L’ultimo bacio
E tre. Sono tre infatti le versioni (dal 1859 al 1867) che il veneziano Hayez, cresciuto artisticamente a Roma sotto l’ombra di Canova e vissuto a Milano, ha dipinto della tela celeberrima dei due amanti del secolo XIV intenti a scambiarsi l’ultimo addio. Un bacio melodrammatico, intenso, come gli addii degli innamorati delle opere liriche che il pittore amava. Rossini, Bellini, Donizetti: soprattutto Verdi.
Perché Francesco non solo dipinge queste tele dove accosta con tinte luminose i due giovani – la veste di lei è prima candida, poi celestina, poi azzurra – in un crescendo cromatico oltre che emotivo, ma è autore di grandi quadri “storici”. E qui capita giusto a pennello il contatto con l’opera verdiana e donizettiana. Ecco Maria Stuarda al patibolo, una intensa scena corale che è la raffigurazione visiva dell’emozionante finale dell’opera omonima di Donizetti, sacrificio della vittima colpita dall’ingiustizia, iperomantico. Ecco lo Sposalizio di Giulietta e Romeo (1823) – ovvero la rappresentazione pittorica dell’opera I Capuleti e i Montecchi di Bellini -, una temperie di amore fuggitivo che più romantica non si può. Ecco la vasta scenografia dei Foscari, sulla traccia dell’opera di Verdi, fosca e crudele a tinte drammatiche.
Hayez impagina i dipinti come autentiche scene teatrali, con un gusto cromatico intenso, una varietà di toni e sottotoni straordinaria, una precisione del disegno che gli viene dalla grande lezione del Tiepolo. Come Tiepolo, non solo dipinge storie, ma anche nudi smaglianti. Si veda Betsabea al bagno (1834), esempio di un corpo luminosamente florido, denso di vita come nella grande arte italiana, da Raffaello a Correggio, da Tiziano a Tiepolo – ma vista con sensibilità romanticamente accesa e insieme neoclassicamente perfetta, come fosse un dipinto di Guido Reni.
Hayez coltiva il ritratto. È sua la più bella immagine di Manzoni (1837) svettante su un cielo vaporoso e in atteggiamento ispirato, suo il ritratto di un Rossini anziano, ma pieno di vita, e poi i gruppi familiari della nobiltà lombarda, impettiti e dignitosi, rivestiti dei colori sobri dell’anima meneghina. Gran colorista che alterna luci calde ad ombre ricercate, interni spaziosi a vedute nebulose, grande descrittore di sentimenti trattenuti, ma pure struggenti, Hayez in questa vasta mostra – opere dal 1807 al 1881 – dei suoi dipinti brilla come un artista insuperabile nel rendere le passioni, senza esagerarle, ma cogliendone l’anima. La fama notevolissima del Bacio – da cui sono derivate infinite variazioni anche cinematografiche – lo dimostra.
Ma non si tratta solo di baci, ma di storie. D’amore, di guerra, di passioni. In definitiva, di sentimenti, veri. È il miglior romanticismo italiano in pittura. Da non perdere.
A Milano, piazza Scala, Gallerie d’Italia. (catalogo Silvana Editoriale)