L’onda lenta ma sicura

Londra. Passeggiata notturna nel centro della città, occupato all’inverosimile da uno strano popolo della notte, come si dice oggi trasversale: razze, lingue, età, stato sociale, interessi… Tutti insieme appassionatamente, su e giù per le scale della metropolitana, intasati in pub che sembrano moltiplicare la loro capienza sfidando le leggi della compenetrazione dei solidi, teatri annunciati da code chilometriche, concerti d’ogni dimensione e qualità accompagnati dalle solite ondate di applausi. Come a Roma, più che a Roma. Come a Parigi, più che a Parigi. London Eye Che lo si voglia o no, Londra è la metropoli di riferimento per l’intera Europa, di giorno come di notte. Una città che sa ammiccare alla novità. Naturale fare un salto alla immensa ruota da bicicletta, chiamata London Eye, occhio di Londra, eretta in occasione del nuovo millennio, che porta i visitatori a 135 metri di altezza. Da lassù si scorgono la centrale elettrica di Battersea, e Buckingham Palace e i centri del potere, a cominciare dall’antistante Parlamento, che brilla di oro nel pomeriggio assolato. La città appare nella sua completezza un’enorme massa urbana ricca e composita, che vive nella perenne ricerca della grandezza. Una grandeur poco appariscente, ma pur sempre grandeur: l’economia qui è all’apice di quanto si sappia fare in Europa, ma non appare più di tanto. E la cosmopolita composizione della popolazione non lascia dubbi sull’enorme potenziale di Londra. C’è il nuovo e c’è l’antico a sorreggerlo. Arrivo al Buckingham Palace al momento del cambio della guardia, espressione di una cultura monarchica che ha saputo erigere simboli secolari che sorreggono ancora la vita sociale e, in fondo, mantengono alto il tasso di democraticità. Così la realtà che mi si presenta dinanzi non è solo quella di un paese che va in guerra o che fa la fronda all’Europa, come spesso i media nostrani ne fanno la caricatura. Multiculturalità, multireligiosità Nella prestigiosa Westminster Central Hall, costruita nel 1891 per celebrare il centesimo anniversario della morte di John Wesley, fondatore della Chiesa metodista, hanno avuto luogo avvenimenti di rilievo, come ad esempio importanti discorsi del Mahatma Gandhi, nel 1931, del generale De Gaulle, che nel 1940 qui fondò i francesi liberi, di Winston Churchill e altri ancora, fino a Lady Di e, recentemente, al Dalai Lama. Ma, soprattutto, qui si è tenuta nel 1946 la prima assemblea generale delle Nazioni unite, con i 51 paesi membri, che elessero, primi della serie, segretario generale e consiglio di sicurezza. La sala accoglie oltre duemila persone. È il principale tempio metodista d’Inghilterra, ma non inalbera segni esteriori di culto, perché voleva e vuole essere al servizio della gente. Il titolo della giornata promossa dai Focolari locali non lascia dubbi: Immagina un mondo arricchito dalla diversità. In una Londra che appare più che mai cosmopolita, e che da tempo cerca di trasformare la diversità in ricchezza (non sempre riuscendoci a dire il vero), ecco che la proposta dei Focolari appare provocatoria, seppur senza grida e strepiti, nella calma e nella serenità fattiva. La offrono una serie di testimonianze che si alternano sul palco ligneo sormontato da un maestoso organo: gente comune, che dalla propria esistenza cerca di trarre qualcosa di creativo. Una profuga del Ruanda, una giovane candidata alle recenti elezioni comunali, una psicologa alle prese con la disperazione della società opulenta, un agnostico che non vuole soccombere all’assenza di valori, una vittima dell’apartheid sudafricana… Esempi di fraternità, di arricchimento nella diversità, soprattutto con fedeli di religioni diverse. Accuse di sincretismo? Sono possibili. Ma i presenti non paiono di questo avviso, perché la convinzione nella propria fede è, direi, totale. Semmai, questo è un incontro dallo spiccato tenore ecumenico, perché la natura del focolare in Gran Bretagna è in sé ecumenica, essendo la sua comunità anglicana e cattolica insieme, come evidenzia la presenza di vescovi di entrambe le tradizioni. Le testimonianze portate da personalità di altre religioni, se ce ne fosse bisogno, confermano la crescita dall’albero del focolare di un dialogo interreligioso sano. Muhammad Shomali, ad esempio, imam e teologo iraniano a Qom, sottolinea come nei Focolari abbia trovato quei cristiani autentici che cercava, mettendo in evidenza similitudini presenti (e non uguaglianze) nelle due religioni. E Didi Talwalkar, leader del grande movimento indù Swadhyaya, dice: Con il focolare, nonostante la diversa base filosofica e culturale, condividiamo gli stessi sentimenti su questioni importanti, quali la diffusione dell’amore, la creazione di rapporti, l’impegno per la felicità. Very British è il pensiero della baronessa Shirley Williams, leader dei democratico-liberali alla Camera dei Lord, un’autorità morale e politica per tutti in Gran Bretagna, che sottolinea la forza del bene che Chiara propugna, persino in quel mare magnum che è la politica, sottolineando ciò che di divino c’è in ogni persona umana. E applaude al potere dell’amore che Chiara propone. Very Scottish è invece il commento di mons. Mario Conti, arcivescovo di Glasgow, che enumera le ragioni della sua adesione allo spirito del movimento: semplicità evangelica, senso della chiesa, apertura alle altre religioni, efficacia ecumenica… Entrare nella pelle dell’altro Con queste introduzioni, Chiara avvia il suo discorso di continue provocazioni evangeliche: Quale futuro per una società multiculturale, multietnica e multireligiosa?. Dialogo – dice – vuol dire trovarsi fra persone pur di idee diverse, e parlare con tranquillità e sincero amore verso il proprio partner, per veder di trovare un qualche accordo che chiarisca le incomprensioni, che spenga le contese, le lotte, che annulli l’odio, alle volte. Questo dialogo, specie tra fedeli di religioni diverse, prosegue, è oggi più che mai necessario e imprescindibile se si vuole prevenire i gravi mali che minacciano le nostre società. È stato scritto: Conoscere la religione dell’altro implica entrare nella pelle dell’altro, vedere il mondo come lui lo vede, penetrare nel senso che ha per lui essere buddhista, musulmano, indù…. Non è questa una cosa semplice, esige il vuoto completo di noi, domanda di togliere dalla nostra testa le idee, dal cuore gli affetti, dalla volontà ogni cosa per immedesimarci con l’altro. E insiste: Si tratta di spostare momentaneamente persino ciò che possediamo di più bello e di più grande: la nostra stessa fede, per essere di fronte all’altro nulla, nulla d’amore. Il dott. Zaki Badawi, egiziano, responsabile del Consiglio degli imam e delle moschee per la Gran Bretagna, oltre che direttore del Collegio musulmano, offre il suo commento, sostenendo come il mondo sia andato al di là della religione, mentre questa sala testimonia il contrario. E si scaglia contro coloro che utilizzano Dio per giustificare la guerra: Quando si sente dire che la religione è causa di un conflitto – dice -, andate a fondo, e troverete avidità. La baronessa Kathleen Richardson, metodista, ricordando che nella sala si era svolta la prima assemblea delle Nazioni Unite, nota come la visione proposta sia ancora più ricca, perché basata sulla partecipazione all’amore di Dio. È un’apertura grande. Voi avete permesso a Dio di essere presente tra di noi quest’oggi. Non basta: Bhai Sahib Ji, leader spirituale di centinaia di migliaia di sikh, manifesta la sua felicità perché oggi si sono messe le basi non solo per unire le nazioni, ma i popoli. Dov’è finita la fraternità? È nella Attlee Suite, nella Porticullis House del parlamento britannico, che forse tocca il suo apice la visita a Londra di Chiara Lubich. Proprio dinanzi al London Eye, un messaggio di fraternità – fraternità universale, il che qui è significativo, in una società talvolta tentata dalla prospettiva di uno splendido isolamento – viene proposto ad una folta rappresentanza di parlamentari. Sono 23 deputati, quattro lord e un ministro che intervengono, invitati da personalità quali Tom Clark, scozzese cattolico e laburista, già ministro nel primo governo Blair; Alistair Burt, inglese conservatore e anglicano; e Lord David Alton, cattolico indipendente. Antico e nuovo si incrociano: nelle architetture gotiche delle Houses of Parliament, dove Chiara viene ricevuta nel sontuoso studio dello speaker della Camera dei Comuni, Michael Martin, primo cattolico ad occupare quel ruolo dai tempi della Riforma, proprio negli augusti locali nel quale si è formata nei secoli la democrazia; e nelle architetture post-moderne della Portcullis House, in cui il parlamento si è allargato e modernizzato. Cosa dice Chiara? Che la fraternità è dimenticata, e che va riportata alla moda. È il messaggio da lei comunicato in giro per il mondo, all’Onu e ai parlamenti italiano, slovacco, argentino, brasiliano… La fraternità, terzo elemento della rivoluzione francese (mutuato dal cristianesimo) dimenticato però il più delle volte nei parlamenti, nei comuni e nella vita civile delle democrazie occidentali, sommerso dagli interessi particolari o dalla difficoltà a mettere in discussione posizioni acquisite ma antiquate. La radice della politica proposta da Chiara è nient’altro che l’amore. Quell’amore politico che in diversi paesi riesce da anni a tenere assieme deputati e senatori di destra e di sinistra, in una riflessione comune sulle cose da fare e sui valori da perseguire. In Italia – come spiega l’on. Giuseppe Gambale – riusciamo anche a proporre iniziative al di là dei partiti. A ben guardare, il discorso politico proposto da Chiara Lubich non è diverso da quello da lei offerto al movimento ecumenico, o alle forze impegnate nel dialogo interreligioso. È lo stesso discorso fatto alle famiglie e ai bambini. Nulla di strano: i grandi passaggi storici sono stati promossi e accompagnati da messaggi che si rivolgono ai grandi e ai piccoli, senza distinzioni. Commenta Kerry Pollard, deputato: Da tanto tempo sono in politica e penso che ora siamo pronti per un nuovo inizio. E se possiamo cominciare ora a pensare all’altro più che a noi stessi, allora questa deve essere la via da seguire. E Lord Alton: Non cerco un minimo comune denominatore: la politica non potrebbe mai essere questo, perché la gente ha opinioni profondamente radicate. È il rispetto dell’idea dell’altro che conta. Il messaggio del focolare è proprio di rispetto per la diversità. Qualcosa di utile e di buono Edward Lister, presidente del consiglio di Wandsworth, un quartiere di Londra, analizza così l’oggi della città: Rappresento una parte di Londra fortemente multietnica. È stato un messaggio commovente quello udito oggi, perché in questo momento in politica si potrebbe essere cinici e depressi. Ma è bene sentire che la gente ha fede, che proviamo a fare qualcosa di utile e buono per la comunità. Qualcosa di utile e di buono. Anche i Focolari, rafforzati nelle loro convinzioni dagli appuntamenti di questi giorni, ora ci provano, a Londra. Vogliono promuovere una operazione di dialogo e di diffusione dell’imperativo civile e politico della fraternità tra religioni diverse, tra giovani e anziani, tra razze diverse. Analogamente a quanto avviene già in altre grandi città – Roma, Washington, Praga… -, si vuole così contribuire a migliorare il tessuto delle relazioni interpersonali nelle città, via indispensabile verso la fraternità. CON ROWAN WILLIAMS Nel corso del loro cordialissimo primo incontro, al Lambeth Palace di Londra, l’arcivescovo di Canterbury, massima autorità della comunione anglicana, ha voluto parlare con Chiara Lubich del dialogo interreligioso e del recente incontro ecumenico di Stoccarda. Si sono intrattenuti sul grande problema della pace e sulla presenza dei Focolari in Gran Bretagna e nella Chiesa anglicana. Un incontro di grande cordialità e di profonda stima. T. MARY’S COLLEGE La parola al dialogo Twickenham è conosciuta anche fuori dall’Inghilterra; non per la presenza del Saint Mary’s College, una università cattolica, quanto perché è il tempio del rugby d’Oltremanica. Prati verdi come solo qui si vedono avvolgono il college, cattolico e statale nel contempo, in cui si insegna ogni sorta di materia, conferendogli un’aura di serenità e, perché no, di studiosità. Da qualche tempo, l’università con in testa la facoltà di teologia ha voluto promuovere una attenta riflessione ecclesiale sulla missione e sulla evangelizzazione, stimolata dal forte impulso dato dal papa ad una nuova evangelizzazione , come mi spiega il decano della facoltà, Michael Hayes. Si cominciò con una serie di discorsi affidati a diversi cardinali. Pur avendo delle conferenze assai interessanti – prosegue il decano -, emerse che i primi propugnatori di questa nuova evangelizzazione erano i movimenti . Da qui l’idea di presentarli: sono da allora passati all’università rappresentanti dei neocatecumenali, di Sant’Egidio, di Shönstatt… Ed ora l’invitata è Chiara Lubich. Nell’uditorio spiccano una decina di vescovi cattolici ed anglicani, professori ed uomini di cultura, tra cui il direttore del The Tablet, che nel numero appena uscito dedica a Chiara una lunga e articolata intervista. Il discorso non offre ricette miracolose, ma un semplice susseguirsi di realizzazioni e proposte, sulla scia di una intuizione confermata autorevolmente da von Balthasar e dallo stesso papa: nella chiesa, accanto al profilo petrino, quello dell’istituzione, ne esiste uno mariano, essenzialmente carismatico, più tipico del laicato, che sembra particolarmente presente nei movimenti. È Maria che, in primo luogo, spinge ad una nuova evangelizzazione. Commenta il vescovo John Hine: Questa è una spiritualità in cui ci si può consegnare al Signore e diventare ciò che la chiesa dovrebbe essere: segno dell’amore di Dio per il mondo. RESCERE NELL’AMICIZIA A colloquio col cardinale Cormac Murphy O’Connor, arcivescovo di Westminster, al termine del suo incontro con Chiara Lubich. Cosa fare dopo l’incontro alla Westminster Central Hall con musulmani, sikh e cristiani di altri denominazioni? Lo spirito di amore e comunione proposto possiamo promuoverlo in vari modi, in particolare qui a Londra, basandoci sull’amicizia e sugli ideali comuni, grazie a valori condivisibili anche, ad esempio, coi musulmani. Il mio sogno vuol essere quello di una comunità cristiana cattolica che non abbia paura di correre dei rischi per la diffusione del Vangelo di Gesù Cristo. Ma ciò che significa prendere tali rischi, lo lascio decidere allo Spirito Santo. LLA WESTMINSTER CENTRAL HALL Baronessa Shirley Williams È come un’ondata lenta che entra nelle insenature di un’isola o di una regione. Il focolare sta silenziosamente cambiando gli atteggiamenti delle persone, attraverso un forte messaggio di amore, perdono, riconciliazione e comprensione della croce del Cristo abbandonato. Kate Davson, presidente della Associazione ecumenica È una conferma di quello che tutti sotto sotto pensiamo, che cioè siamo uniti attraverso l’amore di Gesù Cristo. Non complichiamo le cose: se siamo uniti, possiamo guardare avanti. Ajang Somedo, abate del monastero buddhista di Amaravati Tutte le religioni sono davvero centrate sull’unità e sull’amore, che poi è anche il punto che ci unisce. L’amore è il modo per risolvere tutti i conflitti, non c’è alternativa. Fon di Fonjumetaw (Camerun) Quando ritorno a casa, rafforzerò l’impegno ad essere in pace con noi stessi e con tutti. Il discorso di Chiara – che cioè non dobbiamo mai fermarci di amare, che dobbiamo essere i primi ad amare, anche i nostri nemici, che dobbiamo veramente dialogare con tutti, ha infiammato il mio cuore.

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