Lungo le Gole del Raganello
Agosto 2018 rimarrà a lungo nella memoria per due tragedie che hanno funestato il nostro Paese: a Genova il crollo del ponte Morandi, e in Calabria, sul massiccio montuoso del Pollino, la piena del torrente Raganello causata da un violentissimo temporale, che ha travolto un folto gruppo di escursionisti, facendo dieci vittime e undici feriti. Malgrado l’allerta gialla diffusa dalla Protezione civile, che prevede anche il rischio di morte, partiti dal centro turistico di Civita si erano avventurati in uno dei punti più suggestivi, ma purtroppo anche più pericolosi, del canyon scavato dall’azione millenaria del Raganello.
Questo sito di straordinaria bellezza è ben noto ad uno che il Pollino lo conosce palmo a palmo: Francesco Bevilacqua, avvocato di professione, ma naturalista d’elezione e autore di decine di pubblicazioni sulla Calabria, fra cui appunto la guida storico-naturalistica ed escursionistica Il Parco Nazionale del Pollino (Ed. Rubbettino). Di questo testo fondamentale per chi voglia frequentare il più vasto, articolato e composito parco nazionale d’Europa, riporto un brano relativo alle Gole del Raganello (17 chilometri a partire dalla sorgente della Lamia, a circa 2000 metri di quota sul versante orientale del massiccio); il percorso descritto parte da Cerchiara di Calabria e imbocca, prima di San Lorenzo Bellizzi, una stradina che conduce a un pianoro dal quale si scende verso il fondovalle sino alla località Pietraponte, punto di discesa nel canyon, le cui imponenti pareti rocciose arrivano ad essere alte fino a 700 metri:
«Nel primo tratto sono necessari solo guadi piuttosto semplici mentre la gola si restringe e si allarga alternativamente. Si passa al di sotto del diruto Ponte d’Ilice, che si trova sul tracciato della vecchia mulattiera tra Civita e San Lorenzo Bellizzi ed è crollato da qualche anno. È augurabile che venga ricostruito, così come è accaduto per il Ponte del Diavolo a Civita. Prima che crollasse, il ponte costituiva un comodo accesso al canyon senza necessità di raggiungere San Lorenzo in auto. Dopo alcune splendide conche invase dagli oleandri, si raggiunge una impressionante strettoia in cui le opposte pareti molto levigate e ondulate paiono toccarsi (è il tratto più spettacolare del canyon). Più avanti un tondo macigno giace incastrato tra le opposte pareti della gola. Ecco poi enormi massi ingombrare il greto in un caos di salti, cascatelle, laghetti e anfratti. Si passa sulla destra calandosi con la corda giù per un evidente colatoio oppure poco sulla sinistra di questo passaggio infilandosi al di sotto dei massi e riuscendone più avanti (ma le piene del torrente modificano di anno in anno questi passaggi). Ancora guadi, questa volta più difficoltosi, con brevi nuotate e poi il superamento in corda con ancoraggio su chiodo a sinistra e qualche metro più avanti in corda con ancoraggio su chiodo. Si continua tra strettoie e guadi fino a raggiungere l’ultimo bellissimo tratto della gola caratterizzato da pareti molto concrezionate avvolte dalla vegetazione con frequenti stillicidi di acque risorgenti che sgorgano tra cespugli di capelvenere».
La descrizione rende l’idea degli incantevoli scenari naturali attraversati dal Raganello, da qualche tempo meta ambita di “torrentisti” non solo italiani, ma allo stesso tempo non tace le difficoltà del percorso, che per essere affrontato in sicurezza richiede persone allenate a questo tipo di pratica sportiva e fornite di attrezzature adeguate (caschi rigidi, corde, moschettoni), con l’accompagnamento di guide esperte.
Ho chiesto all’amico Bevilacqua un commento alla tragedia che sembra aver gettato un’ombra funesta su un luogo a lui tanto caro. La risposta: «Le Gole del Raganello sono state scoperte a metà degli anni Ottanta. Prima erano solo un orrido pauroso dal quale le popolazioni locali si tenevano ben lontane. Ma già nel 1933, un famoso editore fiorentino, Giuseppe Orioli, durante il suo avventuroso viaggio in Calabria, le definì “un posto sensazionale”, descrivendo con toni immaginifici la visione che ne ebbe proprio dal Ponte del Diavolo e citando a paragone le illustrazioni dell’inferno dantesco del pittore francese Gustave Dorè. Solo negli ultimi anni le gole sono divenute una rinomata meta turistica. Al punto che Civita si è rianimata, riempendosi di B&B, affittacamere, ristoranti tipici, servizi di accoglienza, e risvegliando l’orgoglio per la sua storia, le sue tradizioni, le sue splendide montagne. La tragedia del Raganello non deve fermare né appannare questo processo di rinascita. Sia essa dovuta ad una pura e semplice fatalità, sia che si stabiliscano responsabilità umane e se ne traggano le conseguenze per il futuro (vi era stato un allerta meteo diramato sin dal giorno prima e sarebbe stato prudente impedire l’accesso alle gole), Civita, il Raganello, il Pollino sono incolpevoli e meritano tutto l’amore e il rispetto di chi vi abita e di chi, con consapevolezza, vuole conoscere le loro meraviglie».