Lo spirito olimpico di Claire
Domenica, per celebrare il Giubileo di diamante, ovvero i 60 anni sul trono della Regina Elisabetta, un milione di persone (o forse più) si sono riversate lungo le rive del Tamigi per assistere dal vivo ad una spettacolare regata a cui hanno partecipato oltre mille imbarcazioni. La chiatta reale, in testa a questo particolarissimo corteo navale, è stata salutata dalla folla che intonava “God Save the Queen”, il vecchissimo inno nazionale del Regno Unito (è stato scritto nel 1745), tra suoni di campane a festa e lo sventolio di migliaia di bandiere con i colori dell’Union Jack. Londra ha vissuto così una giornata di grande festa, disturbata solo da una leggera pioggerella, in attesa di viverne tante altre a breve quando,nella capitale britannica, arriveranno turisti provenienti da ogni parte del mondo per assistere prima alle Olimpiadi (27 luglio – 12 agosto), e in seguito alleParalimpiadi (29 agosto – 9 settembre).
Qualche settimana fa, a dire il vero, Londra aveva già celebrato un’altra giornata di festa che aveva portato ad assieparsi lungo il “Mall”, l’ampio viale lungo oltre un chilometro che si trova davanti a Buckingham Palace, tantissimi cittadini di questa grande metropoli. Certo, quel giorno non c’era la stessa folla di domenica scorsa, ma c’era anche l’Household Cavalry, la cavalleria di Sua maestà, tanto per dire dell’importanza “simbolica” attribuita a quel particolare momento anche da parte dei regnanti britannici. Erano tutti lì per lei, Claire Lomas, una ragazza trentaduenne che negli ultimi tempi è diventata in Gran Bretagna una sorta di eroina per aver dimostrato una forza di volontà davvero fuori dal comune.
Cinque anni fa Claire cadde da cavallo. Una caduta come tante altre le erano capitate prima, solo che quella volta la ragazza britannica non si rialzò. Rottura della spina dorsale. Rimasta paralizzata dal petto in giù, la Lomas passò davvero un brutto periodo, arrivando a pensare che la sua vita fosse praticamente finita. Poi, grazie soprattutto all’aiuto del marito Dan, capì che non doveva mollare, che la sua esistenza non sarebbe terminata lì ma che, da quel momento, sarebbe stata solo diversa. Il suo spirito sportivo è progressivamente riemerso, fino a che quest’anno ha deciso di partecipare alla maratona di Londra. Partita insieme con altri 36mila concorrenti, nella prova generale di quella che sarà l’ultima gara delle prossime Olimpiadi londinesi, Claire ha portato a termine i 42 chilometri e 195 metri di questa leggendaria prova dell’atletica leggera che oggi appassiona milioni di sportivi in tutto il mondo dopo … 16 giorni!
C’è riuscita percorrendo poco più di due chilometri al giorno. C’è riuscita impiegando complessivamente quaranta ore in tutto. C’è riuscita, passo dopo passo, arrivando in piedi al traguardo grazie al sostegno fisico (e non solo) del marito, e grazie a un particolare congegno elettronico, una sorta di “imbracatura bionica” che permette a una persona paraplegica che la indossa, attraverso un sistema particolarmente elaborato di cavi ed elettrodi, di fare piccoli passi sostenendosi con delle stampelle. Claire da alcuni mesi sta usando questo prototipo, ribattezzato “ReWalk”, progettato e realizzato in Israele, un Paese dove la ricerca spinale è decisamente all’avanguardia. Il suo inventore, Amit Goffer, paralizzato dopo un incidente stradale avvenuto quindici anni fa, sostiene che questo esoscheletro elettronico potrà consentire in futuro a molte persone di tornare a compiere diversi movimenti, diminuendo al tempo stesso alcune delle “complicazioni” di cui soffre chi non può camminare (dalle piaghe da decubito a problemi di tipo urinario e circolatorio).
Grazie alla sua impresa la Lomas non è riuscita solo a dimostrare a se stessa che “niente è impossibile”, ma durante i sedici giorni della sua particolare maratona ha raccolto donazioni per quasi 100mila euro che ha interamente devoluto in beneficenza proprio per la ricerca sulle lesioni spinali. Nelle prossime settimane non vedremo gareggiare Claire né alle Olimpiadi né alle Paralimpiadi, ma la sua storia è una vera testimonianza di quello spirito olimpico che, anche se in forma diversa, speriamo ispirerà tanti momenti dei prossimi Giochi londinesi a cinque cerchi.