Luci sulla città

Michelina, una cristiana che ha saputo "perdere" le ricchezze spirituali già raggiunte per ritrovarle centuplicate.
Luci sulla città

La storia inizia con un sogno fatto quando Michelina aveva dieci anni, sogno mai più dimenticato, con protagonista la Madonna, che dopo averle parlato a lungo con amore, invitò la bambina a seguire un gruppo di ragazze vestite di bianco. Non solo: mostrandole una città al buio sotto un cielo notturno, le affidò come missione di illuminarla. «Ricordo che, sorvolandola, accendevo tante luci finché si formò un disegno luminoso».

Oggi Michelina Rossi è una ultraottantenne minuta ed elegante. Malgrado si muova con cautela per dei problemi alla vista, conserva intatta la vitalità interiore. Da lei mi sento accolto con affetto materno nella sua casa di Nocera Inferiore, tuttora uno dei “cuori” della comunità salernitana dei Focolari.

Tutta l’infanzia e la giovinezza di Michelina sono state segnate da esperienze spirituali profonde e non comuni, che lei mi viene raccontando con molta semplicità, consapevole di un dono immeritato.

Come questa che – ancora giovanissima, incapace di accettare la perdita dell’amatissimo padre, ormai agonizzante – la vede impegnata quasi in una lotta con quel Dio al quale già da tempo ha donato la propria vita.

«“Prenditelo pure papà – mi arresi finalmente –; però mi devi promettere che lo porterai subito in Paradiso, mentre io prendo su di me tutto ciò che lui dovrebbe pagare in Purgatorio”. Ebbi l’impressione che questa specie di patto fosse accettato…».

Per Michelina, subito dopo, iniziava infatti una prova che durò anni e fu terribile. «Ebbi l’impressione di entrare in una galleria oscura, spaventosa. Dio non c’era più per me e questo ebbe delle ripercussioni, oltre che sull’anima, anche sul fisico. Avevo la sensazione di essere già dannata, esclusa dalla redenzione. Eppure – cosa strana –, mentre brancolavo nel buio, una forza misteriosa mi spingeva ad andare in chiesa tutti i giorni, anche se rimanevo in fondo perché mi sentivo respinta. “No, non me ne vado – dicevo a Gesù Eucaristia –; anche se non sono più destinata ad essere tua, ti amerò sempre, anche dall’inferno”».

Finalmente questa dolorosissima prova ebbe termine. «Ero sola in chiesa davanti al tabernacolo, senza pregare, quando mi sembrò di udire una voce interiore, dolcissima: “Guardami, perché hai dubitato del mio amore? Ho dato la vita per te: cosa potevo fare di più? Ti sono stato sempre vicino e tu non mi sentivi…”.

«Le lacrime intanto scendevano copiose, sciogliendo ogni durezza. Tornai a casa come rinata. Ripresi il cammino spirituale con più coraggio, sostenuta dalla certezza che Dio mi amava e mi era vicino anche quando non lo sentivo».

 

Per Michelina non fu la sola esperienza del genere nel suo percorso incentrato sul Cristo fattosi cibo per l’umanità. Finché, nell’estate del 1956, questa spiritualità che, pur alimentandosi di opere buone verso il prossimo, privilegia il rapporto “verticale” con Dio, sembrò sconvolta da una novità alla quale non era preparata. Fu all’ombra delle Dolomiti, durante una Mariapoli alla quale Michelina era stata invitata senza troppe spiegazioni da un suo fratello domenicano, padre Ermanno.

«C’ero andata perché, in un periodo di grande scoraggiamento, sentivo il bisogno di un corso di esercizi spirituali. Speravo così di riprendere un cammino più costante verso la perfezione che da anni mi affaticavo a raggiungere».

Per la verità già l’anno precedente Michelina aveva conosciuto a Nocera, invitata da padre Ermanno, una focolarina, Luigina Nicolodi; ma senza aver colto, in quei primi incontri, la novità profonda portata dall’ideale dell’unità.

Ed ora, a Fiera di Primiero? L’impatto con la realtà di un Vangelo vissuto in maniera comunitaria fu inaspettatamente tragico. «Tutto intorno a me mi dava fastidio, e tra le lacrime mi sembrava di aver perso quella ricchezza spirituale con tante grazie particolari che Dio mi aveva donato nel corso degli anni.

«Dopo otto giorni, avvilita, delusa, decisi di tornare a casa. Mi ricordo che proprio quel pomeriggio, dopo aver sentito la storia di Giosi Guella, una delle prime focolarine, mi sentii spinta a chiederle di affidarmi a Gesù. E lei, stringendomi fortemente le mani: “Non preoccuparti, ci penso io”.

«La mattina dopo andai alla messa, sempre nel buio assoluto. Ma alla consacrazione, improvvisamente, quel buio scomparve e nello stesso tempo mi apparve il senso profondo di tutto ciò che avevo visto e sentito in quei giorni senza comprenderlo. Commozione, gioia e riconoscenza. Ero diventata un’altra persona, e Giosi, che incontrai uscendo di chiesa, me lo lesse sul volto. Mi prese la mano e mi disse: “Quando tu hai avuto quella luce l’ho avuta anch’io”».

L’umile affidarsi senza più difese ad altri aveva messo Michelina in grado di cogliere la novità di una spiritualità che privilegia il rapporto col fratello per andare uniti a Dio. Santi sì, ma insieme.

 

«Quando arrivai a Nocera ero come un tizzone di fuoco. Comunicai la nuova esperienza a mia sorella Carmelina, che abitava con me, e a Maria, un’amica carissima dell’Azione cattolica. E insieme iniziammo un’avventura meravigliosa che vide tanti altri aggregarsi a noi nella nostra città».

Come non ricordare, a questo punto, il sogno fatto all’età di dieci anni, quando la Madonna mostrò a Michelina un gruppo di ragazze da seguire e una città da illuminare?

«All’inizio, sentendomi ancora sotto il peso dei miei fallimenti, perdevo tempo a piangermi addosso. Solo quando mi fu svelato quel cardine della nuova spiritualità che è Gesù abbandonato, e per amor suo imparai a fare dei fallimenti e degli stessi peccati una pedana di lancio, entrò in me una nuova luce; e fu la svolta. Se prima, da sola, facilmente mi scoraggiavo, con Gesù in mezzo a noi per l’amore reciproco fu come entrare in una nuova dimensione della vita spirituale, in un cammino che mi portava di luce in luce».

Casa Rossi divenne il punto di riferimento della comunità nascente, formata in prevalenza da giovani. In quegli incontri, sempre molto festosi e animati dai canti imparati in Mariapoli, Michelina infiammava gli animi comunicando il tesoro scoperto mediante le sue esperienze della Parola. Da allora, e fino ad oggi, accogliendo, consigliando, sanando ferite dell’anima, ha conosciuto tutte le gioie e le pene della maternità spirituale.

Periodicamente da Roma qualche focolarino o focolarina arrivava a casa sua a tutte le ore, anche di sera tardi, rimanendo ospite per due o tre giorni. Ed era sempre festa per Michelina. Tanto che scrisse a Chiara Lubich per chiederle, mettendo a disposizione la sua stessa abitazione, di aprire un centro dei Focolari a Nocera.

Quel progetto non si realizzò. Tuttavia quella casa in via Siniscalchi era e rimase un centro propulsore dell’ideale dell’unità. Tant’è che alla Mariapoli di Fiera di Primiero del 1958, dove numerosi furono i partecipanti dalla Campania e dalla Puglia, il gruppo più consistente fu proprio quello proveniente da Nocera.

 

Sono passati gli anni. Tante le esperienze che Michelina mi racconta sulle nuove comprensioni dell’amore immenso di Dio che abbraccia gli uomini e tutte le cose create, sugli interventi della sua provvidenza nella vita quotidiana… E tutto per aver saputo “perdere” per amore quelle ricchezze spirituali che pensava di avere già accumulato.
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