L’opinione. Il Sinodo è tempo di conversione

Il papa ha chiamato tutta la Chiesa alla preghiera, all’ascolto del Vangelo e dei poveri, per comprendere meglio il mistero di Gesù crocifisso, al cuore delle fatiche delle famiglie, in particolare di quelle più ferite, più abbandonate alle periferie del mondo.
Una coppia davanti san pietro

In piazza San Pietro si invoca il dono della conversione e della penitenza, per rendere docili al soffio dello Spirito i cuori di tutti, in particolare dei padri e dei fratelli sinodali. Nel passato talvolta si è usata la famiglia per fare patti politici e per fare cadere governi. Oggi si cerca il Vangelo e il volto di Gesù per portare alle famiglie più ferite e più provate il Vangelo della misericordia e della tenerezza di Dio, senza escludere il dolore di nessuno.

In questo rovesciamento sta la chiamata di tutta la Chiesa a vivere la forma del Vangelo, chiedendo perdono della tentazione del potere che spinge i potenti religiosi di ogni tempo a umiliare il corpo e il cuore di chi è ferito, senza cercare il Vangelo, ma puntando a un disegno di occupazione della società.

Ha detto papa Francesco nella grande preghiera: «Per ricercare ciò che oggi il Signore chiede alla sua Chiesa, dobbiamo prestare orecchio ai battiti e percepire l’odore degli uomini di oggi, fino a restare impregnati delle loro gioie e speranze, delle loro tristezze e angosce: a quel punto sapremo proporre con credibilità la buona notizia sulla famiglia».

Ecco il punto: è necessario l’ascolto della storia e delle famiglie nella storia, soprattutto delle famiglie segnate dalla piaghe della violenza, sia al loro interno che al loro esterno. Dunque, ascoltare il dolore.

Così ancora papa Francesco, all’inizio della sua meditazione, descrive i provati del mondo: «Quante persone trascinano le giornate nel vicolo cieco della rassegnazione, dell’abbandono, se non del rancore: in quante case è venuto meno il vino della gioia e quindi il sapore, la sapienza stessa della vita».

Di fronte a questo la strada non è la porta larga, che fa sconti o la porta rigida, che si rinchiude nei principi. Ma la porta vera è quella stretta e cioè il Vangelo, la fede nel Vangelo, la fede nel Signore. Ecco la pietra scartata dai costruttori che è divenuta testata di angolo. Il Vangelo di Gesù è la pietra che costruisce l’edificio.

Il papa insiste su questo punto: «Conosciamo, infatti, come nel Vangelo ci siano una forza e una tenerezza capaci di vincere ciò che crea infelicità e violenza. Sì, nel Vangelo c’è la salvezza che colma i bisogni più profondi dell’uomo. Di questa salvezza – opera della misericordia di Dio e sua grazia – come Chiesa siamo segno e strumento, sacramento vivo ed efficace. Se così non fosse, il nostro edificio resterebbe solo un castello di carte e i pastori si ridurrebbero a chierici di Stato, sulle cui labbra il popolo cercherebbe invano la freschezza e il profumo del Vangelo».

Senza il primato del Vangelo, senza la ricerca del Vangelo e nient’altro, tutto perde consistenza, diventa come sabbia al vento, anche e soprattutto i disegni politici apparentemente più raffinati.

E papa Francesco ricorda che se vogliamo rispondere alle sfide del mondo, «la condizione decisiva è mantenere fisso lo sguardo su Gesù Cristo, sostare nella contemplazione e nella adorazione del suo volto. Se assumeremo il suo modo di pensare, di vivere, di relazionarsi, non faticheremo a tradurre il lavoro sinodale in indicazioni e percorsi per la pastorale della persona e della famiglia. Infatti, ogni volta che torniamo alla fonte della esperienza cristiana si aprono strade nuove e possibilità impensate».

La questione non è la famiglia, ma il Vangelo di Gesù. La sua presenza al cuore della Chiesa, il suo essere lumen gentium e lumen ecclesiae. Una presenza che forma la Chiesa, che la plasma come il vasaio plasma il suo vaso. A questo ci conduce papa Francesco: «Il nostro ascolto e il nostro confronto sulla famiglia, amata con lo sguardo di Cristo, diventeranno una occasione provvidenziale con cui rinnovare – sull’esempio di san Francesco – la Chiesa e la società. Con la gioia del Vangelo ritroveremo il passo di una Chiesa riconciliata e misericordiosa, povera e amica dei poveri, una Chiesa in grado di vincere con pazienza e amore le afflizioni e le difficoltà, che le vengono sia da dentro che da fuori».

Le ultime frasi le ritroviamo nella Lumen gentium al n.8, laddove si parla per tre volte della corrispondenza tra il mistero del Cristo povero e il mistero della povertà della Chiesa. Lo stesso orizzonte evangelico noi lo ritroviamo nella omelia della messa di inaugurazione del Sinodo. Egli ha subito ricordato, commentando la parabola dei vignaioli omicidi, che le assemblee sinodali non servono per discutere idee belle e originali, o per vedere chi è più intelligente. Servono per coltivare e custodire la vigna del Signore.

La critica del papa si fa severa: esistono però contadini che «per cupidigia e superbia, non fanno il loro lavoro, ma pensano ai loro interessi e così la vigna produce acini acerbi e provoca spargimento di sangue e grida di oppressi, invece di giustizia e di rettitudine. Cupidigia di denaro e di potere. E per saziare questa cupidigia i cattivi pastori caricano sulla spalle della gente pesi insopportabili, che loro non muovono neppure con un dito».

Noi abbiamo visto in questi anni cattivi pastori strumentalizzare per fini di parte la questione delle famiglie. In questo modo hanno fatto cattiva politica e al tempo stesso hanno velato il volto del Dio ricco di misericordia, lasciando sulle spalle di molti pesi insopportabili e impedendo alla speranza di germogliare.

La vera questione non è l’etica, non è la pastorale, non sono i principi, ma la fede nel Vangelo e nel Gesù crocifisso e risorto. Questa è la fonte e il culmine di ogni vita cristiana. Non i libri, non i saggi, non le dotte o astute discussioni, ma la sovrabbondanza di grazia cambia il cuore e la vita di molti, in particolare i poveri, le famiglie povere, come quella di Betlemme, di Nazareth e del Calvario.

Il realismo evangelico porta a discernere le tentazioni che attraversano la vita della Chiesa, la vita cristiana e la vita dei pastori e anche il Sinodo avrà il suo compimento secondo il Vangelo, se sarà per tutta la Chiesa un tempo di purificazione e di conversione. Un Sinodo in cui si parli liberamente e fraternamente. Per questo non occorre stampare libri all’ultimo momento, per avere l’ultima parola.

Solo una Chiesa formata dal Vangelo sarà una Chiesa della misericordia e una Chiesa povera, dei poveri, per i poveri e in questo processo di conversione e di purificazione le famiglie, nelle loro contraddizioni, ferite e drammi, sperimenteranno la venuta di Gesù per guarire le ferite di tutti. La Chiesa è chiamata ad essere segno e strumento di questa visita di Dio per guarire le nostre ferite e le nostre piaghe. E questo Sinodo è il tempo favorevole.

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