Il premio delle Nazioni unite è andato al vescovo emerito di Torit, Paride Taban, per l'impegno profuso nella creazione dell'Holy Trinity Peace Village di Kuron, per la convivenza pacifica delle tribu locali
In questi giorni monsignor Paride Taban, il vescovo emerito di Torit, Sud Sudan, ha ricevuto il premio dell’Onu per la pace, assegnato dalla Fondazione Sergio Vieira de Mello, istituita in ricordo del diplomatico brasiliano che nel 2003, dopo trentaquattro anni di servizio presso le Nazioni Unite, rimase ucciso in un attacco da parte di un kamikaze a Baghdad. Il riconoscimento è assegnato a personalità che si sono distinte nell’ambito della costruzione e promozione di progetti alternativi di pace o di soluzione di conflitti.
Mons. Taban è stato, e continua ad essere, un protagonista di primissimo piano nella dolorosa vicenda che ha portato alla fondazione del Sud Sudan e alla sua indipendenza dal governo di Karthum. Lo dimostra il Kuron Peace Village, un’esperienza di integrazione che si trova nello stato sudanese dell’Equatoria Orientale. Si tratta di un esperimento pilota, che vuole essere un modello di convivenza e integrazione sociale in un mondo che ha conosciuto da due decenni solo violenze di ogni tipo. L’idea maturò nei primi anni Novanta, dopo che il vescovo aveva fatto visita ad altre comunità di pace già esistenti. Fra queste Neve Shalom/wahat al-salem in Israele, un villaggio modello in cui convivono ebrei e arabi con amministrazione e gestione pienamente condivisa. Il vescovo era rimasto impressionato anche da altre esperienze, ma il suo desiderio era quello di dar vita a qualcosa di tipicamente sudanese.
Con il progetto di costruire un villaggio modello per la coesistenza pacifica, mons. Taban chiese alla Santa Sede il permesso di un pensionamento prima del compimento del settantacinquesimo anno di età, come previsto dalle norme canoniche. L’accettazione ufficiale venne solo nel 2004, ma il vescovo, già nel 1996, aveva trovato una villaggio che potenzialmente pareva offrire l’ubicazione ideale per la realizzazione del progetto. Tre anni più tardi diede inizio a una fase dimostrativa nei pressi del fiume Kuron, dove le principali tribù locali (i Toposa, Jie, Murle, Kachipo, Buya, Nyangatom ed altri), che da sempre si scontravano per le loro greggi e mandrie, potevano essere educate alla coltivazione dei campi per la produzione di frutta e verdura. Introdurre metodi di coltivazione che potessero sostituire la tradizionale pastorizia ha significato cambiare la natura di queste comunità. Proprio questa trasformazione, era la speranza del progetto, poteva essere la chiave di soluzione di conflitti e dei problemi ad essi connessi, compresa la povertà endemica della zona.
Con l’aiuto di collaboratori olandesi, ingegneri militari in pensione, nel 2000 si è realizzato un ponte che ha permesso un maggiore accesso alla zona dell’alto Nilo. In quel periodo 81 famiglie composte da 160 uomini e 159 donne decisero di trasferirsi attorno alla zona del ponte. Tale processo di migrazione e stanziamento ha dato al vescovo la possibilità di fondare l’Holy Trinity Peace Village in Kuron. Le famiglie si sono impegnate a costituire le loro abitazioni come punti di pace. Oggi i Toposa, i Koroma e i Murle non sono più “nyemoit”, nemici, ma “lepai”, amici: questo il grande risultato della scommessa di Mons. Taban.
L’agenzia Misna ha raggiunto Mons. Taban prima della sua partenza per Ginevra dove il 1 marzo si è svolta la cerimonia per l’assegnazione del premio. Mons. Taban non ha nascosto la sua sorpresa, ma anche commentato: «Più tardi però ci ho ripensato: del bene in questo mondo ci si accorge sempre». Ovviamente, l’assegnazione è un’occasione d’oro per riportare in primo piano la situazione del Sud Sudan e per mettere in evidenza un tentativo, fino ad oggi pienamente riuscito, di creare «un’oasi di pace dove persone di diverse tribù, credo religiosi, culture e comunità vivessero insieme in armonia e dignità». La metodologia di soluzione dei conflitti tribali e sociali è quello di assicurare «l’istruzione, l’assistenza sanitaria, la sicurezza alimentare, la cura spirituale e pastorale» e di motivare la comunità al rispetto della legge e dell’ordine pubblico.
«Lo sviluppo significa pace» afferma con chiarezza il vescovo, che si è dichiarato ottimista anche sul futuro del nuovo stato dove le difficoltà attuali, ha sottolineato Mons. Taban, «sono il risultato di due decenni di guerra durante i quali la cultura della violenza è penetrata a fondo, determinando alcune delle situazioni traumatiche di oggi». Ciò che fa sperare per gli anni avvenire è il fatto che «nonostante tutti i problemi il Sud Sudan è riuscito a superare le tentazioni di una nuova guerra con il Sudan e per risolvere i conflitti si è impegnato a utilizzare solo mezzi pacifici».
Mons. Taban ha avuto anche un suggerimento per le autorità del nuovo stato: «Il mio consiglio, a chi governa ma non solo a chi governa, è seguire la visione di John Garang de Mabior quando disse: "Portate lo sviluppo delle città nelle campagne invece di far migrare i contadini nei centri urbani"».
L’Holy Trinity Peace Village in Kuron si presenta, quindi, come un esperimento di sviluppo sociale, assistenza medica e istruzione scolastica che mira alla pace, attraverso l’integrazione sociale. Lo ha sottolineato anche Laurent Vieira de Mello, il figlio del diplomatico brasiliano che presiede la Fondazione: «Il fatto che oggi Kuron sia visto come un esempio di riconciliazione e pace incoraggerà altre comunità a seguire un approccio simile in altre aree di conflitto in Sud Sudan e non solo».