L’oppositore «storico» Etienne Tshisekedi è morto
Etienne Tshisekedi aveva lasciato la Repubblica Democratica del Congo (Rdc) già nel 2014 per ragioni di salute, e aveva trascorso due anni di convalescenza in Belgio. Rientrato in patria a luglio 2016, aveva denunciato ferocemente la permanenza di Kabila alla presidenza oltre il mese di dicembre, bollandola come violazione della Costituzione.
Nato il 14 dicembre 1932 a Kananga, nel centro del Paese, l’oppositore storico fu inizialmente uno dei « baroni » del «mobutismo» (in riferimento alla dittatura del maresciallo Mobutu Sese Seko, che ha governato il Paese fino al 1997). Nel 196 diventatò uno dei primi giuristi dell’università di Kinshasa. Accolse con favore il primo colpo di Stato di Mobutu, diventando ministro dell’Interno dopo il secondo golpe. Nel 1967 partecipò anche alla creazione del Movimento Popolare della Rivoluzione (MPR) di Mobutu.
L’oppositore storico
Ma alla fine degli anni Settanta Tshisekedi cambiò fronte. Nel 1980 firmò una lettera contro il regime insieme a dodici parlamentari, e la sua carriera politica pree un nuovo corso. Due anni più tardi fondò il suo partito, l’Unione per la Democrazia e il Progresso Sociale (UDPS).
Le sue denunce di violazioni dei diritti umani gli valsero pedinamenti e arresti per mano di Mobutu che lo considerava un «amareggiato», nostalgico dei privilegi di ministro e di ambasciatore di cui aveva goduto un tempo.
Fu il primo uomo politico a definire publicamente «un dittatore» il vecchio presidente Mobutu. Serviva una buona dose di coraggio per farlo all’inizio degli anni Ottanta, quando il partito unico era il solo ad avere il potere e le voci dissidenti venivano ridotte al silenzio.
Nel 1992 Etienne Tshisekedi fu eletto primo ministro di Mobutu, ma la cosa non durò che pochi mesi. Anche dopo la caduta di Mobutu nel 1997 rimase all’opposizione sotto il regime del suo successore Laurent-Désiré Kabila (padre dell’attuale Capo di Stato congolese). Il capo dell’UDps aveva fortemente criticato la presenza sul suolo congolese di soldati stranieri che avevano portato Kabila al potere nel maggio del 1997, cosa che gli valse gli strali del regime.
Tshisekedi boicottò le elezioni presidenziali del 2006 in quanto «i giochi erano già stati fatti»: era stata cioè messa in moto la macchina per assicurare la vittoria di Joseph Kabila, al potere dal 2001, dopo la morte di suo padre Laurent-Désiré. Partecipò invece alle presidenziali del 2011 arrivando secondo, dietro – ufficialmente – a Joseph Kabila. Un anno più tardi, la missione di osservatori dell’Unione Europea mise in dubbio la regolarità della consultazione.
Avendo sempre rifiutato la via delle armi in un Paese attraversato la numerose ribellioni sin dall’indipendenza, Tshisekedi sapeva usare meglio di chiunque altro la mobilitazione popolare per scuotere i regimi. La sua contestazione di quello di Joseph Kabila portò alla firma di un accordo politico finalizzato a dare il via ad un processo di transizione politica fino all’indizione di una nuova consultazione elettorale prevista a fine anno.
A 84 anni, visibilmente provato, il vecchio oppositore ha finito per accettare il dialogo sotto l’egida della Chiesa cattolica congolese e con gli strateghi di Ksbila, il cui secondo e ultimo mandato si è concluso il 19 dicembre 2016.
Tshisekedi muore in un momento di intense negoziazioni politiche in vista dell’avvio di un regime di transizione in seguito alla permanenza al potere di Joseph Kabila.
Non è mai riuscito, alla fine, a conquistare il potere ; ma con la sua morte l’opposizione congolese è più debole che mai. «È caduto un baobab », ha affermato Albert Moleka, il direttore della sua squadra nella campagna elettorale del 2011. « Il baobab vi protegge sia dalla pioggia che dal sole…le persone come lui non possono essere sostituite» ha aggiunto.