L’Orchestra Giovanile Italiana

Diretta dall'americano John Axelrod entusiasma il pubblico romano al Parco della Musica con pezzi tradizionali e non solo
John Axelrod dirige l'Orchestra Giovanile Italiana

L’ha fondata Piero Farulli, grande musicista, all’interno della Scuola di Musica di Fiesole, trent’anni fa. Tenuta a battesimo da Muti, ha girato l’Italia e il mondo, inciso dischi, ed è stata diretta da fior di personaggi come Abbado, Berio, Ferro, Gatti, Giulini, Metha, Sinopoli e Tate. Questo, tanto per fare alcuni nomi.

La si è ascoltata venerdì sera a Roma, al Parco della Musica, in pezzi di repertorio come  la Sinfonia “Dal nuovo mondo” di Dvoràk e la "Quarta" di Ciaikowski, insieme a due brani “americani” contemporanei, cioè "Fanfare for the Common Man" di Copland e "For the Uncommon Woman" di Tower.

Ovviamente, l’attenzione del pubblico era incentrata sui brani tradizionali. Bisogna dire che i solisti dell’orchestra – oboe,  clarinetto e fagotto in particolare – sono di qualità notevole e la stessa compagine, formata da giovani di tutto il mondo, se ben diretta, offre una prestazione che sfiora l’eccellenza. Questi giovani sono precisi, hanno senso del ritmo, lavorano tenacemente e consumano energie: basta vedere gli archi ad esempio come affondano gli archetti sulle corde. Ed hanno fiato da vendere, come fanno notare gli ottoni dal suono gigantesco.

Certo, l’importanza del direttore è fondamentale. L’americano John Axelrod è vivace, estroverso al massimo, segmenta con gesti drastici il tempo, solleva  ondate di suono, specie in Dvoràk, privilegiando gli ottoni a scapito della massa degli archi. E qualche squilibrio si nota. Dvoràk non è solo un trionfalista entusiasta dell’America, ma sfuma sussurri notturni, nostalgie con finezza tutta europea, da Europa sinfonica di fine Ottocento.

Meglio in Ciaikowski, perché qui gli archi possono cantare e piangere, drammatizzare e sorridere come sa fare il “fanciullo di vetro” che è il musicista russo. Se il direttore li lasciasse cantare di più, sarebbe ancor meglio. Ecco, questi ragazzi basterebbe “lasciarli suonare”, come diceva un vecchio leone della direzione d’orchestra dei tempi andati. Perché sono bravi, impegnati e  ardenti. E suonano una gran bella musica. Pubblico entusiasta per un’orchestra  generosa.

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