Lontano dal Sole

Verso altre stelle e sistemi planetari. In cerca di Super Terre adatte alla vita.
Sole

Il 12 aprile 1961 Jurij Alekseevic Gagarin, primo uomo nella storia, lasciò la Terra, culla dell’umanità. A bordo della navicella Vostok orbitò intorno al nostro pianeta per “ben” 88 minuti, allontanandosi fino a 302 chilometri di altezza. L’impatto sull’opinione pubblica fu enorme e la sua espressione – «È bellissima la Terra» – fece il giro del mondo: era il primo uomo che osservava il nostro pianeta dallo spazio. Uomo e astronauta dal grande cuore: sette anni dopo, per evitare che il suo aereo in avaria cadesse sulle case, non si lanciò col paracadute e morì nell’incidente.

 

Messaggeri del genere umano

 

A cinquanta anni dalla missione di Gagarin, l’ultimo recente balzo avanti nell’esplorazione spaziale è passato, invece, quasi inosservato. La sonda spaziale Voyager 1, partita nel lontano 1977, dopo aver viaggiato per più di 17 miliardi di chilometri alla velocità di 60 mila chilometri orari, è ormai arrivata agli estremi confini del Sistema solare, il punto più lontano dalla Terra mai toccato da un oggetto artificiale fabbricato dall’uomo. Oltre questo punto, il Sole con la sua attrazione gravitazionale non influenza più la navicella che si addentra quindi, messaggera del genere umano, nei solitari spazi interstellari. Un successo superiore alle aspettative per la missione che negli anni ci ha già regalato immagini ravvicinate di Giove, Saturno, Urano, Nettuno e Plutone. Gli apparati di trasmissione dovrebbero funzionare fino al 2025, poi sarà il silenzio. Tra quarantamila anni Voyager 1 incontrerà la sua prima stella diversa dal Sole, mentre Voyager 2, la gemella che la segue su un’altra rotta, si dirigerà verso Sirio.

 

Ma quarantamila anni sono troppi. Non possiamo aspettare tanto, e visto che non siamo ancora in grado di viaggiare istantaneamente da un capo all’altro della nostra galassia, possiamo almeno osservare, con i potenti telescopi di cui disponiamo a terra e nello spazio, se intorno ad altre stelle ci sono pianeti simili alla Terra. Perché la vera domanda di sottofondo all’esplorazione spaziale è sempre la stessa: siamo davvero soli nell’immensità dell’universo o da qualche parte ci sono forme di vita, magari altre civiltà, che attendono solo di entrare in contatto con noi?

 

Cacciatori di esopianeti

 

Finora di queste ipotesi si è occupata soprattutto la fantascienza, ma da circa quindici anni l’astronomia ha rivoluzionato le previsioni, “scoprendo” in successione veloce un numero impressionante di pianeti che ruotano intorno a stelle lontane. Sono già 500 i possibili candidati e crescono velocemente. Si chiamano “esopianeti”, cioè corpi orbitanti intorno ad una stella diversa dal Sole. Naturalmente non è per niente facile vederli, perché non emettono luce; infatti per secoli si è dubitato della loro esistenza. Oggi però siamo in grado di rivelare la loro presenza osservando la stella intorno a cui ruotano: se questa mostra delle perturbazioni nell’orbita o variazioni regolari nella luminosità, “salti di luce” come li chiama qualcuno, allora si può ipotizzare la presenza di un pianeta orbitante. Ci si arma di pazienza e, combinando anno dopo anno i dati dei telescopi spaziali con quelli terrestri, si riesce a risalire alla massa presunta del pianeta ed alla sua distanza dalla stella. Il telescopio Kepler della Nasa, in orbita da due anni intorno al Sole, è un cacciatore di esopianeti: controllando simultaneamente 160 mila stelle della nostra galassia, ha già scovato un paio di centinaia di candidati, forse simili alla Terra. Per gli appassionati che vogliono seguire la caccia giorno per giorno, c’è un apposito sito (exoplanet.eu/catalog.php) e una App (Exoplanet) per cellulari di ultima generazione.

 

Super Terre

 

Il bello è che non si trovano solo singoli pianeti: sono già stati individuati almeno cinquanta veri e propri sistemi planetari. L’ultimo, scoperto proprio da Kepler, è un piccolo gruppo di sei pianeti che ruota intorno ad una stella a duemila anni luce dalla Terra. Insomma, sembra ormai chiaro che nella nostra galassia, la Via lattea, sistemi planetari come il nostro sono molto più comuni di quello che si pensava. Il problema successivo è capire se i singoli pianeti sono adatti alla vita, cioè se sono alla giusta distanza dalla stella per non essere troppo caldi o troppo freddi, se hanno un’atmosfera, se c’è presenza di acqua, se c’è dinamica tettonica, se non sono troppo gassosi (come Giove) o inerti (come Marte) e così via. Grazie alla potenza di calcolo degli odierni supercomputer, si moltiplicano i modelli e le simulazioni sofisticate che mostrano quali siano le caratteristiche geofisiche ottimali. Il risultato è che la nostra Terra risulta appena sufficiente, come voto prenderebbe un “sei” stiracchiato. Molto meglio i pianeti rocciosi di massa più grande: le cosiddette Super Terre. È su queste che si concentra soprattutto la ricerca. La svolta sarà nel 2014, quando entrerà in funzione il nuovo potente telescopio spaziale James Webb, che sostituirà Hubble: uno dei suoi compiti sarà proprio scrutare l’atmosfera delle Super Terre più vicine per scoprire eventuali tracce di vita.

 

Entusiasmo

 

Qualcuno a questo punto si chiederà: ma chi ce lo fa fare? Come diceva scherzosamente Fermi, già cinquant’anni fa, se gli alieni esistono, dove si sono nascosti e perchè non si fanno vivi? Battute a parte, l’entusiasmo per la ricerca della vita tra le costellazioni della nostra galassia è tale che la Nasa ha pensato bene di arruolare gli aspiranti astronomi per farsi aiutare, creando un apposito sito, Planet Hunters, con le istruzioni per il fai da te galattico. Mentre gruppi di scienziati, filosofi, teologi e futurologi si interrogano molto seriamente su come reagiremmo alla eventuale scoperta di civiltà extraterrestri nei dintorni della nostra galassia.

 

E nell’immediato futuro è probabile che l’entusiasmo aumenterà ancora: pensiamo all’effetto che faranno sull’opinione pubblica le prime fotografie di esopianeti, disponibili tra pochi anni. Forse lo shock sarà comparabile con quello causato dalle foto del “pianeta azzurro”, la Terra vista dallo spazio, pubblicate cinquant’anni fa dopo la missione di Gagarin. La vista di nuovi mondi e cieli sconosciuti potrebbe incoraggiare l’umanità a ritrovare un po’ di coraggio e voglia di vivere. Ultimamente ce n’è bisogno.

Giulio Meazzini

 

BOX

Dall’Obamaspace all’economia spaziale

 

Ad aprile partirà l’ultima missione dello Shuttle, la navetta spaziale americana. Sorprendendo tutti, Obama ha deciso che da ora in poi la Nasa acquisterà da fornitori privati i voli verso le orbite basse intorno alla Terra. Si dovrebbe aprire così il mercato dello spazio, con prezzi drasticamente inferiori agli attuali: questo dovrebbe far decollare il turismo spaziale. Tanta gente in orbita significa necessità di infrastrutture, investimenti privati, idee nuove, prezzi in calo: insomma la nascita di una vera e propria economia spaziale in grado di sostenersi autonomamente. Questo almeno in teoria, sperando che a risentirne non sia la sicurezza dei voli.

 

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