L’ora della concordia

Il dopo-Berlusconi è già cominciato. Immediatamente dopo l’atto formale di dimissioni. Impegnativo per tutti, nessuno escluso
Napolitano Berlusconi

Le immagini della “festa” sotto il Palazzo del Quirinale e dinanzi a Palazzo Grazioli hanno fatto il giro del mondo. Baci e abbracci, slogan più o meno goliardici, talvolta cattivi. Comprensibile che nella disputa politica si giunga a momenti in cui il tappo salta dopo che la bottiglia di spumante è stata agitata troppo a lungo. Nei fatti mezza Italia festeggia e mezza no. O forse un terzo festeggia, un terzo mantiene un atteggiamento riservato e concede l’onore delle armi, un terzo cova amarezza e propositi di vendetta.

 

Ma ora, che lo si voglia o no, è il tempo della concordia e della decisione. La situazione italiana ed europea è tale che non possiamo permetterci nemmeno un minuto di dilazione nel nostro impegno. È l’ora della responsabilità, di tutti. E quindi della gente di sinistra che dovrà accettare di sedere allo stesso governo con i “nemici” del Pdl, e questi ultimi che dovranno al contrario condividere le scelte con coloro che fino a poco tempo fa erano chiamati “veterocomunisti”.

 

Vista così la situazione sembrerebbe ingestibile. Troppi mal di pancia, troppe pastiglie amare da ingoiare. Ma sia da una parte che dall’altra c’è gente che crede ancora che la politica non è solo scontro di titani per la conquista del potere, ma luogo privilegiato per la scelta e l’edificazione del bene comune. Su questa gente, attorno al presidente Napolitano e a Mario Monti, si potrà forse basarsi per ricostruire un’Italia più sana economicamente e più giusta eticamente.

 

L’abolizione dei privilegi evocata dal futuro primo ministro è impegno che fa ben sperare per misure economiche drastiche ma eque, in cui ognuno possa contribuire anche con i propri gioielli al bene comune, ma in misura della propria ricchezza e del proprio potere. Solo a queste condizioni il tentativo di Mario Monti andrà a buon fine e potremo tirarci fuori dal pantano del debito pubblico. Perché mettere assieme un Paese uscito più che diviso dall’ultima stagione del berlusconismo è impresa quasi disperata. Ma necessaria.

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