L’Ucraina è Europa

Colloquio con Ostap Semerak, membro del Consiglio dei ministri di Kiev. Il Paese è minacciato dall'ingerenza russa, serve più Europa per evitare il peggio
È ancora alta la tensione nelle regioni orientali dell'Ucraina

È in qualche modo il Graziano Delrio del governo ucraino diretto da Arseniy Yatseniuk, Ostap Semerak. Deve far funzionare una macchina, quella statale del suo Paese, abbandonata in stato comatoso dalla fuga del presidente Yanukovich. Giovane e risoluto, Semerak non si nasconde gli enormi problemi del suo Paese.

Lo incontro a Roma, poche ore dopo lo storico incontro della delegazione ucraina con papa Francesco, in Vaticano. «Non riesco ad esprimere l'emozione provata di fronte a Bergoglio – commenta –. Si è parlato di pace, di unità territoriale del Paese, di riconciliazione. Ha regalato una penna al nostro premier, auspicando che con essa fosse firmata la pace. L'ho visto estremamente concentrato sulla situazione politica e sociale nel nostro Paese, interessatissimo alle condizioni di vita della nostra popolazione».

Quali le ultime notizie dal fronte?

«Cambiano di minuto in minuto, stiamo monitorando la situazione momento per momento. Oggi per sette volte l'aeronautica russa ha violato lo spazio aereo ucraino e sono stati catturati degli osservatori Ocse. L'opzione antiterroristica del governo, che ha preso di mira soprattutto quattro città nell'Est del Paese, non è facile, perché i palazzi occupati dai filo-russi sono in pieno abitato urbano, mentre le forze speciali russe stanno supportando i terroristi. La soluzione deve essere innanzitutto politica, e per questo chiediamo all'Unione europea e agli Stati Uniti di far pressioni congiuntamente su Putin».

Lei ha partecipato attivamente alla rivolta della Majdan. Avrebbe mai immaginato che l'Ucraina si sarebbe trovata nella situazione attuale, con le enormi tensioni sociali, politiche e militari nell'Est del Paese che conosciamo?

«Mai mi sarei immaginato una situazione del genere. Pensavo che, dopo la rivoluzione della Majdan, ci sarebbe stata gente nuova al governo che avrebbe dovuto affrontare innanzitutto l'emergenza economica e finanziaria del Paese, iniziando una lotta contro la corruzione, vero cancro lasciatoci in eredità dal precedente governo. Invece ci siamo trovati a dover investire le poche risorse che abbiamo in questioni militari. Tutto questo denaro è tolto dalla bocca dei poveri, ma non possiamo fare altrimenti».

Dopo la grave crisi della Majdan e la dissoluzione dei reparti speciali della polizia, il governo ha ripreso in mano le forze dell'ordine?

«Bisogna distinguere esercito e forze di polizia. Il primo non ha partecipato direttamente alla soppressione della rivolta della Majdan. Ma il precedente ministro della Difesa, che aveva legami con esponenti dell'ex Kgb, ha fatto di tutto per svuotare dall'interno il nostro esercito, depotenziandolo. Ora il governo si trova a dover spendere non pochi quattrini per riuscire a renderlo operativo ed efficace. Le forze di polizia, invece, dopo la soppressione dei reparti speciali che avevano provocato la carneficina alla Majdan, sono state “purificate” ed ora funzionano di nuovo, fedeli al governo. Nel contempo le “forze di autodifesa”, nate dalla rivolta, vengono istruite e formate dalla stessa polizia. Un compito non facile mettere assieme queste forze popolari con la polizia».

Uno dei primi atti parlamentari dopo la crisi della Majdan è stato il togliere lo statuto di lingua ufficiale al russo. Le sembra sia stata una manovra giusta?

«Non credo che la decisione fosse giusta e tempestiva, anche se la lingua russa non può essere messa allo stesso livello con quella ucraina, la nostra lingua nazionale. Ma è innegabile che il russo sia una lingua speciale, usatissima in Ucraina. Lo stesso premier è di madrelingua ucraina e sua moglie russa, e si parlano e si capiscono… E così innumerevoli altre famiglie in Ucraina».

Come si annunciano le elezioni del 25 maggio?

«Meglio di quanto non si potesse pensare. I partiti hanno già proposto i loro candidati, anche il Partito delle regioni dell'ex-presidente Yanukovich, che pur si ritrova spaccato in due. Credo che saranno le elezioni più libere mai tenutesi in Ucraina. Tra l’altro, nessun membro del governo è candidato, per cui le risorse amministrative non verranno usate a fini elettorali, il che è una novità per noi. Ci sarà una grandissima partecipazione di popolo. Il problema è sempre quello russo: Putin non vuole in Ucraina un presidente eletto nella libertà e nella sovranità popolare. L’elezione di un nuovo presidente eliminerà inoltre il problema della legittimità delle autorità ucraine».

L'Europa appare un po' assente sullo scacchiere ucraino, rispetto agli Stati Uniti…

«Non corrisponde a realtà questa sua impressione. Ci sono fortissime relazioni, assolutamente continuative, con Bruxelles. Oggi abbiamo incontrato il premier Renzi, nei prossimi giorni avremo altri incontri al massimo livello, mentre il G7 lavora di concerto. C'è un grande aiuto che ci viene dall'Ue. Certo, appaiono di più gli Usa, perché hanno un solo presidente, mentre nell'Ue ce ne sono 28… Sfortunatamente il problema maggiore è che non facciamo parte della Nato, e quindi non possiamo pretendere un aiuto anche militare; ma gli aiuti economici e politici sono enormi, anche con l'aiuto del Fondo monetario internazionale che ci sta aiutando nella revisione del debito interno ed esterno. Senza il supporto di Ue ed Usa non saremmo più operativi».

Come combattete la corruzione imperante nel regime Yanukovich?

«Il nostro governo è impegnatissimo in una crisi che definire drammatica non è esagerato. Prendendo esempio da tante legislazioni europee contro la corruzione, abbiamo chiesto al Parlamento di varare un certo numero di leggi al riguardo. Contemporaneamente stiamo cercando di trovare e sbloccare all'estero i fondi illegalmente sottratti alla nazione dal regime Yanukovich. La prossima riunione di Londra potrà aiutarci al riguardo».

In Italia si stima che lavorino tra le 400 mila e le 500 mila persone di nazionalità ucraina, in particolare donne impegnate nell'assistenza domestica degli anziani. Un vero esercito…

«Ne ho conoscenza diretta, perché ho una zia che lavora qui in Italia. L'ho appena sentita, è grata al vostro Paese. Credo che questa gente sia il migliore ponte possibile tra Ucraina ed Italia: voi conoscete e appoggiate la grave situazione del nostro Paese anche grazie alla loro presenza. Ne abbiamo parlato anche oggi col premier Renzi. Questo mezzo milione di lavoratori e lavoratrici è anche un aiuto importantissimo per l'Ucraina, perché questa gente invia grandi somme di denaro in patria con le proprie rimesse. D'altra parte, però, sappiamo anche di molti lavoratori che non sono protetti dalla legge e che lavorano in nero. Renzi ci ha assicurato il suo impegno».

L'Ucraina può essere un ponte tra Europa e Russia? O può essere al contrario un muro?

«Non può essere un ponte, perché l'Ucraina è parte dell'Europa, un continente ricchissimo di diversità ma unito da ideali comuni. Il tempo del muro di Berlino è passato, ma Putin vuole riesumarlo e ricostruirlo, mattone dopo mattone. Dobbiamo fare tutto quanto è possibile per fermarlo. Quello che sta succedendo nell'Est dell'Ucraina non è solo una questione interna al nostro Paese, è un conflitto che riguarda tutta l'Europa e anche oltre. Senza Europa non si potrebbe arginare lo strapotere russo nell'Est».

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