’unione con Dio. Nel Sudamerica, tra le razzie dei conquistatori, le reduccion gesuitiche hanno creato lavoro, arte, istruzione. A Torino il Cottolengo ha dato vita a una cittadella dove poveri, ammalati, portatori di handicap hanno ritrovato dignità e assistenza.
Luoghi “altri” ce ne sono ancora. Penso ai villaggi di pace tra cristiani e musulmani a Mindanao nelle Filippine, ai nuovi monasteri come Bose, alle cittadelle del Movimento dei focolari, la prima in particolare, Loppiano, con i suoi 900 abitanti, e le tante imprese di Economia di Comunione. Possiamo crearne ancora di più. Per ridare speranza e avviare il volano della fiducia e dell’impegno sociale dobbiamo toccare con mano la reale possibilità di cambiamento, progetti alternativi che funzionino: gli “spazi del Risorto” che diano visibilità al Cielo sulla Terra, che lascino intravedere come può essere una società animata dal Vangelo, con tutta la sua rilevanza umana e sociale, capace di trasformazione del lavoro, dell’economia, della sanità, della scuola, dello spettacolo, delle arti, fino a plasmare persone realizzate, tessere rapporti autentici, creare strutture umane vivibili e sostenibili. Luoghi nei quali si possa invitare: «Vieni e vedi», perché parlano più delle parole.
La stessa nuova evangelizzazione, verso cui si sta muovendo oggi la Chiesa, trova qui la sua via privilegiata. Sì, dobbiamo puntare, niente meno, che al paradiso terrestre.