L’Università di Udine ha la sua birra

In collaborazione con il birrificio Baladin, gli studenti del corso di tecnologia della birra hanno prodotto una amber ale che sarà immessa sul mercato. Si tratta del primo caso in Italia
A lezionne da Baladin

Pochi lo sanno, ma l’Università di Udine è stata la prima in Italia ad attivare, nel “lontano” 1982, il primo corso di tecnologia della birra (diverse altre sono poi seguite); nonché l’unica a dotarsi di una micromalteria (ossia un impianto per maltare l’orzo, essendo il malto l’ingrediente base della birra) attiva dal 2016. E ora è la prima ad avere sul mercato una propria birra, prodotta in collaborazione con il birrificio cuneese Baladin. Lo scorso 18 e 19 aprile infatti gli studenti del prof. Stefano Buiatti, lo stesso che ha avviato il corso quasi quarant’anni fa, si sono recati in visita allo stabilimento; e lì hanno fatto una cotta da 5000 litri della loro birra in stile amber ale.

La birra sarà pronta per essere stappata a giugno – il lancio ufficiale è previsto per il 21 all’Open Garden di Baladin a Piozzo (CN) –, ma già il 17 maggio il prof. Buiatti, il fondatore di Baladin, Teo Musso, e Stefano Bertoli – già parte del gruppo di ricerca udinese di Buiatti ed ora birraio a Baladin, consolidando la collaborazione tra il birrificio e l’ateneo che già dura da diversi anni – hanno presentato insieme agli studenti la nuova creazione. Si tratta appunto di una amber ale di 5,6 gradi alcolici; colore ambrato, aromi tra il floreale e il fruttato agrumato, corpo ben pieno con note dolci, e chiusura di un amaro gentile.

Le materie prime sono interamente italiane, provenienti dai luppoleti di Baladin e dai campi d’orzo e dalla malteria dell’ateneo; a conferma di una sintonia tra l’Università e Teo Musso nel porre l’enfasi sul made in Italy. Del resto, Buiatti ama definire Udine «capitale della birra in una terra di vino; una città che ebbe ben due stabilimenti birrari attivi in pieno centro, la fabbrica di birra Moretti e lo stabilimento della birra Dormisch, che hanno determinato nelle loro storie, lunghe oltre un secolo, un forte legame della città e del Friuli con la birra».

Il progetto non rientra solo nell’approccio di didattica collaborativa che l’ateneo, come ha ricordato il direttore del dipartimento di scienze agroalimentari Paolo Ceccon, persegue; ma costituisce un seme di startup, in quanto la birra sarà regolarmente immessa sul mercato – in alcuni locali udinesi, presso l’azienda agricola dell’Università, e nel circuito dei locali gestiti da Baladin. Chissà quindi, ha auspicato, che possa servire da spunto imprenditoriale ai giovani.

Ora nei progetti dell’Università c’è la realizzazione di una cotta all’anno, secondo le ricette elaborate dagli studenti; ma, ha osservato il direttore generale dell’ateneo, Massimo Di Silverio, il percorso potrebbe coinvolgere anche altre produzioni locali – su tutte i formaggi – per pensare a dei veri e propri abbinamenti cibo-birra a “marchio UniUd”.

Del resto, l’Università ha sempre avuto un occhio di riguardo per il territorio friulano, e non solo in virtù delle collaborazioni con l’Ersa (l’agenzia regionale per lo sviluppo rurale) per la ricerca sulle materie prime: il prof. Buiatti, interpellato a margine della conferenza, ha infatti affermato di non escludere che la micromalteria dell’ateneo si possa aprire ai piccoli birrifici artigianali locali, che sempre più spesso coltivano il proprio orzo ed hanno quindi necessità di maltarlo – dovendosi di conseguenza recare quantomeno in Austria, in assenza di  una malteria locale. Che dire: se son rose fioriranno, se son birre finiranno, citando la nota gag…

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