L’orto in tasca
Tutto è partito a fine 2012 da una grande arrabbiatura: quando Eva De Marco, trentaseienne ingegnere udinese, era andata inutilmente alla ricerca di un mercatino di prodotti agricoli a km 0 che avrebbe dovuto trovarsi in quella tal piazza invece deserta, si è trovata a chiedersi se non potesse esistere una app per smartphone che consentisse, una volta localizzata la propria posizione tramite il gps, di sapere dove fossero le aziende agricole e i mercati ortofrutticoli più vicini. Così, «dato che nessuno l’aveva ancora messa a punto, e mi trovavo in un momento di ripensamento della mia vita professionale, ho deciso di farlo io»: ed avviata una campagna di crowdfunding su internet, che le ha consentito di raccogliere i 7000 euro necessari ad avviare il suo progetto, a marzo dello scorso anno ha fondato “l’Orto in tasca”, e a maggio è arrivata la app scaricabile gratuitamente.
Il principio, come dicevamo, è semplice: le aziende agricole che effettuano vendita diretta interessate a far parte di questa rete vengono recensite dal sistema, al quale la app si appoggia per fornire all’utente la localizzazione di quelle più vicine. Prima di acquistare è possibile anche confrontare i prezzi, leggere le opinioni degli altri utenti sull’azienda a cui ci si sta per rivolgere, e recensirla a propria volta dopo aver ritirato il prodotto. L’ultima funzionalità inserita consente poi di creare dei piccoli gruppi di acquisto solidale tra amici tramite il proprio account Facebook, ed effettuare ordini collettivi per comprare a condizioni più convenienti.
Sinora la app è stata scaricata da oltre 5000 utenti, e sono circa 800 le aziende in tutta Italia che hanno aderito a questa rete. «Il settore però deve ancora comprendere – spiega la De Marco –: molte aziende sono a conduzione familiare e fanno ancora capo alla vecchia generazione, che nemmeno sa cos’è uno smartphone». Per questo la nostra ha avviato contatti anche con le associazioni di categoria – dalla Coldiretti, alla Cofederazione italiana agricoltori, al Consorzio del radicchio di Treviso – per sensibilizzare i produttori ed avviare campagne di promozione. Del resto, anche questo è un investimento per le aziende: «A fronte di un abbonamento accessibile a tutti di circa 20 euro al mese, ossia meno di qualsiasi campagna pubblicitaria, i produttori vengono inseriti in una rete che può dar loro sempre maggior visibilità: ma purtroppo l’agricoltura fatica a diventare 2.0».
Intanto però i riconoscimenti arrivano, anche al di là degli articoli apparsi sulla stampa nazionale: «A novembre abbiamo partecipato al tavolo giovani e lavoro a Milano – racconta – e da lì siamo stati invitati a partecipare a quello sull’agroalimentare del 15 gennaio, dove presenteremo il nostro progetto a aziende e istituzioni in vista dell’Expo 2015». Altra idea è quella di mettere in rete anche le cooperative sociali, che si occupano dell’inserimento lavorativo in questo settore di persone disagiate.
Se vi siete incuriositi, non vi resta che andare su www.ortointasca.it; a noi, invece, non resta che augurarvi buon appetito!