L’università alle urne
Si tengono il 12 e 13 maggio le elezioni universitarie. Da uno sguardo a Roma Tre emerge, al di là delle differenze politiche, una sostanziale convergenza sui temi di fondo.
Bisogna ammettere che è una sensazione strana. Negli spazi riservati alle affissioni dei partiti politici prima di ogni chiamata alle urne, generalmente occupati dai soliti faccioni e simboli ben noti, troneggiano ora i manifesti di un’altra campagna elettorale: quella per le elezioni universitarie del 12 e 13 maggio. Nei pressi dell’università di Roma Tre, che un paio di mesi fa aveva occupato le prime pagine dei giornali con gli scontri tra gruppi di segno politico opposto, le varie liste non hanno fatto economia di carta. In fondo, in questi due giorni sono in gioco le rappresentanze degli studenti in ben cinque organi: il Consiglio nazionale degli studenti universitari, l’Azienda per il diritto allo studio (Adisu), il Consiglio di amministrazione dell’ateneo, il Senato accademico e i Consigli di facoltà. Per questo non mancano nemmeno i manifesti che associano con dovizia ogni scheda al suo colore: non si sa mai che si faccia confusione.
Dalla quantità di materiale affisso e dalle notizie trapelate sui media, ci si aspetterebbe di trovare un certo trambusto e un’università piuttosto politicizzata. In realtà, entrando alla facoltà di lettere, il giorno prima delle consultazioni tutto appare tranquillo. E non è solo questione di silenzio pre-elettorale: «No, non mi sono informata sulle elezioni – ammette una studentessa –, non l’ho mai fatto. Lo so che è sbagliato, ma ho altro per la testa. Non credo andrò a votare». In effetti, ci vuole tempo e volontà: le liste sono tante, i candidati pure. «Però non ne conosco nessuno – osserva un’altra – per cui non mi sento motivata a fare una scelta». «Non mi interessa – prosegue un’amica –, mi tengo fuori dalla politica».
In realtà, nonostante gli scontri – menzionati peraltro solo in un paio di manifesti – di politico c’è ben poco. Le liste che fanno riferimento esplicito ad una parte politica si contano sulle dita di una mano: la maggior parte si definisce libera da ogni condizionamento di questo genere, con slogan come «la forza delle idee oltre le ideologie e i partiti». Anche scorrendo i programmi, se si esclude il tema della riforma universitaria – pro o contro le novità introdotte dal ministro Gelmini, in primis la possibilità per gli atenei di costituire fondazioni private –, le questioni sono sempre quelle più spicciole che mettono stranamente d’accordo tutte le parti in gioco: il miglioramento del servizio mensa, delle case dello studente, dell’efficacia dell’amministrazione, la tutela della ricerca e della qualità della didattica. Qualche divergenza nasce solo quando si parla di contatti tra università e mondo del lavoro, specie se entra in gioco il capitale privato, ma sembra che tutti gli studenti abbiano sostanzialmente le stesse esigenze: al massimo hanno idee diverse su come soddisfarle.
Notevole comunque la creatività: al di là degli onnipresenti siti, blog e pagine facebook – dato che sembra non si possa più farne a meno in una campagna elettorale – i manifesti si distinguono per i modi curiosi di presentare programmi e candidati. Tra tutti, quello di Direzione futuro, che ha scelto i fumetti per dar voce – anzi, baloon – alle proprie idee.
Pare quindi – e gli interpellati lo confermano – che le violenze abbiano davvero riguardato solo una minoranza degli studenti: al di là di quelli impegnati nelle liste, nei collettivi o nei sindacati studenteschi, l’interesse alla vita politica dell’ateneo sembra piuttosto basso. Oggi aprono le urne, e tutto questo farebbe pensare che l’affluenza non sarà da record. E sarebbe un peccato, specie considerando che – come fa notare la lista Recall – in Consiglio di facoltà soltanto nove studenti ne rappresentano migliaia.