Una lode continua al Creatore: la Parola di Vita di settembre
«Ti voglio benedire ogni giorno, lodare il tuo nome in eterno e per sempre» (Sal 145 [144], 2).
La parola della Scrittura che ci viene proposta in questo mese per aiutarci nel nostro cammino è una preghiera. È un versetto tratto dal Salmo 145. I Salmi sono composizioni nelle quali si rispecchia l’esperienza religiosa individuale e collettiva del popolo d’Israele nel suo percorso storico e nelle varie vicissitudini della sua esistenza. La preghiera fatta poesia sale al Signore come lamento, supplica, ringraziamento e lode. In questo respiro c’è tutta la varietà di sentimenti e atteggiamenti con cui l’uomo esprime la sua vita e il suo rapporto con il Dio vivente.
Il tema di fondo del Salmo 145 è la regalità di Dio. Il salmista, sulla base della sua esperienza personale, esalta la grandezza di Dio: «Grande è il Signore e degno di ogni lode» (v. 3); magnifica la sua bontà e l’universalità del suo amore: «Buono è il Signore verso tutti, la sua tenerezza si espande su tutte le creature» (v. 9); riconosce la sua fedeltà: «Fedele è il Signore in tutte le sue parole» (v. 13b), e arriva a coinvolgere ogni essere vivente in un canto cosmico: «Benedica ogni vivente il suo santo nome, in eterno e per sempre» (v. 21).
«Ti voglio benedire ogni giorno, lodare il tuo nome in eterno e per sempre».
L’uomo moderno, tuttavia, si sente a volte smarrito con l’impressione di essere abbandonato a sé stesso. Teme che le vicende delle sue giornate siano dominate dal caso, in un succedersi di eventi privi di significato e di traguardo. Questo Salmo è portatore di un rassicurante annuncio di speranza: «Dio è creatore del cielo e della terra, è custode fedele del patto che lo lega al suo popolo, è colui che fa giustizia nei confronti degli oppressi, dona il pane che sostiene gli affamati e libera i prigionieri. È lui ad aprire gli occhi ai ciechi, a rialzare chi è caduto, ad amare i giusti, a proteggere lo straniero, a sostenere l’orfano e la vedova» […][1].
«Ti voglio benedire ogni giorno, lodare il tuo nome in eterno e per sempre».
Questa parola ci invita innanzitutto a curare il nostro rapporto personale con Dio accogliendo, senza riserve, il suo amore e la sua misericordia e mettendoci davanti al mistero in ascolto della sua voce. In questo consiste il fondamento di ogni preghiera. Ma poiché questo amore non è mai disgiunto da quello per il prossimo, quando imitiamo Dio Padre nell’amare concretamente ogni fratello e sorella, in particolare gli ultimi, gli scartati, i più soli, giungiamo a percepire nel quotidiano la sua presenza nella nostra vita. Chiara Lubich, invitata a donare il suo vissuto cristiano ad un’assemblea di buddhisti, lo riassumeva così: «… il cuore della mia esperienza è tutto qui: più si ama l’uomo, più si trova Dio. Più si trova Dio, più si ama l’uomo»[2].
«Ti voglio benedire ogni giorno, lodare il tuo nome in eterno e per sempre».
Ma c’è un’altra via per trovarlo. Negli ultimi decenni l’umanità ha acquisito nuova consapevolezza del problema ecologico. Motore di questo cambio sono, in particolare, i giovani che propongono uno stile di vita più sobrio con un ripensamento dei modelli di sviluppo, un impegno per il diritto di tutti gli abitanti del pianeta ad avere acqua, cibo, aria pulita, e una ricerca di fonti di energia alternative. In questo modo l’essere umano può non solo recuperare il rapporto con la natura, ma anche lodare Dio avendo scoperto con stupore la sua tenerezza verso tutta la creazione.
È l’esperienza di Venant M. che, da bambino, nel suo Paese natale, il Burundi, si svegliava all’albeggiare con il canto degli uccelli e percorreva, nella foresta, decine di chilometri per andare a scuola; si sentiva in piena sintonia con gli alberi, gli animali, i ruscelli, le colline e con i propri compagni. Avvertiva la natura vicina, anzi, si sentiva parte viva di un ecosistema in cui creature e Creatore erano in totale armonia. Questa consapevolezza diventava lode, non di un momento, ma proprio di tutta la giornata.
Qualcuno potrebbe chiedersi: e nelle nostre città? «Nelle nostre metropoli di cemento, costruite dalla mano dell’uomo tra il frastuono del mondo, raramente la natura si è salvata. Eppure, se vogliamo, basta uno squarcio di cielo azzurro scorto fra le cime dei grattacieli, per ricordarci Dio; basta un raggio di sole, che non manca di penetrare nemmeno fra le sbarre d’una prigione; basta un fiore, un prato, il volto di un bambino…»[3].
A cura di Augusto Parody Reyes e del team della Parola di Vita
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[1] Giovanni Paolo II. Udienza generale, 2 luglio 2003, commento al Salmo 145.
[2] M. Vandeleene, Io, il fratello, Dio nel pensiero di Chiara Lubich, Città Nuova, Roma 1999, p. 252.
[3] C. Lubich, Conversazioni, in collegamento telefonico, a cura di Michel Vandeleene (Opere di Chiara Lubich 8.1; Città Nuova, Roma 2019) p. 340.