Lorena tra passato e futuro
Mi trovavo all’estero ed ero anch’io un invitato al matrimonio che i genitori di Lorena avevano organizzato non badando a spese. Forse per dimostrare alla figlia di non essere più contrari alla sua scelta di un ragazzo che a loro non era mai andato a genio, non perché di un altro Paese, ma per i suoi modi da manager fanfarone.
Ero ancora in casa di parenti che mi ospitavano, quando arrivò la telefonata. Il matrimonio non ci sarebbe stato perché lo sposo non si era presentato. Raggiunsi la famiglia della sposa. Credo che la morte di qualcuno non avrebbe provocato la disperazione che trovai entrando in quella casa. Lorena non si sapeva in quale angolo si fosse nascosta. Il padre, mio amico, una persona conosciuta per la sua sicurezza e il suo buon senso, mi sembrò invecchiato di colpo. Non sapeva cosa dire. La madre gridava con voce afona: «Che possa morire la creatura che aspetti!», a cui il marito faceva eco: «Il figlio di un disgraziato!».
Difficile capirci qualcosa. Il fratello di Lorena, in disparte, mi confidò che Rudy sarebbe risultato affiliato alla mafia di un certo Paese e che non era quella la prima volta in cui veniva arrestato per traffico di droga. La polizia lo aveva fermato proprio mentre stava viaggiando per raggiungere la città della sposa. Il fatto, però, che nessuno dei parenti dello sposo fosse arrivato avrebbe potuto destare qualche sospetto. Uscii da quella casa come se mi allontanassi da una sala cinematografica dopo aver visto un film di Hitchcock.
Pensai con tristezza a Lorena. La ricordai quando, felice, mi aveva presentato il ragazzo. Il suo primo grande amore. La chiamai dopo qualche giorno col cellulare. Lei rispose. Aveva una voce logorata dalla disperazione. Non avvertivo rabbia ma sofferenza acuta, solitudine, incertezza. Mi raccontò quello che già sapevo e aggiunse di essere sicurissima che si trattasse di un errore. Le chiesi se aveva mai avuto qualche dubbio, se nel comportamento di Rudy avesse notato qualcosa di strano, di non chiaro. Lorena non mi rispose. Poi portò il discorso sulla creatura che sentiva crescere in lei, garanzia di un amore duraturo. Le chiesi cosa pensasse di fare; rispose che appena il padre si sarebbe calmato, lei sarebbe andata da Rudy.
Dopo due settimane mi arrivò una lettera da Lorena: «Tu non puoi capire. Anche se ora sono in un mare di angoscia, sento che il mio amore è capace di accogliere Rudy, anche se mi avesse ingannata. Come fai a non credere all’amore? Vedrai che l’avvocato sistemerà tutto. Eppure qualcosa dentro di me, improvvisamente mi terrorizza. Mi avrà mentito? No, non è possibile. È troppo vero il suo amore. La creatura che ci lega per sempre è la parte migliore di noi. Vivremo per lei. La notte non dormo tranquilla. Incubi tremendi mi soffocano. Mordo il cuscino. Non voglio che i miei sappiano che sono sull’orlo del crollo totale. Mia madre è accanto a me. Da quel giorno è crollata, non ha detto una parola. Mio padre è più preoccupato della vergogna che ha distrutto la sua famiglia che di me. Non so cosa dirti. Mi sento ai margini della vita. Voglio che la nostra creatura sia il fiore più bello di tutta la nostra famiglia».
In occasione di un viaggio all’estero rivedo Lorena. Il bambino è la copia del padre. Lorena ha profonde e scure occhiaie che la rendono ancora più misteriosa e bella. Ci appartiamo quando la nonna prende il bambino per farlo giocare. «Vorrai sapere come va, vero? Rudy è venuto a conoscere il piccolo quando aveva cinque mesi. Piangeva, forse di gioia. Non so cosa mi sia capitato ma dietro quegli occhi ho visto un abisso di vuoto. Lo stesso vuoto che aveva seminato nel mio cuore e che in questi mesi ha invaso tutta la mia vita. Mentre teneva il piccolo in braccio osservavo quell’uomo: lo sentivo un estraneo, come un terribile, infausto predone. Sì, la colpa era stata anche mia. Ma è una colpa credere all’amore? È colpa credere che l’amore riscatti un disgraziato? Ci avevo creduto e questo è stato l’errore. Rudy mi aveva detto qualcosa del suo passato, ma credevamo insieme che l’amore ci avrebbe salvati. Degli amici poi mi avevano portato a conoscenza di nuovi particolari che Rudy mi aveva taciuto e che giorno dopo giorno avevano alimentato in me rabbia e dolore, cancellando pezzo dopo pezzo tutti i colori del sogno, sopprimendo la speranza di un futuro insieme. Ma il vero dramma fu accorgermi che neanche per Rudy esisteva ormai un progetto. Lui non parlò di futuro. L’unica cosa che gli interessava era il cognome da dare al figlio, che ha il mio cognome, perché così avrebbe avuto dei diritti. Niente del nostro passato aveva un legame con la realtà. Parlava soltanto di diritti. È stato penoso vedere che non avevamo più niente da dirci. In quel momento la vita mi è sembrata una macabra trappola. Accanto a questo bambino che chiede amore, l’unica mia speranza è che io possa crescere assieme a lui».
Lorena si alza per andare a vedere dov’è il bambino. Molto magra, un po’ trascurata nel vestito come mai l’avevo vista, capelli poco curati, mi dà l’impressione di una donna senza passato e protesa verso un futuro che non intravede ancora. Quando il bambino, vacillando, va a buttarsi felice nelle braccia della madre, sul volto di Lorena appare finalmente un sorriso. Ogni tristezza è cancellata in me e in lei.