Luce del mondo
Nella lunga intervista al giornalista Peter Seewald il papa risponde con schiettezza ad ogni tipo di domanda: dalla pedofilia al rapporto con l'Islam, all'uso dei profilattici, al rapporto con la scienza
Sei ore. Tanto è durata l’intervista del giornalista tedesco Peter Seewald a papa Benedetto XVI da cui è stato tratto il libro Luce del mondo. A stretto contatto con lui per una settimana lo scorso luglio, Seewald «percepisce non solo la precisione del suo pensare e la speranza che zampilla dalla fede; ma diviene visibile in modo particolare quel brillare la luce del mondo, lo sguardo di Cristo, che desidera incontrare ogni uomo e che non esclude nessuno».
Il libro si divide in 3 capitoli: I segni dei tempi, in cui si affrontano le principali tematiche di attualità; Il Pontificato, sulla missione e l’azione di Benedetto XVI sino ad oggi, e Verso dove andiamo? sulle domande più profonde della vita. È la prima volta che un papa affronta in maniera così diretta e colloquiale problemi più scottanti della Chiesa e della società, formulando giudizi sorprendenti. Appare un papa umile, semplice, con una profonda unione con Dio. «Ecco – dice – ho potuto fare una cosa che non veniva da me».
Sul vasto scandalo degli abusi sessuali compiuti dai sacerdoti che lo hanno sconvolto, il papa evidenzia come nella Chiesa bisogna riscoprire il giusto equilibrio tra amore e diritto e «imparare nuovamente che l’amore per il peccatore e l’amore per la vittima stanno nel giusto equilibrio per il fatto che io punisco il peccatore nella forma possibile e appropriata». Per lui, infatti «l’amore non è soltanto gentilezza e cortesia, ma è amore nella verità». Su questo punto è un papa che non fa sconti, un maestro severo, sicuro di sé, che vuole evitare ogni possibilità che i sacerdoti colpevoli entrino ancora in contatto con dei bambini. «Quello che conta – evidenzia Benedetto XVI – è in primo luogo che ci si prenda cura delle vittime». Con questa posizione il papa chiarisce il cambio di prospettiva: la vicinanza e la cura delle vittime al primo posto «per aiutarle ad elaborare quello che hanno vissuto», poi «un’accurata cernita dei candidati al sacerdozio» e l’importanza della prevenzione in cui «si sarebbe dovuto riconoscere che non erano adatti al sacerdozio». Infine un’educazione positiva alla sessualità e la «creazione di un’atmosfera in cui queste cose possono essere eliminate, superate e possibilmente escluse».
Il lavoro ecumenico è stato uno degli impegni di Benedetto XVI, sin dagli esordi, per «la ricostruzione della piena e visibile unità di tutti i seguaci di Cristo». Le maggiori speranze si hanno nei confronti dell’Ortodossia dove si stanno compiendo dei notevoli progressi per «un avvicinamento che scaturisce dall’essere profondamente rivolti gli uni verso gli altri». E nonostante le distanze dottrinali e culturali «è importante – sostiene il papa – che ci vogliamo veramente bene, che siamo in un’ unità profonda, che ci veniamo incontro e che collaboriamo quanto più possiamo, cercando di lavorare insieme sulle questioni ancora aperte». Con l’aiuto di Dio, perché «da soli non ce la facciamo». Più variegata e complessa la distanza con la galassia del mondo protestante. «Non potremo realizzare – dice Benedetto XVI – la piena unità in un prossimo futuro, ma facciamo tutto il possibile per compiere una missione comune in questo mondo, per dare una testimonianza comune». Stessa apertura troviamo nei confronti dell’Islam che pone situazioni e modi diversi di interpretare la propria religione. Ed anche l’incidente di Ratisbona ha avuto effetti positivi come l’esaminare il rapporto dell’Islam con la violenza e la ragione da parte di studiosi islamici, «riflessione che poi è divenuta dialogo».
Molto ripresa dai media di tutto il mondo è stata la frase sull’uso dei profilattici. «Naturalmente – spiega il papa – la Chiesa non considera i profilattici come la soluzione autentica e morale. Nell’uno e nell’altro caso, con l’intenzione di diminuire il pericolo di contagio, può rappresentare tuttavia un primo passo sulla strada che porta ad una sessualità diversamente vissuta» nell’ottica dell’ABC, che sta per abstinence (astinenza), be faithful (fedeltà) e condom, profilattico, dove «il profilattico è considerato soltanto come scappatoia, quando mancano gli altri due elementi».
Nell’ultimo capitolo, tra i vari temi, si riprende in considerazione l’ipotesi Dio come modello della società, «oggi che l’uomo crede di potere tutto quello che prima aveva atteso unicamente da Dio». E la scienza è diventata la categoria «più alta in assoluto». In questo contesto il cristianesimo deve rigenerarsi e trovare «nuove forme espressive e di comprensione», perché molte formule, sebbene vere e immutabili, non sono più comprensibili. «Cosa, dunque, è veramente essenziale?» si chiede il papa. «Ritornare al Vangelo» per appurare «cosa gli appartiene» e «cosa non gli appartiene. Il punto decisivo in fin dei conti consiste sempre nel fare la giusta distinzione». Ed anche se si vive in contesti molto secolarizzati «ci orientiamo sempre più verso un cristianesimo per scelta convinta. E da questo dipende in che misura sarà efficace un’impronta cristiana complessiva». Avere la forza di plasmare la società, è l’auspicio di Benedetto XVI anche se la maggioranza non è credente.