L’ultimo film di Clint

Clint Eastwood dirige e interpreta Cry Macho – Ritorno a casa. Un lavoro nostalgico del grande attore e regista di 91 anni. Un arrivederci definitivo?

E’ tenero il rude cowboy anziano e rugoso, che ha ancora gli occhi d’acciaio di Mike Milo, ex campione di rodeo e addestratore di cavalli in difficoltà. Non ha soldi, è vedovo e solo, ha il cuore indurito dall’avere perduto in un incidente moglie e figlio, ha passato momenti di depressione terribile, ne è uscito e cerca di racimolare qualcosa per vivere con dignità.

Perciò accetta di riportare in Texas Rafa, figlio del suo ex capo, che vive in Messico con la madre alcolizzata. Il viaggio sarà pieno di sorprese. Il ragazzo è un adolescente ribelle ma desideroso di un affetto che non ha, vive per strada, partecipa a combattimenti di galli in compagnia del suo animale. Mike incontra pure la madre, vittima di gente senza scrupoli e fatica a convincere il ragazzo ad andare con lui.

Naturalmente, il Messico con la sua società piena di contraddizioni è ben presente al texano che tuttavia deve fare i conti con i l rapporto tra l’adolescente, l’amante della madre che lo insegue, la polizia, e la diffidenza reciproca. Ma Mike, capace ancora di domare un cavallo e dare qualche pugno, si affeziona al ragazzo – che “non ha amici” se non il suo gallo – parla con lui con totale schiettezza e in modo inatteso incontra anche l’amore.

La trama come si nota è esigua e il vecchio Clint non teme di toccare ancora, ma con tatto, alcuni suoi punti: la fragilità del corpo, che ha bisogno di pause e di parole essenziali, la nostalgia del vecchio West, la riflessione su padri e figli, l’intolleranza. Alla fine della vita “non ho risposte”, ammette, e quanto a Dio “ci crede” ma non segue nessuna religione.

Il film regala momenti di poesia insolita: gli occhi luminosi e bellissimi di Clint-Mike quando osserva le bambine mute, la danza con la donna messicana, alcuni sorrisi di una giovinezza d’anima mai spenta pur nell’andatura arcuata e lenta che non nasconde la vecchiaia. Ma è lui Clint nel suo fare scabro ad essere una presenza carismatica, rivestita questa volta di delicata tenerezza, di nostalgia, quasi come una ultima ballata del West e di un uomo arrivato al confine, che usa solo parole “vive”. Da non perdere.

Per chi ama l’avventura

Liam Neeson è una star da tempo, o meglio dal tempo di Schinder’s list. Ora tuttavia si dedica anche ad un trhiller come L’uomo dei ghiacci, dove è un camionista cupo con il fratello problematico che deve salvare 24 minatori candesi imprigionati passando attraverso strade ghiacciate. Colpi di scena non mancano, sparatorie, vendette sui cattivi disonesti e la soluzione finale di un film che dovrebbe mettere adrenalina e un po’ ce la fa, ma non basta alla regia corretta di Jonathan Hemsleigh. Liam è sempre bravo, duro dal cuore tenero. Per riposarsi.

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