L’ultimo saluto a Peppuccio

È morto oggi Giuseppe Zanghì, a lungo responsabile della Scuola Abbà, il centro culturale dei Focolari, tra i primi compagni di Chiara Lubich, fondatrice del Movimento. Riproponiamo un'intervista realizzata nel 2009 dalla rivista Città Nuova
Giuseppe Zanghì
Hai condiviso con Chiara gli inizi del Movimento Gen, che riunisce i giovani dei Focolari. Come mai lei ha deciso di comunicare anche alla nuova generazione quelle realtà mistiche note col nome di “Paradiso del ’49”?
«In fondo cosa è questo “Paradiso del ’49”? È la narrazione per iscritto che Chiara faceva a Igino Giordani di quello che accadeva in lei nell’estate del 1949 a Fiera di Primiero, un periodo contemplativo nel quale Dio le stampava nell’anima, come col ferro rovente, il progetto dell’Opera che doveva iniziare. Dio fa questo con tutti i mistici che devono essere fondatori di realtà nella Chiesa. La caratteristica del ’49 è che a fare questa esperienza contemplativa con Chiara è stato – per partecipazione – un gruppo di focolarine e focolarini che trascorrevano con lei un periodo di vacanza, fusi in uno dall’amore di Dio: una fusione però che lasciava intatte le diverse individualità. Si tratta di una esperienza originalissima anche sotto l’aspetto culturale, perché riguarda quello che io chiamo un “soggetto collettivo”. Ogni cultura, infatti, nasce da un soggetto; e secondo me l’uomo di oggi è alla ricerca proprio di un soggetto per la cultura che deve nascere. Questo è per me il contributo più grande, e tutto ancora da capire, di Chiara alla nascita di una nuova cultura.

 «Ma, lasciando da parte questo aspetto, sul quale dovremo lavorare e studiare, la realtà in cui Dio aveva aperto a Chiara l’abisso della sua vita facendole capire, allo stesso tempo, tante cose dell’Opera che sarebbe nata, in lei non era qualcosa solo da ricordare, ma vita attuale. E questo lo sentivi standole accanto; sentivi che seguire l’ideale dell’unità non era tanto conoscere una dottrina o sentir parlare dell’esperienza fatta da una persona, no; ma entrare nella realtà in cui Chiara aveva vissuto nel ’49 e che continuava. Ora per lei anche i giovani del movimento, i gen, dovevano entrare nel vivo di questa esperienza insieme umana e divina, spirituale e culturale, e restarci, sviluppandola e portandola avanti. Per questo, ad un certo punto, lei ha iniziato a dar loro qualche cosa di questo “Paradiso”.

«Con quali effetti? Ricordo di aver sentito Chiara dire più volte che nei gen trovava un uditorio che la capiva fino in fondo. Ho in mente certe videoregistrazioni dove loro appaiono incantati, come se da sempre avessero aspettato di sentire queste cose».

 

Meno conosciuti sono quei periodi di prova che Chiara ha passato e che in termini mistici si chiamano “notti”.
«Questo è tipico di tutti i grandi fondatori di movimenti spirituali come Francesco, Teresa d’Avila, Ignazio di Loyola… ma anche un po’ di tutti i mistici. Che cos’è la “notte”? Ciò che Dio compie nell’intimo della persona che ha scelto per farla capace di eseguire un dato compito. E nello stesso tempo in questa purificazione anche colui o colei che sono strumenti maturano, crescono. Ora Chiara ne ha vissute diverse di queste “notti”. Quello che posso dire è che nell’ultimo periodo della sua vita lei ne stava vivendo una a suo dire diversa dalle altre da lei vissute: la chiamava la “notte di Dio”, che paragonava ad un sole sceso all’orizzonte e tramontato per sempre. Chiara è rimasta in questa assenza fino alla fine della sua vita, mantenendosi però fedele a Dio.

 

Cosa hanno prodotto questi momenti particolari?

«Ogni volta significavano una più profonda penetrazione di Dio nell’anima di Chiara e quindi, da parte di lei, una maggiore capacità di portare avanti l’opera affidatale da Dio secondo il suo progetto.

«Attenzione però: per Gesù abbandonato, che è poi l’icona della “notte”, dell’assenza di Dio, “la mia notte non ha oscurità”. Cioè questa situazione drammatica, se vissuta nell’amore a lui, diventa subito dono, fonte di vita. Gesù abbandonato, infatti, non è un momento da passare per entrare nella luce, è la luce stessa. Se capisci questo hai capito la tattica con cui Dio ti lavora.

«Io ho cercato di dire qualcosa su questa “notte di Dio” nel mio volumetto Gesù abbandonato maestro di pensiero (Città Nuova), ma è una realtà da approfondire e da consegnare alla storia della spiritualità. A mio parere, c’è lì la chiave per capire anche la “notte della cultura di oggi” (Chiara stessa ne parlava), e come poterne uscire, la via di resurrezione».

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