Louis Roelens, un sacerdote abbandonato in Dio

Pensieri di un missionario sul sacerdozio. Un contributo all’Anno Sacerdotale, iniziato il 19 giugno, in occasione dei 150 anni della morte del santo Curato d’Ars, proclamato patrono di tutti i sacerdoti del mondo.
Louis Roelens

Louis Roelens nasce nel 1933 in Belgio da una famiglia di contadini. Nel 1950 entra tra i Padri Bianchi (Missionari d’Africa), viene ordinato presbitero nel 1957 e ottiene un dottorato in teologia all’Università di Lovanio nel 1961. Parte missionario in Malawi, dove nel 1964 viene nominato professore di teologia morale al Seminario Maggiore di Kachebere. Un grande futuro sembra aprirsi per lui. Ma nel 1969 deve ritornare in patria: cancro terminale.

Scrive nel suo diario: “Un giorno mi svegliai al mattino presto e mi venne da pensare alla gente e ai luoghi che avevo conosciuto in Africa e che avevo tanto amato. Ora sapevo che non li avrei più rivisti. Il mio animo si riempì di tristezza, e cominciai a discutere con Dio: ‘Signore, tu stesso hai detto che la messe è molta e gli operai sono pochi, e che dobbiamo chiedere al Padre che mandi operai nella sua messe. Qui giace ammalato uno che ti chiede di essere mandato. È già formato, conosce la lingua, ha un’esperienza fatta’”.

Louis era nella situazione di un uomo che tenta di lottare con Dio. Improvvisamente gli venne in mente una frase del Vangelo: “… è bene per voi che io me ne vada, perché, se non me ne vado, non verrà a voi il Consolatore” (Gv 16, 7). Così continua nel suo diario: “‘Gesù aveva solo 33 anni quando ha pronunciato queste parole, ed io ne ho già 36. Gesù aveva fatto solo 3 anni di apostolato, ed io più di 10. Come posso pensare che non è giusto quello che mi sta accadendo?’”.

Ricordandosi che la partenza di Gesù era stata la premessa per l’invio dello Spirito Santo, Louis capisce che partecipando con la sua morte alla morte di Gesù, egli avrebbe partecipato anche alla missione dello Spirito Santo. Conclude: “Non potevo non pensare: ‘Nel Malawi sarà senz’altro più utile lo Spirito Santo che non p. Roelens!’”.

Grazie ad una dieta rigorosa, la malattia si stabilizza e Louis vivrà ancora 25 anni. Continua ad affidare alle pagine d’un diario le sue esperienze e considerazioni su vari aspetti della vita ecclesiale. La sofferenza lo fa penetrare più profondamente nella spiritualità dell’unità che aveva conosciuta poco prima di ammalarsi.

Comunicare la vita di Cristo

Alla luce del carisma di Chiara Lubich, Louis ripensa il ruolo del sacerdote, trovando in Dio Amore e Gesù in mezzo, nella vita di comunione, i pilastri della sua esperienza sacerdotale: “Si discute molto sul ruolo del sacerdote e sul suo posto sociale. Il primo compito del sacerdote mi sembra quello di animatore spirituale. Lui deve comunicare la vita di Cristo. Se cerca di seguire fedelmente le orme di Cristo nella sua vita, a imitazione dei santi, troverà il suo posto nella società. Non sarà un posto confortevole, dove potrà sistemarsi tranquillamente: anche il Signore e i santi non lo possedevano". 

"La vita sacerdotale deve poggiare su due pilastri. Innanzitutto su una scelta radicale e totale di Dio che è Amore. Più un sacerdote si perde in Dio, più diventa se stesso. Da questo abbandono a Dio risulta una vera conoscenza di Lui. Solo così potrà farLo conoscere ad altri. Al centro di ogni formazione teologica si deve mettere questo crescente abbandono. La crisi di vocazioni può essere provvidenziale se porta a intensificare la vita divina in noi. Un secondo pilastro per una vita sacerdotale proficua lo vedo nella vita in comunione, una vita con Gesù in mezzo. I sacerdoti devono vivere in comunità e amarsi come Gesù ci ha amato. Ciò significa essere disposti a dare la vita l’uno per l’altro e possedere tutto in comune. Un sacerdote non è chiamato in primo luogo ad un lavoro pastorale in una parrocchia, ma per vivere con Gesù in mezzo con altri sacerdoti e cristiani. Solo così saremo credibili e degni testimoni della Parola di Dio”.

Louis comprende sempre di più che egli è chiamato a vivere come Gesù Abbandonato, lasciando in eredità agli altri non cose, opere, ma Dio: “Alle volte rimango un po’ invidioso quando incontro dei missionari che costruiscono grandi edifici o iniziano meravigliosi progetti di sviluppo sociale. Il mio compito, però, lo vedo chiaramente nel conoscere le vie del Signore e aiutare gli altri a scoprire queste vie. Tutto quanto abbiamo ricevuto dal Padre dobbiamo donarlo agli altri, fino al punto di perdere l’esperienza di Dio: questo è morire vivendo e vivere morendo. Siamo canali della Grazia e un canale non mantiene niente per sé. Dio mi riempie del suo Essere, affinché io possa irrigare altre persone del suo Amore”.

La presenza di Maria

In un’altra pagina del suo diario egli descrive la graduale scoperta del ruolo di Maria nel suo cammino sacerdotale. In un primo momento, il rapporto con Maria è segnato da una certa distanza: “Come teologo ho avuto per molto tempo la difficoltà a parlare del mistero di Maria. Praticamente nei suoi riguardi non avevo pensieri personali. La mia fede nella Madre di Dio era piuttosto oscura, pur avendo una certa vivacità. Recitavo il rosario, amavo le sue feste, ma non potevo dire molto di più al di fuori della dottrina ufficiale della Chiesa. Rare volte avevo l’impressione d’avere un contatto filiale con lei, p.e. davanti alla bellissima statua della Madonna nella Villa Cavalletti a Frascati, durante gli esercizi nel 1967. Sentivo però sorgere sempre in me un disturbo e uno scetticismo, quando altre persone parlavano in termini lirici della gloria e della bellezza di Maria. Come teologo davanti a lei ero muto e senza parole. Ciò nonostante recitavo regolarmente il rosario che consideravo la preghiera dei semplici e la stimavo. Perché vedevo il pericolo che certi teologi ‘progressisti’ creassero una Chiesa ghetto e di élite”.

Quando, poi, a causa della malattia, si vede privato di tutte le sue ricchezze, Louis avverte qualcosa di nuovo che lo prepara all’incontro con “Maria desolata”: “… mi sentii attratto in modo speciale dalla Madre di Dio, che invocavo volentieri col titolo ‘Vergine dei poveri’. Sempre avevo voluto essere povero con i poveri di questo mondo. Adesso mi sentii di colpo intensamente legato a loro. Non avevo più niente, tranne il Signore. Mi affidavo perciò con tutto il cuore alla tutela della Vergine dei poveri. Nel 1968 ho partecipato ad un incontro organizzato dal Movimento dei Focolari a Rocca di Papa. Lì ho sentito che per le prime focolarine ‘Maria desolata’ era tutto, che Maria presso la croce del suo Figlio aveva perso tutta la sua opera. Doveva, per così dire, rinunciare al suo apostolato. I focolarini lo applicano a se stessi nel caso che siano necessitati a perdere il loro lavoro e apostolato, affinché Dio lo faccia fruttificare cento volte di più".

"Quelle parole mi toccarono profondamente. In un lampo mi si chiarì che l’esperienza dell’anno passato era stata per me un vivere questo mistero senza che io lo sapessi. Tutti i miei progetti per un apostolato proficuo in Africa, la mia ambizione di trovare, attraverso lo studio ad Oxford, una sintesi tra il pensiero cristiano e il pensiero africano, tutto ciò avevo dovuto perdere, per seguire il Signore su una strada ancora sconosciuta".

"Vedevo anche chiaramente la mano di Maria. Mi sembrò e mi sembra ancora significativo il fatto che i primi sintomi della mia malattia si rivelarono nella sera stessa del mio ritorno da Lourdes. Quello che allora non capii, cioè di ammalarmi dopo una visita a Lourdes, invece di trovare la guarigione, adesso è per me un chiaro segno della Madonna. Lei mi avvertiva che la mia vita da quel momento avrebbe avuto un’altra direzione e inoltre che ero d’ora in poi nelle sue mani. Ciò è per me non una religiosità pietistica, ma una realtà colma di senso. Maria in quella circostanza ha preso chiaramente un posto nella mia vita. Ciò mi rende felice e ne sono grato a Dio. ‘Gratias Domini in aeternum cantabo’”.

Sacerdozio mariano

Avendo scoperto in Maria la via alla santità, Louis vive in modo nuovo il suo sacerdozio. Le pagine del diario, dedicate al “sacerdozio mariano”, iniziano con un’affermazione lapidaria: “Nella vita spirituale è di massima importanza una fondamentale femminilità: abbandono alla volontà di Dio e un amore kenotico. In Maria queste due qualità sono sintetizzate”.

Anche l’approccio letterario cambia. Invece di esprimere le sue scoperte con concetti teologici, Louis si riconosce nel linguaggio poetico della poetessa Reninca, con la quale sperimenta una forte comunanza d’anima. Scrive Reninca in una sua lettera: “Soltanto chi segue con gli occhi un uccello fin quando sparisce nella profondità del cielo, viene preso da quella profondità. Solo chi segue Maria fin quando ella sparisce in Dio, vede qualcosa della Sua immensità e dell’onnipotenza con cui ha reso quell’immensità raggiungibile attraverso la mano del sacerdote".

"Può darsi che Maria, dopo aver camminato in te per un certo periodo, ti sfuggirà per lungo tempo. Non dimenticare che soltanto camminando, lei attirerà la tua attenzione, fino a quando tu la seguirai nel suo sparire totalmente in Dio, dove lei non solo sfuggirà a te, ma nel giubilo e irresistibilmente anche a se stessa. E nella misura in cui tu la seguirai, sfuggirai pian piano anche a te stesso e vedrai la tua umanità sottoposta al tuo sacerdozio, e il tuo sacerdozio gettato nell’umanità dilagante di Gesù; in tal modo sfuggirai sia per te sia per il genere umano al niente”.

In un’altra lettera, la stessa Reninca descrive il sacerdozio di Louis come “solo obbedienza all’Incarnazione, che si dissolve nell’evento della Redenzione; infatti, in un processo di decomposizione tutti gli uomini vengono legati alla Vita. Sì, tu vieni disseminato per essere segno di unità. Tu ti perdi per instaurare legami. Sarai nessuno per indicare Qualcuno. E senza accorgerti sarai elevato dalla gravitazione del tuo io e portato nella forza d’attrazione di ogni agire umano-divino, nell’unico clima dove Dio e tutti noi viviamo, nell’universo interiore che è la Vergine Madre".

"Infatti, chi s’inabissa nell’interiorità, si trova facilmente nell’Interiorità stessa, nella Perfettamente-rivolta-a-Dio, in Maria. In lei sei rivolto al Signore, perché partecipi della familiarità di lei con Lui, come strato fondamentale di ogni anima, dove finalmente nell’amore oblativo puoi essere toccato da Dio. L’Infinito si lascia sperimentare solamente e sempre di nuovo attraverso la sua Eletta (per il suo annientamento il più delle volte forse inavvertitamente): noi non Lo riceviamo, se non attraverso la stessa strada che Lui ha scelto per arrivare nelle falde più remote della Sua creazione”.

Il commento di Louis Roelens: “Questo è infinitamente più bello di quanto sarei capace di dire con parole mie”.

 

 

 
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