L’«ora della verità»
Carissime,
questa volta vi presento un altro strumento tipico e utile alla spiritualità collettiva, senz’altro il più impegnativo e il più difficile per il nostro uomo vecchio. Ma, data la misura con la quale vogliamo amare il prossimo: fino a dare la vita, penso che sia anche attuabile.
Si tratta dell’«ora della verità».
Essa, anche se abbastanza diversa, ricorda una pratica che si riscontrava fra i primi cristiani i quali, desiderosi di perfezione per mantenersi alla sequela di Gesù, ed amanti dei fratelli nei quali avevano piena fiducia, arrivavano persino a volte a confessare l’uno all’altro i propri peccati.
Qui si tratta di tutt’altra cosa. I peccati noi li diciamo ai confessori, ma, per la carità che pure noi nutriamo per i nostri simili, e per il desiderio di contribuire a santificare con noi anche loro, ci impegniamo ad offrire ad essi, con amore, quanto possiamo osservare in loro di negativo e di positivo.
È una pratica esigente, ma serve molto al Santo Viaggio.
Nel Movimento si era soliti attuarla sin dai primi tempi e ne abbiamo tuttora un’impressione assai bella.
Il fatto è che un fratello può essere veramente utile all’altro, così come una mano sa lavare l’altra. Ricordo a tale proposito un proverbio africano che dice che il fratello è come un occhio che abbiamo dietro la testa. E ciò sta a significare che il fratello vede dove noi non vediamo.
Occorrerà radunarsi in un gruppo non troppo numeroso, secondo le varie vocazioni dell’Opera.
Perché porti i suoi frutti, occorrerà avere un po’ di tempo a disposizione e agire con calma.
Dovrà essere presente un responsabile come moderatore per confermare o correggere quanto viene detto.
Sarà bene prima di ogni altra cosa rinnovare il Patto fra tutti, perché tutto si svolga solo nell’amore pieno.
E con che animo occorrerà che si disponga chi viene sottomesso al fraterno giudizio degli altri? Col pensiero di essere sempre un servo inutile e infedele (cf. Lc 17, 10), di essere nulla, perché tale è ognuno dinanzi a Dio. Così né si turberà né si esalterà per tutto quanto viene detto.
Si tirerà poi a sorte uno del gruppo. E, sotto la guida del moderatore, ogni fratello dirà di quello scelto qualche difetto, qualche imperfezione, qualche neo che gli sembrerà d’aver riscontrato in lui. Rifacendo poi il giro, ognuno dirà pure qualche virtù, qualche pregio che avrà potuto osservare.
Alla fine – questa la nostra continua costatazione – tutti sono invasi da una grande gioia e non si sa perché. È, forse, l’esperienza della libertà cristiana; l’attuazione della Parola: «La verità vi farà liberi» (Gv 8, 32).
Ma quando e come si fa «l’ora della verità»?
Sarà bene farla una volta ogni tanto. Ad esempio due volte all’anno o, per chi è più impegnato nel Movimento, una volta al mese.
Può tenersi durante un ritiro o un convegno.
È, l’«ora della verità», una specie di cosmesi spirituale. E come quando, applicando il cosmetico su un volto, esso toglie le impurità e rende morbida ed elastica la pelle e dà un senso di benessere, qualcosa di simile succede per le nostre anime.
L’«ora della verità» è una vera benedizione nella nostra corsa verso la santità. Vediamo, al momento opportuno, di praticarla con gioia. Dio ama chi dà con gioia (cf. 2 Cor 9, 7).
Contemporaneamente in questo mese viviamo la Parola di vita di dicembre. Essa dice: «Prego che la vostra carità si arricchisca sempre più in conoscenza e in ogni forma di discernimento, perché possiate distinguere sempre il meglio» (Fil 1, 9-10). È un invito alla carità, cioè all’amore di Dio, al fare la volontà di Dio – comprendente anche l’amore del prossimo -, volontà di Dio che dovremo cercare di conoscere sempre più in profondità per compierla meglio.
Avanti, allora: «Santi insieme» a tutti i costi, senza la minima paura.
C. Lubich, L’«ora della verità», in Santità di popolo, Città Nuova, Roma 2011, pp. 31-33.