L’unità è dono di Dio
Il programma e il significato, oggi, della Settimana di preghiera ecumenica
Occhio in questi giorni alle locandine appese sui portali delle parrocchie, perché questa è la settimana dell’anno che i cristiani dedicano al dialogo con i fratelli ebrei e alla preghiera per l’unità della Chiesa. E mai come in questo periodo le “agende ecumeniche” delle diocesi italiane è fitta di appuntamenti: incontri, tavole rotonde e veglie di preghiera. Il tutto promosso insieme alle Chiese, ortodosse e della riforma che grazie anche ai flussi migratori popolano e arricchiscono in maniera sempre più visibile il nostro territorio.
Si è iniziato ieri – martedì 17 gennaio – , con la Giornata per l’approfondimento e lo sviluppo del dialogo fra cattolici ed ebrei. Quest’anno il tema di riflessione cade su “La sesta parola: non uccidere” e per l’occasione mons. Mansueto Bianchi, presidente della Commissione episcopale per l’ecumenismo e il dialogo, e il rabbino Elia Enrico Richetti, presidente dell’assemblea dei rabbini d’Italia, hanno scritto un interessantissimo sussidio dedicato al tema della non violenza in cui si parla di tutti i luoghi in cui la vita umana è messa in pericolo (dalla minaccia del terrorismo agli attentati alla vita umana dal suo nascere fino alla sua morte naturale). E si invitavano cattolici ed ebrei ad unire le forze per difendere l’uomo facendo eco anche alla tradizione e all’insegnamento nell’Islam.
Oggi,18 gennaio, è il giorno in cui si apre la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani e fino al 25, la Chiese cristiane hanno scelto di riflettere quest’anno sul tema “Tutti saremo trasformati dalla vittoria di Gesù Cristo, nostro Signore (cfr. 1 Cor 15, 51-58)”. “Quando i cristiani comprendono il valore e l’efficacia della preghiera in comune per l’unità di quanti credono in Cristo, essi cominciano ad essere trasformati in ciò per cui stanno pregando”. Anche quest’anno a presentare il tema della Settimana è un messaggio congiunto sottoscritto dai rappresentanti delle Chiese cristiane presenti in Italia: mons. Mansueto Bianchi per la Cei, il pastore Massimo Aquilante per la Fcei e il metropolita Gennadios. Secondo Riccardo Burigana, direttore del Centro per l’ecumenismo in Italia «la firma congiunta a questa lettera non solo costituisce una consolidata tradizione, ma rappresenta anche la chiara testimonianza del clima ecumenico che aiuta i cristiani in Italia a scoprire quanto già li unisce nell’annuncio e nella testimonianza dell’evangelo». «Di questo clima ecumenico – prosegue –, che si avverte soprattutto, ma non solo, proprio durante la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, si possono leggere le tante iniziative diocesane in occasione della Settimana».
Eppure, spesso si ha la sensazione che il cammino ecumenico ristagni o comunque abbia perso molto di quel vigore che lo caratterizzava negli anni ‘70 e ‘80. Che cosa è successo? Lo siamo andati a chiedere direttamente al card. Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani che così risponde: «Forse si pensava che l’unità della Chiesa era alla portata di mano. Dopo abbiamo dovuto accorgerci che i problemi erano più grandi di quello che immaginavamo e che occorreva molto più tempo, pazienza e studio. Abbiamo anche dovuto imparare che non siamo noi a fare l’unità della Chiesa. L’unità è un dono di Dio e noi dobbiamo essere disposti ad accettare questa realtà. Il tema della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani di quest’anno ci riporta all’inizio di tutto l’ecumenismo, al potere trasformante della preghiera. Un inizio che non possiamo lasciare al passato ma che deve sempre accompagnare ogni impegno ecumenico. Il Concilio Vaticano II ha parlato dell’ecumenismo spirituale come "anima del movimento ecumenico" e in questo senso questa Settimana di preghiera deve mostrare il nucleo dell’ecumenismo.