Lo sport oltre il terrore
Lunedì a Boston doveva essere un giorno di sport, un giorno di festa. Invece, ancora una volta, è accaduto che un evento sportivo si sia rivelato involontario palcoscenico per un’azione di brutale terrorismo. Come era già accaduto alle Olimpiadi di Monaco, nel 1972, quando 17 persone morirono a seguito di un attacco messo in atto da un commando di palestinesi dell’organizzazione Settembre Nero. Come era già accaduto alle Olimpiadi di Atlanta, nel 1996, quando due persone rimasero uccise, e più di 100 ferite, per effetto dell’esplosione di una bomba nel parco olimpico.
Lunedì a Boston doveva essere un giorno di sport, un giorno di festa. In programma, infatti, c’era la 117° edizione della maratona cittadina. Non è famosa come quella di New York e non ha il fascino di quella di Roma, questo è certo. La maratona di Boston, però, può vantare un primato che nessun’altra maratona al mondo potrà mai eguagliare, quello di essere la più antica tra tutte. La sua prima edizione, infatti, si corse nel lontano 1897, sulla scia del successo ottenuto dalla prova olimpica disputata l’anno precedente ad Atene. Da quella prima volta, alla quale presero parte solo diciotto atleti, questa competizione è cresciuta sempre di più, e oggi ogni anno vi partecipano circa 30mila concorrenti, ripartiti tra semplici appassionati e affermati corridori professionisti.
Anche quest’anno, come da tradizione, si è corso il terzo lunedì di aprile, ovvero nel Patriots day, festa che celebra l’inizio della Guerra d’indipendenza americana. Sulla linea del traguardo, posto vicino alla John Hancock Tower in Copley Square, circa tre ore prima delle esplosioni che hanno trasformato un gioioso evento sportivo in un tragico momento di cronaca nera, avevano trionfato il ventitreenne etiope Lelisa Desisa tra gli uomini e la trentaduenne keniana Rita Jeptoo tra le donne. Al via, però, tra i più applauditi c’erano stati ancora una volta Dick e Rick Hoyt, un padre e un figlio davvero speciali che con il loro coraggio hanno contribuito negli ultimi tre decenni a scrivere un significativo pezzo di storia di questa corsa.
Da quest’anno, non a caso, proprio in prossimità della linea di partenza, a fianco delle statue di Bill Rodgers, uno che la maratona di Boston l’ha vinta quattro volte, e di John Kelley, che questa prova l’ha corsa per sessantuno anni consecutivi, c’è anche una statua in bronzo che raffigura Dick e Rick Hoyt. Rick è nato cinquantuno anni fa, quando suo padre Dick di anni ne aveva ventidue. A causa di alcune complicazioni intervenute durante il parto, è rimasto vittima di una paralisi cerebrale. I medici dissero subito ai due genitori che quel bambino avrebbe avuto un futuro segnato: incapace di muoversi e di comunicare e quindi stato vegetativo.
Dick, June e Rick Hoyt Nonostante l’evidenza, Dick e June, la mamma, non si sono arresi. Dapprima, spesero pazientemente ore e ore al giorno riuscendo, attraverso un particolare metodo, ad insegnarli l’alfabeto. Poi, lottarono per cercare di far integrare loro figlio nel sistema scolastico pubblico, invitando gli interlocutori di turno ad andare al di là delle limitazioni fisiche di Rick. Infine, grazie alla collaborazione di un qualificato gruppo d’ingegneri della Tufts University, fecero mettere a punto un particolare computer interattivo che poteva decodificare in lettere alcuni suoi movimenti della testa.
Così, all’età di tredici anni, Rick fu finalmente ammesso a scuola, e due anni più tardi riuscì a comunicare a suo padre che avrebbe voluto prendere parte a una corsa di cinque miglia. Dick non se lo fece ripetere due volte. Anche se non aveva mai fatto una gara di corsa in vita sua, cominciò ad allenarsi duramente, s’iscrisse a quell’evento, e alla fine spinse suo figlio lungo il percorso di quella che fu solo la prima di una lunga serie di competizioni a cui i due hanno preso parte insieme: «Papà, oggi correndo mi sono sentito come se non fossi handicappato», disse quella sera Rick al genitore.
Da quel momento Rick e Dick hanno disputato insieme oltre 1000 gare in varie discipline sportive, comprese maratone e prove di triathlon, ed hanno attraversato gli Stati Uniti d’America in 45 giorni, percorrendo tra corsa e bicicletta quasi 4.000 miglia. Per capire la portata di imprese del genere non servono troppe parole: andate a vedere uno dei filmati disponibili in rete che mostrano padre e figlio in azione, le immagini parlano da sole. Papà Dick che trascina Rick adagiato in un canotto, che lo trasporta spingendolo su una bicicletta o su una sedia a rotelle sportiva nelle prove di corsa.
Era il 1981 quando i due presero parte per la prima volta alla maratona di Boston. Da allora, tranne un paio di assenze dovute a un infarto che colpì Dick nel 2002, loro in questa corsa ci sono sempre stati. Papà Dick adesso è in pensione (era ufficiale della Guardia Nazionale), mentre suo figlio Dick nel frattempo, dopo il Liceo, si è laureato alla Boston University e ha lavorato come tecnico al Boston College in un laboratorio dove si sviluppano sistemi per aiutare le persone disabili nella comunicazione.
Lunedì a Boston doveva essere un giorno di sport, un giorno di festa. Invece, è stata una giornata di terrore che per tutti, ma soprattutto per gli amanti dello sport, sarà impossibile dimenticare. Peccato, i fatti di cronaca alla fine hanno presso il sopravvento, ma ancora una volta tanti dei partecipanti di questa gara hanno dimostrato che proprio grazie allo sport si può spesso trovare lo slancio per andare oltre gli ostacoli. Come hanno fatto Dick e Rick, un padre e un figlio che ci insegnano che con una grande forza d’animo tutte le avversità possono essere combattute. O almeno, che nel solo provare a “combattere” si è già, in qualche modo, ottenuta una vittoria.