L’ultima domanda di Clint
Esiste qualcosa dopo la morte? Se lo chiede Eastwood nel suo film “Hereafter”.
I primi venti minuti sono da paura. Le sequenze dello tsunami del 2004 in Thailandia pongono lo spettatore subito di fronte alla possibilità della morte: improvvisa, inaspettata. Succede a Marie (Cécile De France), giornalista francese travolta dalla megaonda. Tra la vita e la morte crede di vedere sagome bianche, una luce avvolgente. Non riuscirà più a liberarsene. Chiede al suo direttore di scrivere un libro su Mitterand, invece ne scriverà uno su questa esperienza. In redazione qualcuno la crede fuori di testa: «Dopo la morte, c’è il vuoto eterno», si sentenzia. Nella Francia della ragione la gente – pare – la pensa in questo modo.
Un operaio americano (Matt Damon) ha il potere di mettersi in contatto con l’aldilà. L’ha fatto per un certo tempo, per soldi. Ne farebbe molti di più se ascoltasse il fratello che, da buon americano, pensa di sfruttare questa possibilità a cui crede, a differenza degli europei. Ma l’operaio, stanco di questa “croce” (termine denso, purtroppo doppiato in italiano come “maledizione”), vuole liberarsene. Parte per un viaggio riposante a Londra.
Proprio dove vivono, nei quartieri suburbani, due ragazzini gemelli con una madre tossica. Sono la stessa anima in due corpi. Perciò, quando uno dei due muore in un incidente, l’altro, disperato, cerca di contattare un medium per ritrovarlo.
È questa ricerca del ragazzino – di una persona pura – che fa incontrare l’operaio e Marie, grazie a delle circostanze che alcuni chiameranno “caso”, altri “destino”. Clint non prende posizione, lascia le storie scorrere in modo parallelo, finché si incrociano.
L’incontro dei tre personaggi, ciascuno segnato dalla morte, seppur in modo diverso, non genera disperazione né una facile consolazione. Con il suo stile sobrio, usando i primi piani degli straordinari interpreti come altrettante voci di una riflessione che si intuisce molto personale – il regista ha ottant’anni –, Clint registra il dubbio tutto umano sul fine-vita. Ci sarà qualcosa dopo, se alcune persone l’hanno in qualche modo intuito? Ognuno è libero di trarre le proprie conclusioni.
Ma è l’amore per la vita, per chi si ha amato, a reggere il film. Che diventa, a sorpresa, un elogio alla vita. Nonostante la morte. Oppure, per continuarla dopo la morte?