L’ultimo romano de Roma
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Se ne sono andati Anna Magnani, Alberto Sordi, Nino Manfredi, Aldo Fabrizi. Ossia gli attori che di Roma avevano fatto cuore e vita della loro arte. Ora è toccato a Luigi, detto Gigi, Magni, 85 anni.
Un “cattocomunista” come lui si definiva: ironico, mai volgare, disincantato allegro e popolare, ma anche colto, brillante, arguto.
Il nome resta legato al ciclo della Roma papalina, nella quale si muoveva anche un romano supercattolico come Andreotti nei suoi libri sui papi-re, a cui Magni pareva rispondere con i film (Nell’anno del Signore, In nome del papa re, In nome del popolo sovrano, La carbonara) arguti, salati di pepe anticlericale e di gusto popolare. Insomma quella Roma che amava-odiava il papa-re.
Ovviamente Magni non era uno storico e quindi i suoi film non hanno questa ambizione, se non quella di ricreare un'atmosfera, un'idea anche di una certa mentalità, di far rivivere un ambiente che a Roma – lui era nato in via Giulia, aveva 14 anni all’epoca dell’occupazione nazista – ormai s’è perso e che egli riguardava con infinita, tenera e dolente, nostalgia. Gli prestava corpo e maschera un grande attore come Nino Manfredi, indimenticabile ne In nome del papa re.
Magni amava Roma e l’aveva fatta rivivere nella commedia musicale Rugantino, un successo che non accenna a finire.
Regista (e scrittore) che sapeva alternare il comico e il tragico senza eccessi, con una finezza sottintesa che rendeva il ritmo sciolto e gli episodi del passato specchio del presente, Magni aveva ben capito che la storia, se la si ascolta, può essere davvero maestra della vita.