Luce della mia vita
Ritorna ormai periodicamente e si direbbe ossessivamente il tema del rapporto padre-figlio. Spesso in uno scenario apocalittico come accadeva nel 2009 in The Road di John Hillocoat. Ora torna in Light of my life (luce della mia vita), secondo film da regista di Casey Affleck, fratello del più famoso Ben e attore – anche in questo lavoro – molto più sfaccettato di lui.
Il racconto si svolge tra i boschi americani nei giorni in cui un virus ha sterminato tutte le donne, compresa la madre di Rag, ragazzina che il padre porta in giro a nascondersi, travestendola da uomo. I pericoli non mancano: fatica, fame, curiosità di gente difficile, assalto di violenti. La storia non prende mai il volo che ci si aspetta, perché a Casey non importa rovesciare i generi, “con-fonderli”: thriller, melò, commedia, dramma.
Il risultato è stupefacente. I lunghi colloqui tra padre e figlia toccano gli argomenti più vari: dalla pubertà, al sesso, al bene e al male, tra dolore e luce. La ragazzina legge molto, il padre nella tenda ove vivono le racconta storie, in parte vere, in parte inventate in cui il protagonista è il loro rapporto affettuoso e rispettoso, la vita. E se lui ogni tanto da solo ripensa nostalgicamente alla moglie perduta, nascondendo le lacrime, Rag lo compensa con l’affetto, con la fiducia.
I discorsi fra i due sono importanti: lui le racconta con imbarazzo e con tatto, senza crudezze, la vita sessuale, la crescita, la differenza tra “morale” ed ”etica”. Soprattutto la cosa fondamentale: «Amare, amare il prossimo e amarsi». Ricorda la moglie, un tipo deciso e fantasioso, che amava viaggiare, e anche quando c’erano degli imprevisti, concludeva sempre: «È tutto una avventura d’amore».
La frase scandisce le vicende anche pericolose dei due, il loro incontro con gente ospitale ma anche con delinquenti che feriranno il padre, costringendo Rag a difenderlo. È lei ora a far da padre e da madre al padre, rovesciando i ruoli e capendo che alla fine tutto è sempre una “avventura di amore”: i due sono stati e saranno luce della vita l’uno per l’altro.
Con la luce ora gelida ora umida, il film scorre con giusta lentezza, sovente con primi e primissimi piani espressivi e muti dei protagonisti, diventando un viaggio di formazione reciproca.
Affleck scruta con una profondità oggi inusuale l’animo dei due personaggi, ne disinnesca le paure, i desideri e i sogni senza fretta, con discorsi lunghi di fronte ad una natura attonita che segue e commenta la (poca) azione.
Ne risulta un film-gioiello, la storia di un pellegrinaggio anche drammatico della vita, pieno di affetto e di verità.