L’ultima diva
Sfiorita nel corpo era certo ormai Anita, scomparsa ieri a 83 anni nella solitudine di una clinica di Rocca di Papa, presso Roma. Quel corpo così esplicito che l’aveva immortalata nella celebre scena del bagno alla Fontana di Trevi con Mastroianni, in cui il Fellini della Dolce vita nel 1960 l’aveva “creata”.
La ragazzona svedese infatti vive, più che nelle altre apparizioni cinematografiche e televisive –spesso in ruoli eccessivi come Boccaccio ’70, Bambola, Sette volte donna, I clowns, ma anche peplum come Nel segno di Roma e la serie de Il bello delle donne nel 2002… –, nel film felliniano dove è la gigantesca, giunonica Sylvia che invita il giornalista Marcello nell’acqua.
Un manifesto di “dolce vita”, fatto nell’Italia del boom, di follie notturne a via Veneto, di paparazzi, di gente che si voltava al solo vederla con la trionfante chioma bionda e gli occhi azzurri, e di amori che vanno e vengono. Anche per lei, che ha avuto Sinatra e il regista Dino Risi, due matrimoni e l’uomo della vita, cioè Gianni Agnelli. Eccessiva anche in questo.
Poi, la solitudine sempre più amara, la vita ritirata a Genzano e questa morte da sola, cui seguirà la cremazione e le ceneri portate nella nativa Svezia, dove, chissà, forse c’è qualcuno che l’attende.
L’”Anitona” dei sogni felliniani e di molti italiani dunque se n’è andata. Ma il tempo fa giustizia di molte cose. L’Italia non è più quella della vita dolce – anche Fellini nel film L’Intervista se n’era accorto e lui e lei si rivedevano il capolavoro del ’60 con nostalgia e altri occhi –, eppure il clima di quel momento è stato fermato per sempre, eternizzato – verrebbe da dire – come l’arte sa fare, nelle icone di Anita e di Marcello.
Mastroianni se n’è andato da tempo, adesso è toccato a lei. Immagine anche fisica di una Italia risorgente, del culto della bellezza molto italico, fatto di forme espanse e di carattere solare. E di voglia di sognare in libertà.
Anita resta così ancora oggi l’immagine di un desiderio immenso di vita. Quella che lei ha voluto bere fino in fondo, nel sogno durato in realtà solo sino agli anni ’70, e che poi l’ha lasciata nel “ricordo” e nella solitudine.
Ma l’immagine resta. La magia del cinema infatti non muore.