Lo straniero c’è sempre stato
Mi sono sentito più volte, mio malgrado, trattato alla stessa stregua dello straniero, forse con guanto di velluto, ma con effetti altrettanto dolorosi...
“Educare i figli al rispetto degli stranieri” ha intitolato, il 2 gennaio, il Corriere della Sera. Si tratta di un articolo a tutta pagina sull’intervento di Benedetto XVI in occasione del 1 gennaio, Giornata della Pace. Il titolo di quest’anno era ben altro: “ se desideri la pace, rispetta il creato”. Ma la testata milanese ha ragione a spostare il baricentro sulla dimensione quotidiana della questione. E’ un problema che ci tocca tutti.
Due piccoli fatti che mi sono successi nei giorni scorsi me lo confermano.
Il 31 dicembre ho mandato un SMS ad una giovane coppia. Mi hanno risposto a giro con un messaggio significativo: “Abbiamo deciso di passare la vigilia con famiglie di amici. Sembrava fossimo quattro coppie. Invece, saremo sessanta persone con una ventina di bambini. Stiamo preparando giochi interculturali.” I due amici, anche se entrambi italiani, sono ormai avvezzi allo scambio interculturale. Lui è buddhista e lei cattolica.
Un altro fatto, o meglio una serie di fatti. Nelle ultime settimane, ho avuto modo di incontrare varie persone legate da amicizia anche ad un’altro membro della mia famiglia. A più riprese, mi è giunto il messaggio, piuttosto compassionevole, che ormai ho cambiato mentalità, dopo aver vissuto per trent’anni in Asia. Ovviamente, il commento che circola è tutt’altro che positivo e con un senso di superiorità per culture che, nei poveri luoghi comuni italiani, restano arretrate, pur quando ormai all’avanguardia sia tecnologica che economica e con ricchezze culturali ben più antiche delle nostre, che pur vantano trascorsi lontani, come Atene e Roma. Personalmente, poi, mi sono sentito più volte, mio malgrado, trattato alla stessa stregua dello straniero, forse con guanto di velluto, ma con effetti altrettanto dolorosi.
Sempre il Corriere, lo stesso giorno, nell’inserto di Milano pubblicava la notizia che la nuova direttrice dell’Orchestra Verdi della città lombarda ha deciso di trovare casa sui Navigli. Nessuna sorpresa se non fosse che l’artista è cinese. Immaginiamo il binomio Cina–Verdi, una joint venture, per usare un linguaggio globalizzato, impensabile fino a qualche tempo fa. Chissà cosa direbbe il grande compositore italiano, simbolo, più o meno cosciente, della nostra lotta per quella agognata libertà dagli stranieri…
L’accoglienza allo straniero d’altra parte era una priorità anche del popolo eletto. E’ proprio lo straniero, e non tanto il prossimo, ad essere la misura della regola d’oro, in contesto biblico. Dio, che aveva stipulato varie alleanze con il ‘suo’ popolo fino a quella definitiva ed elettiva del Sinai, sapeva bene che il grosso pericolo dell’elezione era la chiusura a chi veniva dall’esterno. L’accoglienza era quindi il parametro per essere davvero fedele alla Torah.
Iniziamo, quindi, il nuovo decennio, il secondo non solo del secolo, ma del nuovo millennio con una prospettiva vecchia come il mondo. Lo straniero c’è sempre stato, non necessariamente di colore diverso o di altra lingua, e nemmeno proveniente dall’altra parte del mondo. Straniero è anche ciascuno di noi, in qualche momento della vita. A Betlemme Giuseppe e Maria, provenienti da Nazareth, erano stranieri, e spesso lo sono quelli del paese accanto. Gli italiani lo erano in Svizzera ed in Belgio, solo qualche decennio fa e, senza dubbio, a vedere come vanno le cose, lo abbiamo dimenticato.
Eppure, la sfida della pace si gioca proprio in quei momenti in cui ciascuno si trova di fronte lo straniero o, suo malgrado, si sente trattato, e questo sempre a torto, come tale.
Due piccoli fatti che mi sono successi nei giorni scorsi me lo confermano.
Il 31 dicembre ho mandato un SMS ad una giovane coppia. Mi hanno risposto a giro con un messaggio significativo: “Abbiamo deciso di passare la vigilia con famiglie di amici. Sembrava fossimo quattro coppie. Invece, saremo sessanta persone con una ventina di bambini. Stiamo preparando giochi interculturali.” I due amici, anche se entrambi italiani, sono ormai avvezzi allo scambio interculturale. Lui è buddhista e lei cattolica.
Un altro fatto, o meglio una serie di fatti. Nelle ultime settimane, ho avuto modo di incontrare varie persone legate da amicizia anche ad un’altro membro della mia famiglia. A più riprese, mi è giunto il messaggio, piuttosto compassionevole, che ormai ho cambiato mentalità, dopo aver vissuto per trent’anni in Asia. Ovviamente, il commento che circola è tutt’altro che positivo e con un senso di superiorità per culture che, nei poveri luoghi comuni italiani, restano arretrate, pur quando ormai all’avanguardia sia tecnologica che economica e con ricchezze culturali ben più antiche delle nostre, che pur vantano trascorsi lontani, come Atene e Roma. Personalmente, poi, mi sono sentito più volte, mio malgrado, trattato alla stessa stregua dello straniero, forse con guanto di velluto, ma con effetti altrettanto dolorosi.
Sempre il Corriere, lo stesso giorno, nell’inserto di Milano pubblicava la notizia che la nuova direttrice dell’Orchestra Verdi della città lombarda ha deciso di trovare casa sui Navigli. Nessuna sorpresa se non fosse che l’artista è cinese. Immaginiamo il binomio Cina–Verdi, una joint venture, per usare un linguaggio globalizzato, impensabile fino a qualche tempo fa. Chissà cosa direbbe il grande compositore italiano, simbolo, più o meno cosciente, della nostra lotta per quella agognata libertà dagli stranieri…
L’accoglienza allo straniero d’altra parte era una priorità anche del popolo eletto. E’ proprio lo straniero, e non tanto il prossimo, ad essere la misura della regola d’oro, in contesto biblico. Dio, che aveva stipulato varie alleanze con il ‘suo’ popolo fino a quella definitiva ed elettiva del Sinai, sapeva bene che il grosso pericolo dell’elezione era la chiusura a chi veniva dall’esterno. L’accoglienza era quindi il parametro per essere davvero fedele alla Torah.
Iniziamo, quindi, il nuovo decennio, il secondo non solo del secolo, ma del nuovo millennio con una prospettiva vecchia come il mondo. Lo straniero c’è sempre stato, non necessariamente di colore diverso o di altra lingua, e nemmeno proveniente dall’altra parte del mondo. Straniero è anche ciascuno di noi, in qualche momento della vita. A Betlemme Giuseppe e Maria, provenienti da Nazareth, erano stranieri, e spesso lo sono quelli del paese accanto. Gli italiani lo erano in Svizzera ed in Belgio, solo qualche decennio fa e, senza dubbio, a vedere come vanno le cose, lo abbiamo dimenticato.
Eppure, la sfida della pace si gioca proprio in quei momenti in cui ciascuno si trova di fronte lo straniero o, suo malgrado, si sente trattato, e questo sempre a torto, come tale.