L’omaggio alle donne del rock
Coreografie banali, ripetitive, più vicine ai modelli di stampo televisivo che a un pensiero di movimento con una coerente costruzione conseguente all’idea ispiratrice, risolta invece con un vocabolario gestuale senza un preciso senso drammaturgico. Non ci si aspettava una creazione necessariamente originale, ma almeno movimenti di più incisiva espressività, quella che nasce da un linguaggio approfondito.
Al Festival dei due Mondi di Spoleto lo spettacolo di Jean-Claude Gallotta, My ladies rock, un omaggio all’universo femminile e al genio creativo di cantanti donne che hanno lasciato una traccia nel mondo musicale, è scorso senza aver lasciato nessuna suggestione. E dire che c’erano tutti i presupposti considerando il tessuto musicale sul quale l’idea traeva forza. Riascoltare le canzoni di grandi vocalist, come Sister Morphine di Marianne Faithfull, Baby I Love You di Aretha Franklin, Swing Low, Sweet Chariot di Joan Baez e altri nomi come Janis Joplin, Patti Smith, Nico, Wanda Jackson, Brenda Lee, Laurie Anderson Nina Hagen, ha supplito, almeno in parte, alla danza inconsistente e piena di cliché, del coreografo francese, nome importante che ha caratterizzato la “nouvelle danse” degli anni ’80 e ’90, ma che oggi sembra non aver nulla più da dire di nuovo.
L’intenzione era lodevole: riscrivere in qualche modo la storia del rock dove ha sempre prevalso il potere maschile glorificato nella sua egemonia oscurando in gran parte tutte quelle donne che invece hanno osato, sperimentato, rinnovato la scena musicale, donne libere di essere se stesse anche negli eccessi, con le proprie voci, i propri corpi, la propria personalità. Queste le dichiarazioni di Gallotta che ha creato una sua playlist di 13 brani sui quali ha assemblato uno spettacolo didascalico. Costruito come un mosaico, alternando le danze dell’ensemble a duetti e assoli di uomini e donne, ogni quadro è introdotto da una serie d’immagini proiettate e di didascalie recitate, che presentano le singole interpreti, la loro storia, la peculiarità della loro presenza sulla scena musicale del ‘900 e fino ai nostri giorni con le loro eredi. Sfumando dall’una all’altra canzone, per ogni brano una coreografia che si lega alla successiva in maniera da creare un flusso ininterrotto con entrate e uscite degli interpreti ogni volta diverse solo nel cambio costume e con i danzatori anche in luccicanti abiti femminili (non si capisce perché). Lo spettacolo termina con un richiamo al ruolo delle donne nelle nostre società subito dopo la canzone Proud Mary di Tina Turner, che trasforma la scena in una pista da ballo.
My ladies rock, coreografia Jean-Claude Gallotta, testo e drammaturgia Claude-Henri Buffard, scene e immagini Jeanne Dard, disegno luci Dominique Zape, video Benjamin Croizy, costumi Marion Mercier, coproduzione Maison de la Culture de Bourges, Théâtre du Rond Point, Théâtre de Caen, CNDC d’Angers, Châteauvallon, scène nationale, con il sostegno di MC2: Grenoble. Al Festival dei Due Mondi di Spoleto.