Lo stereotipo della brutta bellezza

A Roma il 16 ottobre, al teatro Valle occupato, e poi in Spagna, lo spettacolo "Spic&Span" del trio Foscarini/Nardin/D’Agostin, vincitore della Segnalazione speciale Premio scenario 2011
“Spic&Span”

Appaiono di spalle dentro una scena di luminoso biancore. Cadono in posizioni diverse, bloccandosi. Si girano. Hanno occhiali da sole. Eseguono movimenti da terra, seduti con gambe accavallate. Schioccano le dita. Flettono la testa, i gomiti. Esplorano lo spazio, di profilo, laterale, di schiena. Corrono, saltellano, rotolano. Modelli da passerella, automi spensierati, ammiccano al pubblico. Sono belli, coloratissimi nei vestiti da pubblicità Benetton. Sanno di essere guardati e di piacere. «Un lavoro sulla bellezza e sul suo contrario», spiega il trio Foscarini/Nardin/D’Agostin in Spic&Span (una coproduzione ALDES e OperaEstate Festival). Ma «dietro una facciata di salute, è lento il disfarsi», ci avvertono i tre danzatori e coreografi.

Progetto vincitore della Segnalazione speciale Premio scenario 2011, lo spettacolo ha ritmo musicale e visivo di grande impatto compositivo, pur nella sua semplicità, che innesca una divertente, quanto corrosiva, dialettica tra costruzione e distruzione dell’immagine stereotipata dell'etica-estetica contemporanea. La forza è tutta nella coreografia dei tre autori-danzatori che coniugano un vocabolario astratto, rigoroso, capace però di illustrare, nel comporsi gestuale e nel movimento nitido dei corpi, tra tic e contrazioni muscolari, la pienezza vacua e il vuoto dell’esistere con quell’ironia che invece manca a tanta danza d’autore, spesso solo cerebrale.

È un mondo da fumetto pop, da rivista patinata, da fitness luccicante, che si muove tra musica percussiva, techno e televisiva. Giocosi e leggeri nel gonfiare palloncini colorati, poi esibiti, messi sotto la maglietta, fatti scoppiare (il test alcolico dello sballo giovanile?), i tre bravi danzatori di Bassano del Grappa innescano, a questo punto, un rewind velocissimo degli stessi movimenti compulsivi. Stagliandosi in controluce verso la parete ritornano con tre flaconi del detersivo del titolo, icona di un consumismo apparentemente innocuo. Sulle note di una musica trionfale – un barocco elettronico – ne ingurgitano avidamente il contenuto, non come deliberata azione suicida, ma come ulteriore atto esibizionistico, gesto che non sa distinguere le differenze, mente che non riflette sull’uso e consumo di un oggetto. Sembrano comparse impazzite di uno spot pubblicitario, marionette fuori controllo, senza più anima. Lo svuotamento del recipiente, poi appeso, diventa il prosciugamento delle loro esistenze che, dagli atteggiamenti vanesi deviano in fragilità, palesando una sfuggente solitudine. Le persone del trio sembrano dei sopravvissuti all’ubriachezza della vita, scossi da una musica tellurica che ne scuote l’emotività. Non sono più belli, radiosi, sicuri. Una lama di luce ne illumina i volti immobili mentre il buio avanza.

A Reggio Emila, per Aperto Festival. A Roma, Teatro Valle Occupato, il 16/10; al Maspalomas Cultural Centre, Gran Canaria (SP) il 26, per il festival MasDanza.
 

 

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