Lo straniero? Sta cambiando

O forse sta cambiando lo sguardo che poniamo su chi viene d’altrove nella nostra bella Italia
straniero

Il Covid è una brutta bestia, nessuno lo nega. Eppure, qualche effetto positivo lo sta portando nella nostra vita personale e in quella sociale. Uno di questi miglioramenti è il rinnovamento dello sguardo che poniamo sullo straniero, chi ha una pelle un po’ diversa da quella comunemente considerata nostrana, anche se poi la mia, di pelle, potrebbe benissimo essere quella di un tunisino e le mie sopracciglia quelle d’un iraniano. E sono un italiano doc, per l’anagrafe, con albero genealogico che porta sulle montagne appenniniche fino al 1400.

Alcune cause di un tale cambiamento, inusitato sino a poco tempo fa, sono abbastanza evidenti. Ad esempio, i giochi olimpici. Le imprese dei nostri atleti dalla pelle un po’ più scura non sono stati da disprezzare, con in testa i record dell’uomo oggi più veloce del mondo, Marcel Jacobs, senza disprezzare le lacrime di una Egonu che guidava le nostre pur sconfitte pallavoliste. Pronta rivincita: la squadra delle nostre pallavoliste, assieme ai giovani colleghi, hanno poi sbancato l’Europa grazie al contributo determinante di atleti provenienti da altri Paesi del mondo, oppure nati da famiglie trasferitesi da noi qualche tempo fa.

Durante il confinamento ci siamo poi abituati alle sempre più frequenti e ormai indispensabili spese online, con relativi recapiti a domicilio. Chi porta i pesanti zaini termici guidando velocissime biciclette urbane? I fattorini (o gli addetti al delivery, se vogliamo fare gli anglofoni) sono raramente nostrani. Seppur timidamente, anche le fiction televisive fanno la loro parte, introducendo tra i personaggi non più solo aitanti maschi italici o dolcissime donne caucasiche, ma anche attori che vengono da lontano, talvolta persino di credo diversi dal nostro cattolicesimo. Analogamente, tra i giornalisti della Rai o di Mediaset o de La7, le donne e gli uomini di origini palestinese, algerina, indiana… cominciano a fare i loro begli scoop. L’abbronzatura choc non è solo quella di Giorgino!

E poi, come non sottolineare la sorpresa che ci coglie ogni volta che abbiamo a che fare con giovani di pelle scura o gialla che appena aprono bocca tradiscono accenti “toscanacci”, o “venessiani”, o ancora “beresi”? Sono figli della nostra Terra, il sangue è misto per tutti, checché se ne dica. Ancora, chi di noi ormai se la sente di rinunciare ai negozietti di prossimità, gestiti da stranieri, come quelli di chincaglierie gestiti da giovani uomini o donne cinesi, «tutto a un euro», anche se poi non è sempre vero, o quelli dei mercanti di frutta e verdura, che sono quasi un monopolio dei pakistani? Restano aperti 24 ore su 24, e per giunta il vino e la birra li troviamo sempre freschi al punto giusto…

Vogliamo poi parlare delle nostre parrocchie? Prima sono arrivati i preti polacchi, poi quelli filippini, e ora siamo arrivati all’Africa più cattolica. Soprattutto nelle campagne e nelle montagne, può fare una certa impressione ricevere l’Eucarestia dalle mani di un sacerdote dello Zambia, ma o è così o nulla, dobbiamo adeguarci ai tempi che cambiano anche negli affari di religione.

Per chi vive in Francia o in Gran Bretagna, non è una novità una società multiculturale, multietnica e multirazziale. Per noi è invece una novità degli ultimi anni. Dobbiamo ancora abituarci, ma sono i successi di questi nostri nuovi concittadini che permettono di accettarli più semplicemente e se possibile anche più calorosamente. Ormai ci sono mestieri che, senza il loro contributo, scomparirebbero (già da un pezzo i pizzaioli sono egiziani). Oppure creerebbero gravi disfunzioni nel sistema, per la mancanza di servizi essenziali. Guardiate un po’ quello che sta succedendo in quel del Paese che, un po’ frettolosamente, ha voluto voltare le spalle all’Europa. Ora elemosinano camionisti, e non guardano in faccia nessuno, prendono chiunque abbia una patente di guida adeguata. Dobbiamo accettare che le nostre società siano meticce. Tutto sta a non perdere quelle tradizioni che hanno fatto la nostra storia. Che le trasmetta Mario o Abdullah, in fondo non è poi così essenziale.

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