Luce che trasforma
Icosiddetti primi tempi dei Focolari sono gli anni durante i quali lo Spirito impresse a caratteri di fuoco nel cuore di Chiara Lubich e delle sue prime compagne quelli che sarebbero diventati i punti cardine della spiritualità del movimento. In Erano i tempi di guerra…, appena edito da Città Nuova, Chiara comunica con straordinaria limpidezza la luce nuova ricevuta da Dio. Al suo conciso racconto fa seguito la viva narrazione di Igino Giordani, che ripercorre le tappe salienti della storia del nascente movimento, costellandola di fioretti. Riportiamo qui un brano di Chiara tratto da quel suo scritto del 1950, conosciuto sotto il nome di Trattatello innocuo: un vero manifesto di questa nuova corrente spirituale. Esser uno col fratello voleva dire dimenticarsi assolutamente, per sempre. Non ritrovarsi mai più. Era perdere tutto, anche la propria anima, per vivere i dolori e le gioie dell’altro onde mostrare a Gesù il nostro amore: esser crocefissi con lui vivo nel fratello e con lui esser gioiosi. Il fratello era il nostro convento dove l’anima doveva sempre radunarsi. Il fratello era la nostra penitenza, le mortificazioni, perché l’amarlo richiedeva la morte completa dell’io. E vedevamo che questo entrare nel fratello portava la rinascita del fratello. La carità sola conta. E così, sentendoci peccato col fratello peccatore, errore col fratello errante, fame col fratello affamato, scomunica col fratello scomunicato, la vita che era in noi passava a lui ed eravamo da lui riamati. Egli rivedeva la luce perché sentiva l’amore e nella luce la speranza, che allontanava la disperazione, e la carità verso noi e verso tutti. Lo Spirito di Gesù invadeva un altro membro del suo mistico corpo. Era un riviver la vita di Gesù. Continuarlo. Come lui s’è fatto uno con noi per portarci al Padre, tenebra con noi tenebra per darci la luce, peccato con noi peccatori, dolore con noi doloranti, morte con noi morti per darci la vita e farci risorgere con lui risorto, così la nostra vita al contatto con ogni fratello che ci veniva accanto. Farci lui, come Gesù, per far lui noi. Per donargli cioè quella pienezza di gaudio che la vita di comunità, nel mutuo amore, ci aveva dato. Così un membro del mistico corpo perché unito al Cristo (egli era fra noi come capo), essendo noi uniti, continuava – soffrendo in sé i dolori del fratello, a proseguimento della passione – la redenzione nel senso che era causa della pienezza della vita nel fratello. Infatti noi abbiamo l’impressione che il nostro Ideale scarceri la redenzione, liberi i già liberi agendo Gesù – mistica Vite – attraverso i suoi tralci uniti a lui. E quante conversioni si operarono amando così come egli aveva amato. Veramente quando è in noi la carità perfetta è Cristo in noi che dice: Abbiate fiducia; io ho vinto il mondo. Cristo ci ha associati nella redenzione dei fratelli giacché vivendo egli in noi, egli opera sempre da Gesù. E le sue parole ad una ad una diventavano le nostre: Io sono la luce del mondo potevamo dire. Infatti da questa cellula di mistico corpo formato da noi emanava una luce che le anime semplici e buone e desiderose sinceramente di Dio, come i peccatori umiliati dal peso dei loro peccati, riconoscevano come luce di Gesù. E questa luce colpiva talmente le anime, che venivano dal mondo pagano di fatto, che procurava all’istante la conversione nel senso che l’anima dapprima attaccata a mille cose sentiva esservi un’Altra Cosa a lungo bramata inconsciamente e che sola l’avrebbe saziata e dissetata: Gesù. Quella luce mutava tutto, rivoluzionava tutto e in molte anime cadeva come chiamata di Dio a tutto lasciare per seguire Gesù. Ogni distacco era facile e desiderato pur di esser con Gesù in mezzo ai fratelli. Allora si videro gli sconvolgimenti operati da Gesù nelle famiglie. Il suo passaggio operava la divisione: due contro tre. Gesù non è venuto a portare la pace, cioè a mantenere il quieto vivere del mondo che lascia tanta noia nell’anima, è venuto a distruggere questa pace, a suddividere le famiglie e a comporre una famiglia di figli di Dio, di fratelli suoi che camminano nella luce, il cui Padre è quello che sta nei cieli e la cui Madre è Maria. E questa luce scaturiva dalla croce, dal vivere Cristo Crocifisso in sé e nei fratelli.