L’Università “studia” la Lubich

Sulla fondatrice dei Focolari convegno dell'Ateneo di Trento. Molteplici piste di ricerca e prospettive di grande interesse.
Chiara Lubich

Trento, 26-27 febbraio. Alla sala della Cooperazione di via Segantini l’università apre i suoi battenti alla cittadinanza per offrirle i risultati di una lunga ricerca sull’illustre concittadina Chiara Lubich. La sua singolare esperienza è nota, in una città dove non di rado si possono ancora incontrare i testimoni della sua iniziale avventura.

Il convegno titola: “Chiara Lubich, da Trento al mondo l’impatto di una storia”. Il comitato scientifico, presieduto dal sociologo Abruzzese e composto dall’economista Leonardi, dalla pedagogista Bombardelli, dallo storico Giuliani e dai filosofi Nicoletti e Zucal, ha organizzato un fitto programma, in vista di una riflessione «basata sui canoni della ricerca scientifica». In collaborazione interdisciplinare fra varie facoltà italiane ed europee.

«Un’iniziativa coraggiosa», parola degli organizzatori, promossa con l’obiettivo di «analizzare l’impronta della leader carismatica di un movimento di pensiero e di azione diffuso in tutto il mondo. Non solo nella storia della spiritualità del dopoguerra, ma anche in settori specifici della società contemporanea, nella economia come nella comunicazione, nella cultura della pace come nel dialogo interreligioso».

 

 “L’oltre” di Chiara

 

Con un ospite di eccezione tra il pubblico – Romano Prodi –, i lavori si sono ovviamente occupati della dimensione storica, per tracciare il rapporto tra Chiara e Trento, facendo emergere le difficoltà di comprensione tra il nuovo che nasceva e la mentalità del tempo. Il professor Michele Nicoletti (Trento) ha così analizzato la società trentina tra guerra e dopoguerra, mentre Paolo Pombeni (Bologna) ha allargato l’analisi alla società italiana di quegli anni. È stato evidenziato il legame tra la città e la realtà ecclesiale del tempo, mentre con la Lubich emergeva una spiritualità laica, giovanile e femminile.

Giancarlo Zizola, noto scrittore e giornalista, ha ripercorso il contrasto creatosi negli anni Cinquanta tra il movimento nascente e la gerarchia ecclesiastica, citando documenti inediti. Spazio alla riflessione sui metodi innovativi di trasmissione del messaggio religioso e sociale è stato dato nella relazione della sociologa Virginie Alnet (Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales di Parigi), mentre Bernhard Callebaut (Università San Tommaso d’Aquino di Roma) si è soffermato sull’impatto e la diffusione del messaggio di Chiara Lubich in rapporto con la cultura postmoderna: «Dalla prima approvazione diocesana del 1947 – ha detto il sociologo belga – al cuore del sistema cattolico, a Roma nel 1948. Per poi andare oltre. Oltre in tutti i sensi, non solo geografico, ma anche oltre le barriere, le razze, le classi, le religioni, le generazioni, fino ad esplorare la possibile fratellanza degli uomini».

 

Alcune piste di ricerca

 

È stata analizzata sotto diversi profili la dimensione economica. Il professor Leonardi (Trento) ha approfondito i tratti di analogia che accostano l’Economia di Comunione in Chiara Lubich con le esperienze mutualistiche e solidali presenti sin dall’Ottocento nella società trentina. È apparso evidente come sia ancora prematuro esprimere un giudizio complessivo su una realizzazione troppo recente in rapporto ai tempi lunghi dell’economia. Certo, fattori come “gratuità” e “reciprocità” appaiono poco organici rispetto alle categorie del profitto e della competitività. Dalle relazione degli economisti, tra cui Stefano Zamagni (Bologna), emerge una dimensione del progetto sorprendentemente in sintonia con le più profonde istanze del fatto economico, entrato in crisi per l’eccessiva fiducia in sé stesso. Da quando – nota Andrea Leonardi – Amartya Sen ha ottenuto il premio Nobel, tra gli indicatori economici ce ne sono che non possono essere misurati col parametro del Pil.

Ci si è anche concentrati sulla ricaduta delle linee ispiratrici del pensiero di Chiara in ambito filosofico, teologico, pedagogico e sociologico. Luigi Alici (Macerata) ha analizzato la profondità ontologica dell’amore in Chiara Lubich. «Non è difficile – ha notato – rileggerne il messaggio anche come una profezia intorno alla pertinenza antropologica, all’altezza metafisica e alla vocazione comunitaria dell’amore. Reintrodurre al cuore della dinamica relazionale la cifra della gratuità significa riqualificare lo schema duale secondo cui oggi viene concepita e sperimentata la privatizzazione degli affetti». E ha aggiunto: «Il “terzo” che accomuna dice la qualità spirituale del legame che costituisce e innalza l’esperienza della reciprocità, al quale la fede cristiana attribuisce un volto personale».

Angela Ales Bello (Lateranense di Roma) ha sottolineato un aspetto non marginale: quello dell’armonia. «È una componente tipica nella riflessione femminile – ha spiegato –; basti pensare alla posizione filosofico-fenomenologica di Edith Stein. È questa operazione del “mettere armonia”, la quale non è, però, una mera operazione di raccordo, ma è essa stessa resa possibile perché si fonda su un’autentica unità di tipo ontologico».

Nel rifarsi a una lettura teologica del carisma dell’unità, il teologo Piero Coda (Istituto universitario “Sofia” di Loppiano) ha rivisitato la dimensione dell’abbandono di Gesù in croce: «I mistici della tradizione cristiana descrivono talora il Verbo eterno come l’occhio con cui Dio guarda il mondo e lo conosce. Chiara, in un folgorante passaggio dei suoi appunti mistici del ’49, annota: “Gesù Abbandonato è la pupilla dell’occhio di Dio sul mondo: un vuoto infinito attraverso cui Dio guarda noi: la finestra di Dio spalancata sul mondo e la finestra dell’umanità attraverso la quale si vede Dio”. Questa intuizione di Gesù abbandonato come chiave dell’ut unum sint custodisce in sé virtualità non solo spirituali e pratiche, ma anche teoretiche e culturali».

E poi le valenze educative, il dialogo interreligioso, il tema della pace… Ne è andata emergendo una figura di Chiara che ha sorpreso per la ricchezza di contenuti, la robustezza e la novità di pensiero, la dimensione mistica intimamente legata alla concretezza dell’operato, la “laicità”, l’universalità del messaggio.

 

 

Abruzzese: «Rileggere Chiara»

 

Bisogna rileggere Chiara, non solo come maestra di spiritualità, ma anche per quanto ha da dire alla cultura. L’attualità del suo pensiero è di aver disegnato una umanità fondata sull’amore radicale per l’altro, un principio forte e ricorrente sia nella spiritualità occidentale che in quella orientale: la Lubich rilegge tale principio in chiave moderna. Nella sua prospettiva, il riconoscimento dell’altro non è un sacrificio di sé, coincidente con il semplice annullamento della persona, ma al contrario costituisce la forma più compiuta di realizzazione di sé stessi.

Per quanto riguarda l’ambito sociologico, che è di mia pertinenza, mi pare di poter dire che Chiara Lubich incrocia l’esigenza moderna di affermazione del soggetto e, se mi si consente l’espressione, si situa nel cuore dell’utopia moderna. Dialogando col soggetto contemporaneo, punta a trasformare l’attenzione a sé stessi in attenzione per gli altri, facendo leva su quello stesso desiderio di realizzazione di sé che è al centro della cultura contemporanea.

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