L’ultimo degli sciamani
«La foresta è viva. Può morire solo se i bianchi si ostinano a distruggerla. […] Allora moriremo gli uni dopo gli altri e così anche i bianchi. Anche gli sciamani periranno. Quindi, se nessuno di loro sopravvive per trattenerlo, il cielo crollerà». E La caduta del cielo è il titolo, appunto, di un testo straordinario, edito da Nottetempo, che ha enormemente impressionato il celebre antropologo Claude Lévi-Strauss. Ne è autore Bruce Albert, lui pure antropologo, che tra gli indios yanomami del Nord dell’Amazzonia ha registrato e trascritto lungo l’arco di dieci anni le parole di Davi Kopenawa, sciamano di un popolo intimamente legato alla natura e la cui esistenza è minacciata dalle compagnie minerarie e dal fronte agroalimentare locale, nonostante il suo territorio – di poco superiore a quello di Paesi come il Portogallo, l’Ungheria o l’Irlanda – sia stato riconosciuto legalmente nel 1992 con il nome di Terra Indigena Yanomami.
Questa società di cacciatori-raccoglitori e di agricoltori conta circa 21.600 individui, suddivisi in circa 260 gruppi locali che risiedono in case collettive di forma conica o troncoconica. Kopenawa vive insieme alla moglie e ai sei figli in una di queste abitazioni ai piedi della “Montagna del vento” (Watoriki), nel cuore della foresta pluviale, dove trascorre il suo tempo rispondendo ai canti degli spiriti, salvo quando è in città o viaggia per il mondo come portavoce e difensore dei diritti della sua gente.
Il testo di più di mille pagine è organizzato in tre parti. La prima è dedicata alla vocazione sciamanica e all’iniziazione di Kopenawa, attraverso l’ascolto degli anziani. La seconda racconta il suo incontro con i bianchi con i quali inizialmente ha tentato di integrarsi, dall’arrivo dei primi missionari all’apertura della strada trans-amazzonica Perimetral Norte, e si conclude con la sanguinaria irruzione nella foresta amazzonica dei garimpeiros, i cercatori d’oro. La terza parte ricostruisce le tappe della campagna intrapresa da Kopenawa in difesa del popolo yanomami, i suoi viaggi di denuncia in Brasile, Europa e Stati Uniti e i riconoscimenti ricevuti grazie al suo impegno di sensibilizzazione per l’ambiente e l’importanza del sapere dei popoli tradizionali per il futuro del pianeta. La conclusione è una profezia cosmo-ecologica sulla morte degli sciamani e la fine dell’umanità, come riportato all’inizio.
Biografia-manifesto, ma anche saggio antropologico di eccezionale valore (porta a conoscenza del mondo occidentale, per la prima volta, una cultura gremita di colori accesi, di tensioni e forze occulte imprevedibili), La caduta del cielo è il resoconto di un mondo amazzonico in cui le antiche credenze indigene sono messe a confronto con la geopolitica globale e i suoi interessi mercantili. Nel racconto di Kopenawa si squadernano un’intera storia di repressione culturale e devastazione ambientale, una critica risoluta alla società industriale occidentale e all’ipoteca che ha posto sul futuro del mondo umano e non umano, un messaggio che dalla foresta esige di giungere al largo, come espresso nella richiesta fatta ad Albert, col quale ha stretto un’amicizia fraterna: «Hai disegnato e fissato queste parole su pelli di carta, come ti ho chiesto. Sono andate lontano da me. Adesso vorrei che si dividessero propagandosi in ogni dove per essere veramente ascoltate».
Malgrado la notorietà raggiunta come leader influente e i prestigiosi premi ottenuti, Davi Kopenawa «coltiva un sovrano distacco dalle cose materiali e prova un certo orgoglio solo quando scuote l’arrogante sordità dei bianchi».
Nel brano seguente è la voce diretta dello sciamano: «Quando noi yanomami vogliamo conoscere le cose, cerchiamo di vederle sognando. Come ho già detto, è questo il nostro modo di studiare. È dunque seguendo questo uso che, anch’io, ho imparato a vedere. I miei anziani non si sono limitati a farmi ripetere le loro parole! Mi hanno fatto bere la yākoana (polvere allucinogena) e hanno lasciato che ammirassi la danza degli spiriti durante il tempo del sogno. Mi hanno dato i loro xapiri (immagini degli spiriti) e mi hanno detto: “Guarda! Contempla la bellezza degli spiriti! Quando saremo morti, continuerai a farli scendere dopo di noi. Senza di loro, il tuo pensiero cercherà invano di comprendere le cose. Resterà nell’oscurità e nell’oblio!”. È così che mi hanno aperto i loro cammini e hanno fatto crescere il mio pensiero. Ora, invecchierò e a mia volta cercherò di trasmettere queste parole ai giovani affinché non si perdano e non vengano mai dimenticate. Se non avessi conosciuto gli xapiri, sarei rimasto ignorante e parlerei senza alcun sapere. Grazie a loro, invece, le mie parole possono susseguirsi l’una dopo l’altra e diffondersi ovunque vadano. Possono evocare tutti i luoghi sconosciuti da cui discendono. È il nostro modo di diventare sapienti. Noi, abitanti della foresta, non dimentichiamo mai i luoghi lontani che abbiamo visitato in sogno. La mattina, al risveglio, le loro immagini restano vive nella nostra mente. Evocandole, ci diciamo con soddisfazione: “Questa è la bellezza degli xapiri che gli anziani hanno conosciuto prima di noi! È così che, dall’inizio dei tempi, fanno sentire i loro canti e danzano per presentarsi!”. Le loro immagini ritornano continuamente nel nostro pensiero e restano sempre molto nitide. Così le parole che le accompagnano rimangono dentro di noi. Non si perdono mai. È la nostra storia. È grazie a loro che possiamo pensare con rettitudine. Ecco perché dico che il nostro pensiero è simile alle pelli di immagini su cui i bianchi conservano i disegni dei discorsi dei loro anziani».
La caduta del cielo rispecchia una precisa visione del mondo e una profonda concezione di solidarietà che non separa la storia di un popolo da quella dell’umanità. Infatti i racconti degli episodi cruciali della vita di Kopenawa legano vicende personali e destino collettivo. Sciamano e antropologo hanno tentato di costruire fra due universi culturali un ponte fatto di miti, visioni, sogni e profezie raccolti, ordinati e tradotti in una lingua udibile ai bianchi, preservando la singolare potenza concettuale e poetica della loro alterità. Impresa riuscita.