Lo spartito scritto in cielo
Il titolo del libro nasce dalla frase con cui Chiara Lubich esprimeva l’abbandono alla volontà di Dio: «Lo spartito è scritto in cielo. Noi dobbiamo solo suonarlo sulla terra». Così ricorda Giulia Folonari, la “Eli”, che è vissuta per oltre mezzo secolo accanto alla fondatrice del Movimento dei focolari: segretaria, amica, confidente, testimone privilegiata e infine anche “mamma”, come Chiara soleva chiamarla negli ultimi tempi della malattia.
Le confidenze di Eli, raccolte dai giornalisti Oreste Paliotti e Michele Zanzucchi per i tipi di Città Nuova, rappresentano i preziosi ricordi della vita di Chiara, totalmente dedicata all’Ideale che aveva scoperto da ragazza e cui era rimasta fedele fino all’ultimo giorno. Una esistenza trascorsa «tra gioie e dolori», «tra vette e abissi»: così si esprime Eli, che definisce i decenni trascorsi accanto alla fondatrice come «una lunga corsa per starle dietro; con lei si passava di sorpresa in sorpresa». E infine si sente di affermare: «Non saprei dire se nella sua vita ci sia stata più luce o più dolore».
Giulia Folonari, nata a Brescia da un’abbiente famiglia di industriali del vino, laureata in Economia e commercio alla Cattolica, ebbe il primo incontro con i focolarini a Tonadico di Cadore, dove era andata in vacanza proprio con il proposito di conoscerli. Risale al 1951 la sua decisione di trasferirsi a Roma, tra le perplessità dei genitori, per conoscere da vicino un gruppetto di ragazze trentine già affascinate dall’Ideale dell’unità. In quel focolare romano incontrò Chiara, parlò con lei e il suo giudizio è sinteticamente efficace: «Sapeva come costruirti». Segue un andirivieni tra la famiglia e il focolare, fin quando la fondatrice la chiama «in pianta stabile»: «Il motivo era che avevo la patente di guida, cosa rara per una ragazza dell’epoca».
Prima sulla vecchia Balilla, in seguito sulla Fiat Giardinetta, acquistata con i soldi offerti da Alcide De Gasperi, Eli porta Chiara in giro per Roma. E intanto ne ascolta le confidenze, i progetti, le decisioni. Dagli anni Sessanta la accompagnerà sempre in viaggi ben più impegnativi, Sud America, Asia, Australia, Nord America, Europa, dappertutto meno che in Cina, rimasto uno dei sogni incompiuti. «Gli incontri con esponenti di diverse religioni erano mondi che si aprivano», ricorda Eli.
Accanto alla Chiara universale, proiettata verso la ricerca del dialogo interreligioso con un cammino di fraternità in ogni parte del pianeta, Eli racconta la Chiara quotidiana, familiare: amava nutrirsi di alimenti semplici come la pastasciutta, le patate, i gelati, era dotata di un buon gusto naturale che la portava all’armonia dell’abbigliamento e della cura personale, alla semplicità degli arredi.
La segretaria-confidente rievoca gli anni dell’angoscia, quando il neonato movimento venne messo sotto esame dal Sant’Uffizio, con quegli «interrogatori segreti che erano motivo di sofferenza per Chiara, abituata com’era a condividere gioie e dolori con le persone a lei più vicine». La sospensione durò quasi dieci anni, vissuti nell’angoscia per un futuro incerto espressa dalla fondatrice con una dolorante invocazione: «Siamo stanchi, Signore, stanchi sotto la Croce».
Poi, quasi come un segno di riparazione, venne l’amicizia con Giovanni Paolo II. Scrive nella prefazione del libro il cardinale Stanislaw Dziwisz, che del papa era stato segretario: «Giovanni Paolo II vedeva in lei quel “genio femminile” di cui ha scritto nella lettera apostolica sulla dignità delle donne. Erano persone della stessa generazione, segnate dal dolore della guerra, affascinate dall’arte, unite da amicizia fraterna».
Il papa invitava Chiara a una messa privata o a pranzo, mandava gli auguri per l’onomastico, aveva instaurato con lei un rapporto confidenziale. E c’è l’episodio famoso che Eli racconta da testimone diretta. Era il settembre 1985, Giovanni Paolo II accompagnava Chiara ed Eli verso l’ascensore, quando Chiara gli chiese di slancio: «Santità, lei vedrebbe bene che a capo dell’Opera di Maria possa esserci sempre una donna?». «Si è fermato di colpo – ricorda Eli – e ha esclamato: “Magari!”. È stato un momento straordinario, unico».
Venne infine il tempo della prova, la “notte oscura” già descritta dal mistico Giovanni della Croce; una sofferenza dello spirito vissuta da Chiara con tormento ma senza perdere lucidità, tanto che la portò a vedere nel Movimento dei focolari «una risposta alla notte collettiva e culturale che la nostra epoca sta passando».
La presidente Maria “Emmaus” Voce ha affidato a Eli Folonari il Centro “Chiara Lubich” che raccoglie tutti gli scritti, i saggi, i video, i documenti che hanno accompagnato la nascita e la crescita dei Focolari. Con i ricordi affidati a questo libro e con il suo impegno attuale, Eli è veramente la memoria storica di una realtà ecclesiale oggi diffusa in 182 nazioni.
Giulia “Eli” Folonari, Lo spartito scritto in cielo. Cinquant’anni con Chiara Lubich: conversazioni con Oreste Paliotti e Michele Zanzucchi, prefazione del card. Stanislaw Dziwisz, Città Nuova Editrice, 2012.