L’organizzazione della generosità
Nel Nord-Est del Paese caraibico, a Mont Organisé, si creano scuole e luoghi di accoglienza. E si mette in moto lo sviluppo.
Piacevole è il risveglio nel pieno della montagna haitiana del Nord‑Est. Il sole sorge d’improvviso e fa risaltare la terra rossa, il cielo azzurro e il verde della vegetazione. Ci si sente agli estremi confini del mondo, dove l’elettricità viene da rari pannelli solari, dove esistono in tutto il territorio della città – 30 mila abitanti – solo tre auto. Tutti coloro che ci incrociano ci salutano con un trasporto commovente. Qui ci si sente amati e riveriti. Certo, io e il fotografo siamo bianchi, e quindi diversi. Ma la naturalità delle relazioni appare evidente, insolita, ormai quasi sconosciuta dalle nostre parti.
Wilfrid
Certamente deve avere ereditato nei suoi geni qualcosa che ha a che fare con la sua città, Mont Organisé. Perché l’organizzazione dello sviluppo è il suo forte, in una terra dove sembrerebbe che tutto debba essere per sua natura disorganizzato e non organizzabile. Resta oscuro il perché di questo nome dato alla cittadina, ma sta di fatto che da queste parti qualcosa di organizzato c’è: la solidarietà, il rispetto, l’amore.
Wilfrid Joachin mi racconta la sua vicenda prima di mettersi in marcia. Mi parla di tre scuole in costruzione, tre delle sette che egli coordina col progetto Pacne, “Associazione contro la povertà del Nord Est”. Un’iniziativa che ha voluto mettere in piedi assieme ad altri amici del Movimento dei focolari per riuscire a non far dipendere lo sviluppo della regione solo dalla buona volontà sua e degli amici, coinvolgendo tanti uomini e donne che non sono del movimento. «Sono come due ali dello stesso uccello – cerca di spiegarmi –. Ma senza lo spirito di Chiara Lubich, lo spirito dell’unità, nulla potrebbe andare avanti».
Tre princìpi guidano Pacne: crescere come cristiani; crescere intellettualmente; crescere professionalmente. «Haiti – prosegue Wilfrid – è un Paese che vive di aiuti provenienti dall’esterno, ma ciò non basta nemmeno alla sopravvivenza. Bisogna riuscire a creare lavoro. Se ad Haiti l’85 per cento della popolazione non ha di che vivere, se l’analfabetismo raggiunge l’80 per cento della popolazione, se i giovani diplomati e laureati haitiani, una volta ottenuto il loro titolo di studio, vanno a fare i muratori e i braccianti nella vicina Repubblica Dominicana, bisogna cambiare le cose, provocare sviluppo endemico. Purtroppo le élites politiche bloccano tutto: il circolo vizioso va interrotto. Qui abbiamo avviato un gruppo di riflessione, animato da una forte fede».
Pacne
Poco alla volta Pacne comincia a influenzare anche le amministrazioni locali. La carica spirituale ricevuta dalla Parola di Vita vissuta incuriosisce i politici e guadagna una pertinenza sociale e politica. «Le nostre realizzazioni – mi spiega – sono un modo per mostrare anche ai politici che qualcosa si può cambiare». Come ad esempio la scolarizzazione: «Esistono famiglie con 12 figli in cui due soli vanno a scuola. Bisogna arrivare a sensibilizzare i genitori. Poi abbiamo finanziato delle borse di studio per permettere ai nostri figli di studiare a Port-au-Prince e in altre città del Paese e della Repubblica Dominicana. Sono ora quattordici, quasi tutti giovani che da ragazzi avevano beneficiato delle adozioni a distanza di Afn ‑ Azione per Famiglie Nuove. Ora, dopo 15 anni, cominciamo a raccogliere i frutti, e Pacne beneficia di questi giovani professionisti, anche perché nel loro contratto esiste l’accordo di dedicare il 25 per cento del loro tempo alla crescita sociale, sanitaria e culturale di Mont Organisé. Il loro esempio fa passare l’idea che uno sviluppo è possibile e alla portata di tutta la comunità».
Ciò vuol dire aprire depositi di medicinali, curare la potabilizzazione dell’acqua, lavorare contro il colera, fare stage di educazione igienica. Tutte iniziative nate dalle adozioni a distanza, che hanno visto il via nel 1997, un volano per lo sviluppo. Dei bambini adottati anni fa ora sono maestri. «Perché faccio questo? Perché i bambini hanno bisogno di essere seguiti, perché debbo redigere rendiconto dettagliati per Afn, perché ho una figlia disabile che ha bisogno di aiuto 24 ore su 24, perché diamo un tetto a persone sole, perché ci prendiamo cura di bambini che non hanno nessuno, perché non posso dimenticarmi dei miei fratelli, perché Dio mi ama e vuole che a mia volta io lo ami». Questo è Wilfrid.
“Il Centro”
Un po’ in disparte rispetto alla strada del villaggio di Savanette, si erge un edificio che ha dello spettacolare. Per la gente è semplicemente “Il Centro”, coloratissimo, armonioso, un orgoglio per l’intero paese e per la provincia. È in via di completamento: i colori sono straordinariamente felici. Sul cortile si affacciano edifici ordinati e puliti. Vengono ospitate famiglie e singoli che non hanno più una casa, un aiuto. Vengono selezionati attraverso un attento esame, per ricevere poi cibo e alloggio. «Quando una persona o una famiglia viene accettata – una ventina i nuclei familiari, una cinquantina di persone – si firma con loro un contratto, controfirmato dalle autorità locali, civili e religiose. Alcuni sono arrivati da Port-au-Prince dopo il terremoto».
Il centro in realtà funge da coordinamento delle attività della zona: dalle scuole alla distribuzione di viveri, dalle adozioni a distanza agli incontri di igiene familiare. Qui, in una sala ariosa da 250 persone, si riuniscono anche associazioni, giovani e fedeli.
In totale i bambini aiutati con le scuole sono 1069, più 131 ragazze in avviamento professionale. «Abbiamo preparato un piano di sviluppo per ogni scuola e per le sette scuole insieme. Bisogna che la gente si senta accompagnata, che l’orgoglio dell’appartenenza di popolo venga ritrovato. Ora c’è un progetto supplementare di 12 classi con biblioteca, servizi, un pozzo, una strada».
Continua Wilfried: «Qui c’è sempre qualcuno che si occupa di qualcun altro: è la logica dell’unità che non lascia solo nessuno». Certamente i momenti di condivisione legati alla Parola di vita sono i più importanti e partecipati, centinaia di persone ogni volta: «Il Vangelo è una forza spirituale, ma anche di sviluppo umano e sociale».
Le scuole
Saliamo sulle moto e via, la meta è a cinque chilometri più a Nord. Rimaniamo incantati dalla natura: la vegetazione tra siccità e inondazioni è ancora intensamente verde, spicca in modo prepotente tra il rosso della terra e il blu del cielo. Le collinette sono separate da vallicciole in fondo alle quali si estendono verdissime risaie, ognuna con il suo airone. Tante sono le capanne di fango e paglia.
La scuola che visitiamo si chiama Frères unis, fratelli uniti, un nome, un programma. Ospita 508 bambini e ragazzi, dai sei ai sedici anni. Appare d’improvviso, assieme al clamore degli allievi in ricreazione. Indossano tutti la stessa divisa verde e gialla, elegante. Le aule sono basse costruzioni in blocchetti di cemento e tetto in lamiera, ma siamo in un cantiere: viene edificata una scuola vera e propria, a due livelli, che farà la sua bella figura. Con maestri e allievi colgo la riconoscenza per quanti stanno permettendo loro di crescere culturalmente. Grazie al Wfp, ogni giorno viene distribuito un pasto completo a tutti gli allievi, spesso il loro solo cibo giornaliero. Le lezioni si volgono dalle 8.30 alle 13.30: tanti arrivano a scuola con due ore e più di cammino, un impegno gravoso. A ogni famiglia viene chiesta una piccola quota, ma se una non può provvedere, i bambini vengono comunque ammessi a scuola, magari facendo ricorso ai proventi del sostegno a distanza. Pulizia e serietà.
Passeggiata nella civiltà
Il sole scende e la giornata diventa un incanto. Ci concediamo una passeggiata vespertina nel borgo. Il mercato batte il suo pieno: una ventina di donne – sono sempre loro a guadagnare per la famiglia – vendono riso, manioca, qualche tubero bitorzoluto, bottiglie di birra calda. Accanto, una tettoia di lamiera protegge una turba di uomini che assistono a combattimenti di galli. Odori penetranti: sudore, urina e sterco.
Scendiamo quindi lungo la via che “è” il villaggio, accompagnati da un codazzo di bambini gioiosi come mai di poter fare qualcosa di diverso. Il sole si fa radente, illuminando le case di legno vecchio e impolverato, o tutt’uno con la polvere. I bambini giocano a pallone, con palle fatte col budello di qualche animale. Le donne si godono la frescura serale inalberando i loro trofei, i piccoli d’uomo e donna.
Entriamo nelle case – ordinate spazzate ingentilite –, si scambia qualche parola. La gente sorride sincera, nonostante miseria, intemperie e precarietà. “Nonostante” tutto. O forse “proprio” per tutto. Qui la natura è ancora l’elemento dominante, le relazioni sono dirette.
Si torna a casa con un’indecente serenità nel cuore. Indecente per i nostri cuori atrofizzati di europei opulenti. Nel cortile di Wilfrid sua figlia Adeline, afflitta da gravissime menomazioni fisiche e mentali, è circondata da tali naturali attenzioni – non affettate e non pietistiche, ma naturali e gratuite – che mi sale dal cuore una sola parola: civiltà.
Lo sviluppo endemico
Ci raggiungono Alide-Pierre, cinque figli, che, orfana a 12 anni, ha tirato su sette fratelli; è segretaria di Pacne, maestra e istruttrice sanitaria; Joseph Filusma, quattro figli e vicepresidente di Pacne; e l’onorevole Ronald Larèche, deputato della regione, che ci aveva accolti al minuscolo aeroporto di Cap Haïtien e che ora ci porterà con la sua fuoristrada fino alla frontiera di Ouanaminthe.
Alide-Pierre non si accontenta: «Stiamo cercando di creare un sistema di microcredito per le donne, perché bisogna incrementare lo sviluppo. Non bastano i soldi che arrivano da fuori; bisogna che il motore dell’economia si metta in moto». Joseph, invece, fa parte di una rete cooperativa agricola «che si cerca di incrementare con piccoli crediti e con un’adeguata istruzione agricola. Il lavoro dei campi è la principale risorsa che abbiamo, ma non sappiamo curare la nostra terra». Il deputato Larèche è un omone dagli occhi buoni. Ha preso a cuore Pacne e vuole aiutarla a realizzare i propri scopi: «Mi hanno affascinato non solo le idee di Wilfrid e dei suoi amici, ma soprattutto il loro modo di lavorare: sono esemplari e sono riusciti finora ad evitare ogni tipo di corruzione. Mont Organisé pone in loro le maggiori speranze: coniugare assieme ideali cristiani e sviluppo è una sfida che voglio raccogliere».
Michele Zanzucchi
Aiuto concreto
Grazie alla collaborazione tra Afn, Amu e Gmu – in accordo con PACNE – dopo il terremoto del gennaio 2010 è partita la costruzione di un centro per l’accoglienza di famiglie che non hanno più nulla, con:
· costruzione di 20 abitazioni;
· realizzazione di un pozzo per acqua potabile;
· formazione all’auto-sostentamento per preparare le persone ad avviare coltivazioni agricole e piccole attività artigianali;
· borse di studio universitarie;
· nuovi sostegni a distanza, per i bambini accolti nel centro.
giovaniperunmondounito.blogspot.com