L’ossessione del potere
Da qualsiasi lato lo si affronti il Giulio Cesare di Shakespeare offre comunque spunti attuali perché l’ossessione del potere, nelle sue varie forme, ammalia e divora oggi come ieri. Tra i tanti allestimenti due ricordo particolarmente: quello asciutto e tagliente per rigore espressivo di Ninni Bruschetta, giocato sull’assenza del protagonista; e la versione giovanile col lavoro sul corpo, i movimenti e la vocalità degli attori, del regista catalano Alex Rigola, che ne faceva lo specchio della cronaca odierna e del senso tragico del male. Questo di Daniele Salvo (attore ronconiano) non ha particolari impennate. È un allestimento abbastanza canonico e all’insegna della spettacolarità (costumi romani e ambientazione classica, bracieri di fiamme, fiaccole e fumi, luci colorate e battaglie vere) che però avvince grazie ad una messinscena veloce e a musiche originali dal ritmo cinematografico. Nello spazio ligneo del Globe che utilizza palco e platea, ingressi e uscite, tutto ciò suggerisce un mondo dove la parola risuona ancora forte. Il tema che preme sottolineare al regista, è l’ossessione del potere in rapporto alle masse, che s’incarna nell’utilizzo del linguaggio per affascina- re, per cercare il consenso: chi lo sa usare controlla e possiede le folle e i singoli e può cambiarne i comportamenti. L’allestimento è denso di inquietudini notturne, di incubi che pesano nell’aria mortifera. Il trasformismo del potere, la brama di esso, è resa dall’uso di maschere di lattice per alcuni personaggi, fra cui Cesare, che cambiano il volto e lo deformano. Funziona meno la compagine attoriale, perché non tutti allo stesso livello. Dove si avverte lo stacco è proprio quando la parola dovrebbe risuonare potente e ammaliante. Come nella scena di Antonio sul corpo morto di Cesare, che si disperde nella debolezza delle parole pronunciate, nel celebre discorso al popolo o nel colloquio notturno tra Bruto e la moglie Porzia (quest’ultima dalla recitazione nevrotica). Appropriati invece Gianluigi Fogacci (Bruto) e Giacinto Palmarini, eccellenti anche per gestualità. Al Globe Theatre di Roma