L’ora della verità
Tace la musica, piazza Duomo è deserta, ora si vota.
“Di campagne elettorali ne abbiamo viste tante, ma negli ultimi vent’anni mai si era scivolati tanto in basso, nel mercanteggiamento, nelle promesse e nell’aggressività. Accuse, polemiche, scontri aperti tra leader e candidati di per sé non sono una novità”. Così scrive il vice direttore del quotidiano di via Solferino Giangiacomo Schiavi a proposito del clima che si respirava nella Milano del pre-ballottaggio.
In queste due settimane abbiamo visto e letto di tutto e tutto davvero nauseabondo. Dalla Procura come le Br, alle false accuse in tv, a zingaropoli, a Milano come Stalingrado. Pisapia dipinto come un matto, le pernacchie, la gente all’ospedale, il clima da guerra civile, la sanatoria delle multe, l’abbandono dell’Ecopass… “Siamo a Milano o a Gotham city?”, si domandava ancora Schiavi.
Ci voleva anche la favola dei ministeri al Nord, per aggiungere confusione al caos, insensatezze a un dibattito che sembra una presa in giro per i milanesi. “E tutto da una parte sola, dopo che Giuliano Pisapia, un candidato normale di un paese normale, al primo turno ha vinto con quasi sette punti di distacco sul sindaco uscente”. Che così facendo il centrodestra si sia fatto danno i milanesi lo hanno dimostrato alle urne.
“Vogliamo capire che Milano sarà, se è possibile”, parlottano tra di loro in gruppo, gli ex operai della Marelli di Sesto, volti da vecchi falcemartello convinti. Una città moderna, colta, internazionale, capace di coniugare il liberalismo con il riformismo, le idee con i fatti. “Bisogna tutti recuperare un po’ di dignità”.
“Il gesto da cui ripartire”, ha scritto un quotidiano dopo la stretta di mano tra i due candidati avvenuta nel giardino dedicato a Falcone e Borsellino, ricordando i 19 anni della loro morte. E lo stesso quotidiano si augurava che da lì iniziasse l’ultimo miglio della campagna elettorale, per discutere seriamente delle due proposte di governo, quella conosciuta di Letizia Moratti e quella nuova di Giuliano Pisapia, riportando la sfida sui programmi e sulla concretezza delle proposte per la città, nella legittimità di uno scontro che non doveva sconfinare nell’imbarbarimento.
L’insulto non paga. È per questo che il presidente della Regione Formigoni ha invitato il sindaco a non sbagliare i toni, mentre il presidente di Mediaset, Fedele Confalonieri («Tifo Moratti ma sono pronto ad accettare Pisapia»), stempera il clima. Ora Piazza Duomo è deserta, tace la musica che ha infiammato ieri la serata per Pisapia, mentre ha taciuto prima Gigi D’Alessio per chissà quale maledetto inghippo. Il volto della Moratti è sorridente sui manifesti di Corso Sempione, sotto i quali due signore dicono che votarla è scegliere il meno peggio.