Lo sviluppo dell’identità in adolescenza
L’identità è un concetto complesso che si sviluppa lungo tutto l’arco temporale della vita. Spesso sentiamo dire: «Io sono così» che equivale ad una fotografia di quell’istante, ne più ne meno di un tramonto sul mare. Guardandola non penseremmo mai che lì in quel punto ci sia 24 ore su 24 il tramonto.
Ma l’identità è anche un concetto stabile che ha a che fare con la natura e l’essenza della persona, con la sua storia, le sue credenze, con tutto ciò che la riguarda. Anzi, è proprio tutto ciò che caratterizza quella persona e ne fa un esemplare unico al mondo. Rimanendo sull’esempio del tramonto: un tramonto ha una sua identità propria che lo contraddistingue per esempio dall’alba. Questa è la sua essenza.
Ma un tramonto non è uguale ad ogni altro tramonto, esso assume una conformazione unica che lo si guardi dalla montagna, dal mare, da un golfo o dalla finestra dei nostri amici di Bagnara ove si manifesta con sfumature di colore che altrove non si vedono.
Riepilogando il concetto di identità cela in sé la nostra storia individuale, il nostro momento storico presente e la nostra essenza.
Una tappa importante per lo sviluppo dell’identità è proprio nella fase dell’adolescenza. In questa tappa della vita di un giovane ragazzo tutto appare possibile e forse disorganizzato e contemporaneamente c’è una struttura stabile che tiene. È una fase questa in cui i ragazzi imparano a dare senso a tutto ciò che li attraversa, ogni cosa è vissuta all’ennesima potenza e l’intermediazione dell’adulto di riferimento si riduce o è osteggiata per via del fatto che il mondo e le persone all’esterno rappresentano il momentaneo punto di riferimento. Si ricerca il confronto: tra vecchio e nuovo, tra dentro e fuori, tra ciò che si è imparato e ciò che si deve ancora scoprire. Si ricerca l’attendibilità di quanto hanno imparato fino a quel momento e lo si fa con un bisogno di coerenza molto forte, svelando quelle piccole e grandi incoerenze che gli adulti, soprattutto quelli di riferimento, mostrano.
Un ruolo importante giocano in questo tempo i rimandi che l’ambiente fa, le somiglianze che qualcuno ha ravveduto nel noto paragone «tu sei come…». In realtà si puó avere in comune con qualcun’altro una specifica caratteristica, ma non si è come qualcun’altro. Si può essere solo se stessi.
Credere in questo assunto può portare fuori strada nello sviluppo sia della propria identità sia nella manifestazione comportamentale di come ci si esprime con il rischio di essere la brutta copia di qualcun altro. E questo sia nel bene che nel male.
Virginia 42 anni, arriva in terapia convinta, come le hanno sempre raccontato di essere come sua madre poco interessata ai viaggi, alle relazioni e benché meno all’espressione delle sue emozioni.
Tutta la sua voglia di viaggiare, di scoprire il mondo e di farsi degli amici veri e sinceri e magari anche un fidanzato, le sta implodendo dentro. Si sente insicura, esce poco e va in ansia per nulla. In questo modo ha trovato la giusta compensazione per rendere credibile a sé stessa ciò che la madre le ha sempre detto e non deluderla.
Giorgio 17 anni, comincia a dare segni di irrequietezza, si chiude sempre più in sé stesso e non trova ancora una forma per esprimere le sue emozioni che passano dall’estrema sensibilità nelle confidenze ai picchi di ira incontrollata. Dopo un primo episodio fuori controllo non riesce a mettere il freno. Nel tempo si é convinto di essere come suo padre e questa convinzione lo autorizza a continuare nei suoi comportamenti. Riesce difficile in questo momento identificare cosa appartiene al mondo emotivo, all’esplorazione ed alla ribellione adolescenziale di Giorgio e cosa potrebbe invece evidenziare caratteristiche legate all’ereditarietà di disturbi di natura psichica. Eventuali ansie e preoccupazioni dei familiari, seppur lecite, rischiano però di rimandare a Giorgio che lui è così e di radicarlo in comportamenti non sani.
Quello con cui ci identifichiamo ha una influenza sull’immagine che abbiamo di noi e sulle azioni che mettiamo in pratica. Affinché questa immagine rispecchi il più coerentemente possibile ciò che siamo è necessario che le figure di riferimento si conquistino un giusto grado di distacco e serenità evitando di riversare sul giovane ragazzo le loro possibili ansie e paure.
L’identità risente dunque anche di un’influenza sociale veicolata dal modo come ci percepiscono gli altri soprattutto in questa fascia di età. In fondo a qualunque età, come afferma il prof. Giovanni Jervis in una intervista, «Ognuno di noi, per potere vivere bene, deve avere stima della propria identità. A volte abbiamo bisogno di alcune conferme dall’esterno, da parte di persone o di oggetti atti a comunicarci che siamo a posto e che andiamo bene».
Per questo motivo parlare di identità non è mai facile. Essa è allo stesso tempo un tratto stabile e dinamico che inizia a formarsi dalla nostra nascita, trova la sua maggiore organizzazione nell’adolescenza attraverso il contributo degli input sociali e si ridefinisce nel corso della propria vita.