Lorin Maazel – Zubin Metha
Lorin Maazel Quest’elegante signore di 75 anni, ragazzo prodigio a 9 anni davanti alle orchestre, personaggio colto, affabile, è un esteta raffinato, un virtuoso della bacchetta. La New York Philarmonic Orchestra, in tournée italiana dopo 20 anni di assenza, è un complesso di musicisti di prim’ordine, soprattutto le prime parti di legni e ottoni.Ascoltandoli all’Accademia Nazionale di Santa Cecilia in Roma nelle Variazioni su un tema di Haydn di Brahms, perfette e un poco freddine, nelle Danze di Galánta di Kodály, dai ritmi giusti e dalle movenze algide, e nella spettacolare Sinfonia Fantastica di Berlioz – pezzo forte per un’orchestra di virtuosi come questa – non si provano brividi di commozione, ma di ammirazione. Maazel conduce con un gesto musicalissimo il complesso, suscita sonorità belle e preziose cui gli strumentisti rispondono con convinzione: lo spettacolo è affascinante. E il pubblico, conquistato, risponde con ovazioni, ricambiate dal Maestro con generosi bis. Dire però che si sia trattato di una interpretazione singolare, parrebbe forse eccessivo. Maazel ormai tiene la scena in modo perfetto, dipana il suo carisma con sicura tranquillità: ma non fa vibrare l’anima e il suono di questa orchestra – per quanto eccellente in certi passaggi, specie ottoni e legni (ma i violini sono flebili) – sembra avvicinarsi a una sonorità standard, di lusso certo, ma esteriore. Brilla quest’orchestra, di una luce preziosa come un dipinto del Bronzino, ma l’anima languisce. La bellezza rischia di scomparire nell’estetismo? Un augurio a un grande come Maazel perché ci faccia vibrare il cuore. In tournée a Firenze, Milano, Parma, Ravenna, Lubiana, Trieste. Zubin Metha Ha festeggiato i 70 anni da poco, con i suoi del Maggio Musicale Fiorentino. E li porta all’Accademia Filarmonica Romana per il concerto conclusivo. Dalla Passacaglia per orchestra di Webern – un devoto omaggio al Novecento – si passa al Mozart della Sinfonia concertante per oboe clarinetto corno e fagotto. Qui le prime parti funzionano, e bene. Penso al suono aristocratico di Marco Salvatori (oboe) al languore di Riccardo Crocilla (clarinetto), alla pastosità di Stefano Vicentini (fagotto) e al turgore di Gianfranco Dini (corno). Metha li conduce con passione e amore attraverso una partitura non eccelsa – Mozart non è sempre Mozart, per fortuna! – ma che sa lasciar esprimere i diversi strumenti nelle loro capacità ora tenere ora vivaci, ora maliziose ora leggere. Il concerto nella seconda parte è tutto per il direttore, che affronta la Prima Sinfonia di Brahms. Sempre bellissima, con le sue vampate e i suoi abbandoni. Metha conserva quel gesto morbido, si direbbe ormai più affettuoso, che rende piacevole il far musica con lui. Sia eseguendo sia, per noi del pubblico, ascoltando. In pratica partecipando.